L’Italia ha un problema rifiuti che riguarda principalmente le infrastrutture. Quelle che mancano al Centro-Sud, infatti, sono al centro di un sistema che spinge sempre più l’export tra le Regioni. Secondo Utilitalia, il deficit è considerevole e richiede un intervento concreto e massiccio. Di fatto l’Italia ha bisogno di 4,5 miliardi di investimenti, così da colmare il vuoto impiantistico. L’obiettivo è raggiungere il target fissato dall’Ue per il 2035, con il 65% di riciclaggio effettivo sul totale dei rifiuti urbani raccolti.
Rifiuti, mancano gli impianti al Centro-Sud
Allo stato attuale, l’Italia vanta una percentuale di riciclaggio effettivo pari al 51%, circa. L’Ue richiede, inoltre, anche uno smaltimento in discarica per una quota non superiore al 10% (siamo intorno al 16%).
Il fabbisogno impiantistico è stato passato in rassegna, gettando luce sulla condizione del Centro-Sud, che arranca. Stando alle previsioni, dovrebbero essere utilizzati i fondi del Pnrr. Ricordiamo infatti che dovrebbero essere stanziati 2,1 miliardi di euro per i seguenti obiettivi:
- miglioramento della gestione dei rifiuti;
- miglioramento della gestione dell’economia circolare;
- rafforzamento delle infrastrutture per la raccolta differenziata;
- ammodernamento di nuovi impianti;
- sviluppo di nuovi impianti;
- realizzazione di progetti innovativi.
Il progetto economico
È sceso nel dettaglio il presidente di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, che si è così espresso a Il Sole 24 Ore: “Negli ultimi anni, anche grazie al Pnrr, abbiamo registrato l’apertura di nuovi impianti di digestione anaerobica e molti progetti sono in corso di finalizzazione”.
Guardando al prossimo triennio, infatti, dovrebbero entrare in funzione o essere potenziali altri 22 impianti di trattamento della frazione organica. Un supporto vitale al sistema, per quanto non possa da solo colmare la voragine evidente.
Le Regioni centro-meridionali necessitano di interventi strutturali e radicati, per una capacità di circa 900mila tonnellate. Se si guarda invece al recupero energetico e al deficit nazionale, si raggiunge quota 2,5 milioni di tonnellate.
Il peso dell’export sulla Tari
Se da una parte è chiaro il problema della carenza degli impianti, dall’altro pesa anche la cattiva dislocazione. Tutto ciò continua ad alimentare l’export dei rifiuti. Qualcosa che ha un evidente impatto immediato sull’ambiente e la qualità della vita di alcune aree, dato il massiccio trasporto su gomma. Al tempo stesso, però, c’è anche un peso economico di cui parlare.
Il flusso è chiaro, parte dal Centro-Sud e prosegue verso Nord, con circa 1,79 milioni di tonnellate importanti. Qualcosa che da un lato pesa sul meridione e aggrava ambientalmente il settentrione ma, per assurdo, permette a una porzione d’Italia (quella alta) di sfiorare i target di conferimento in discarica previsti dall’Ue (14,6%).
Restando ancorati ai freddi numeri, sono stati necessari 140mila viaggi su gomma, pari a 76 milioni di km percorsi, per sostenere l’export di rifiuti. Tutto ciò ha ovviamente un peso enorme sulla Tari: +75 milioni di euro.
Una cifra che ricade per il 10% sul Nord e per il 90% sul Centro-Sud. La realizzazione di nuovi impianti, a partire dai tanto odiati termovalorizzatori, è di cruciale importanza. Dal Fabbro ricorda in merito come questi impianti siano cardine per “trattare il rifiuto residuo e gli scarti della selezione per il riciclaggio, recuperando energia”. Qualcosa che non inficia a raccolta differenziata ma, anzi, integra in un sistema più ampio ed efficiente.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link