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Annalisa Sassi (Confindustria Emilia-Romagna): «Colla è preoccupato? Le cose non vanno così male. Le aziende vanno sostenute»


di
Alessandra Testa

La leader degli industriali regionali e le parole del vice presidente dell’Emilia-Romagna sulla manifattura in crisi: «Il sistema delle imprese guarda al futuro e dimostrerà, anche questa volta, di saper reagire»

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Non nasconde le difficoltà, ma suggerisce di «cambiare narrazione sullo stato di salute dell’economia regionale per restituire la fiducia alle imprese che devono poter continuare a investire». Parmense, classe 1976, la numero uno di Confindustria Emilia-Romagna Annalisa Sassi, che è anche presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali nella squadra del leader nazionale Emanuele Orsini, preferisce incarnare il proverbiale ottimismo degli industriali.

Il vicepresidente della Regione, Vincenzo Colla, è preoccupato: la nostra manifattura è in sofferenza da 25 mesi consecutivi. Qual è il sentiment delle imprese?
«L’industria si rifiuta di vederla così tragica. Le previsioni di Unioncamere ci dicono che nel 2025 il Pil regionale dovrebbe crescere del +0,7%, confermando il trend 2024. Il valore aggiunto dell’industria è stimato al +0,8%, anche se l’incertezza internazionale frena gli investimenti, che dovrebbero crescere solo del +0,2%. Il sistema delle imprese guarda al futuro e dimostrerà, anche questa volta, di saper reagire».




















































Che cosa servirebbe all’Emilia-Romagna?
«La nostra economia si fonda su due pilastri: gli investimenti e l’export. Sicuramente, una narrazione più positiva aiuterebbe gli imprenditori. Dobbiamo già fare i conti con il difficile contesto geopolitico e con gli annunci di Trump sui dazi. Senza fiducia non si investe e i consumatori non spendono. Dobbiamo, invece, consolidare il mercato interno europeo e cercarne di nuovi; per esempio in Asia dove il potere d’acquisto è in impennata».

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Sui dazi pare vi sia un disgelo…
«Sì, ed è senz’altro positivo. Ma il danno creato dal racconto allarmistico a dazi neanche entrati in vigore è stato deleterio».

Che cosa chiedete alle istituzioni?
«Di sostenere chi fa impresa. Si parla tanto di startup, fondamentali per l’innovazione, ma vanno tutelate anche le aziende che già ci sono, abbattendo la burocrazia, attraverso quadri normativi certi e abbassando i costi energetici, che in Italia sono quasi il triplo che negli altri Paesi».

La premier Giorgia Meloni esulta per il record di occupati, ma l’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Paglia, fa notare che al calo degli addetti della manifattura corrisponde un aumento di quelli nel terziario non avanzato dove le retribuzioni sono più basse. Chi ha ragione?
«Nell’industria non abbiamo un problema di lavoro povero. Anzi, l’opposto: fatichiamo a trattenere i talenti e a trovare le professionalità che servono: ingegneri elettrici, elettromeccanici, manutentori, le figure legate all’information technology. Quanto al turismo, la sua crescita è una buona notizia. Concordo, però, sul fatto che un settore così in espansione vada gestito in maniera più strutturata ed evoluta».

Le crisi industriali ci sono anche qui. L’ultima è alla Tecnoform di Crespellano. Nell’automotive, a parte Ferrari, Ducati e Lamborghini che continuano a correre, la produzione in Maserati è al minimo storico mentre la Menarini resta al palo.
«Quello che è accaduto all’automotive è devastante. L’approccio utilizzato da molte istituzioni europee nei confronti dell’industria è stato quasi ostativo. L’automotive era una delle filiere più importanti dell’Europa e ora è messa in difficoltà per effetto di un cambio normativo radicale. Il passaggio all’elettrico doveva essere più graduale. Il caso Menarini? Siamo di fronte al paradosso anch’esso frutto di politiche ostative: compriamo autobus altrove invece di acquistarli in casa. Sulla Maserati, marchio storico che può ancora competere, sono d’accordo con Colla: se fosse messa sul mercato, la comprerebbero subito. Forse è questa la giusta soluzione per Stellantis».

Colla fa anche notare che i fondi del Pnrr stanno finendo e non sono stati usati per politiche industriali di filiera. Che cosa ne pensa?
«Gli investimenti Pnrr sono stati destinati soprattutto al pubblico. Peccato, perché quando si destinano fondi al sistema delle imprese, esse sono molto virtuose e investono nei tempi giusti, creando valore con effetto moltiplicatore sul territorio».

L’8 e 9 giugno si voterà per i referendum su lavoro e cittadinanza. Un commento?
«Nessuno. Dico solo che creare lavoro di qualità è la cosa più bella che gli imprenditori vogliono e possono fare».


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