Banda larga troppo lenta, il governo verso la revisione degli obiettivi Pnrr


Il piano Italia a 1 Giga vale 3,5 miliardi. Ma i cantieri sono in ritardo e l’obiettivo giugno 2026 è ormai fuori dalla portata. A maggio il sottosegretario Butti rassicurava che una «soluzione positiva» sarebbe stata trovata. Invece l’accordo tra Fibercop e Open Fiber non c’è stato. Ora a rischio ci sono tra i 250 e i 700mila civici da cablare

Il dossier banda ultra larga, quello del Piano Italia a 1 Giga, è diventato una patata bollente per il dipartimento della Trasformazione digitale guidato dal sottosegretario Alessio Butti. E stando a quanto risulta a Domani non ci sarà altra via di uscita se non quella di una revisione al ribasso dei target in termini di unità immobiliari a cui portare la fibra per evitare la scure di Bruxelles sui fondi Pnrr – la partita vale quasi 3,5 miliardi di euro.

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Ma come sta accadendo per numerosi altri progetti legati ai finanziamenti europei, in particolare quelli sulle opere infrastrutturali non in linea con la timeline Pnrr, anche sull’infrastruttura digitale chiave per il Paese, quella della banda ultralarga, si chiederà – probabilmente già entro il mese di settembre – di rivedere i piani.

La forchetta su cui si ragiona balla fra i 250mila e i 700mila civici da cablare, che saranno dunque “cancellati” dal Piano Italia a 1 Giga e sono sostanzialmente tutti in capo a Open Fiber. FiberCop ha più volte dichiarato di non avere problemi a chiudere i cantieri, ma le difficoltà legate a permessi e burocrazia restano un’incognita sul cammino.

Le promesse mancate: i civici in fibra sono solo il 61%

I cantieri per la realizzazione delle reti in fibra – in capo a Open Fiber e Fibercop (le due società aggiudicatarie dei bandi per 14 lotti regionali) stanno marciando in ritardo ed è ormai chiaro che non sarà possibile portarli tutti a termine entro giugno 2026, quando il Pnrr andrà a scadenza. Dai dati pubblicati sul sito Connetti Italia i civici connessi risultano poco oltre 2,1 milioni, pari al 61% del target Pnrr.

«Ci sono interlocuzioni con la Ue per arrivare a una soluzione positiva», si limitano a far sapere fonti del Dipartimento a Domani. Ma bocche cucite per il resto.

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«Il governo è pienamente coinvolto nella definizione della strategia, e il mio dipartimento ha già attivato i tavoli tecnici per individuare le soluzioni più efficaci. Il nostro obiettivo è chiaro: fare tutto il necessario per salvaguardare il Piano Italia a 1 Giga, raggiungere i target previsti e non mettere a rischio il finanziamento europeo da 3,5 miliardi di euro», dichiarava a maggio scorso il sottosegretario Butti il quale a giugno rimarcava: «Il governo ha le idee abbastanza chiare».

Ma le idee e tantomeno i tavoli con i soggetti in causa non hanno portato a un bel niente: la proposta di FiberCop di rilevare alcuni dei lotti in capo a Open Fiber per garantire la finalizzazione dei lavori è stata rimandata al mittente dagli azionisti di Open Fiber, ossia Cassa depositi e prestiti (in maggioranza con il 60%) e il fondo australiano Macquarie (in quota con il 40%). Open Fiber da parte sua aveva rilanciato proponendo di utilizzare la tecnologia misto fibra-wireless (Fwa) per portare la connettività a 1 Giga nelle aree in cui si evidenziano i maggiori ritardi per poi migrare alla fibra i civici in Fwa entro giugno 2027, prendendosi dunque un ulteriore anno di tempo. Un escamotage a cui la Commissione europea non ha creduto, tant’è che sulla proposta è caduto il silenzio tombale. Per non parlare delle “minacce” di revoca della concessione a Open Fiber, un fuoco di paglia considerati i contenziosi legali che si sarebbero inevitabilmente scatenati.

In stallo il tavolo con gli operatori

Da fine giugno Open Fiber e FiberCop non sono più state riconvocate dal Dipartimento. Ma dovranno essere quantomeno audite prima di comunicare a Bruxelles obiettivi ancora irrealistici e, soprattutto, per evitare che di qui ai prossimi mesi si creino ulteriori difficoltà, anche tenendo conto della capacità di execution delle imprese di rete, ossia delle aziende che realizzano i lavori e che dovranno quindi a loro volta garantire il rispetto dei tempi. L’associazione di Confindustria Anie Sit ha lanciato l’allarme già da tempo.

In Italia 4 milioni di abitazioni sotto i target Ue 2030

Intanto a inizio agosto Infratel, la società del Mimit che svolge il ruolo di soggetto attuatore della Strategia nazionale per la banda ultralarga, ha presentato gli esiti della mappatura delle reti fisse: sono oltre 3,8 milioni i civici (su un totale di oltre 28,7 milioni oggetto dell’indagine) che risultano non coperti da tecnologie in grado di permettere una velocità di picco maggiore a 300Mbit/s entro il 2028 – quindi ben al di sotto del target di almeno 1 Giga che la Commissione europea ha fissato nell’ambito del Digital Decade 2030. Nella classifica delle regioni sono Campania, Calabria e Sicilia quelle messe peggio.

Il dossier Poste-Tim

Restando alle telecomunicazioni l’Antitrust ha dato il via libera definitivo all’operazione Poste-Tim dopo il parere favorevole dell’Agcom. Ora si apre il dossier più importante, quello della governance: quante “poltrone” chiederà Poste nel consiglio di amministrazione con il suo 24,81% di quota che ne fa l’azionista di maggioranza? E soprattutto quali? Almeno la presidenza della telco appare scontata e non sono da escludersi altre posizioni di rilevo. Ci vorranno però ancora settimane, forse mesi, per sciogliere le riserve.

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