La sostenibilità oggi non è più solo un elemento accessorio ma un fattore cruciale nella gestione delle catene di fornitura globali.
Le aziende sono sempre più chiamate a rendere conto anche dell’impatto sociale e ambientale dei loro fornitori. In questo contesto, il pacchetto Omnibus della Commissione Europea prevede modifiche sostanziali a due normative fondamentali, la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive), con l’obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi, in particolare per le PMI.
Tali modifiche, tuttavia, potrebbero limitare in modo significativo la portata degli obblighi di trasparenza e di due diligence, con implicazioni che devono essere analizzate con cautela.
Impatti del pacchetto omnibus sulle filiere internazionali
Le catene di approvvigionamento globali continuano a presentare punti ciechi in cui persistono le maggiori criticità, violazioni dei diritti umani, gravi impatti ambientali, come dimostrano i recenti casi nel settore della moda, che hanno coinvolto marchi come Loro Piana, Dior e Valentino.
Nel frattempo, le discussioni tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio continuano a ritardare l’approvazione definitiva delle normative. Sebbene si attenda una posizione comune sulle modifiche entro la fine di luglio, tutto lascia pensare che non si arriverà a un testo definitivo prima del 2026.
I quattro pilastri delle modifiche normative
Il pacchetto in discussione, che interviene sulla Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD) e sulla direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità (CSDDD), ruota attorno a quattro pilastri fondamentali:
- A quali dimensioni aziendali si applicheranno le regole;
- Se il processo di due diligence dovrà essere dinamico o statico;
- Quali soggetti e fonti dovranno essere coinvolti nel processo di valutazione;
- Se l’analisi d’impatto dovrà riguardare solo le attività operative o anche l’intera catena di fornitura, comprese le relazioni commerciali.
Doppia materialità e gestione responsabile dei rischi
Uno dei pilastri del quadro normativo europeo sulla sostenibilità è il principio della doppia materialità. Questo significa che un’impresa deve valutare due dimensioni: da un lato, come i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) possono influenzare i suoi risultati economici; dall’altro, quale impatto le sue attività generano sull’ambiente, sulle persone e sulla società nel suo complesso.
Per effettuare questa valutazione in modo corretto, è necessario analizzare in profondità sia il contesto in cui opera l’azienda sia l’intera catena di fornitura. Senza questo tipo di approccio, le decisioni aziendali rischiano di basarsi su dati parziali o inaccurati, con conseguenze potenzialmente gravi: violazioni dei diritti umani, danni ambientali, perdita di controllo e trasparenza lungo la catena del valore. La doppia materialità, quindi, non è solo un obbligo normativo, ma uno strumento essenziale per gestire i rischi in modo responsabile e prendere decisioni più consapevoli.
Trasparenza come strategia competitiva
Dalla nostra esperienza emerge che, nei contesti in cui le normative sono incerte o in evoluzione, le organizzazioni più lungimiranti sono quelle che non aspettano l’obbligo di legge, ma scelgono di agire in anticipo. In particolare, integrano i criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) nelle loro attività quotidiane e gestiscono attivamente i rischi lungo tutta la catena di approvvigionamento. Queste aziende hanno capito che la trasparenza non può dipendere dai tempi della legislazione: deve essere parte integrante della strategia aziendale. Oggi, la sostenibilità non è solo un adempimento normativo, ma un elemento chiave per restare competitivi e attrarre capitali da investitori attenti alla responsabilità sociale. Le aspettative di clienti e investitori non si sono affievolite: richiedono ancora chiarezza, coerenza tra impegni e azioni, e un comportamento responsabile. Solo così si costruisce fiducia nel lungo termine.
Tendenze internazionali sulla rendicontazione di sostenibilità
Questo impegno aziendale si riflette anche al di fuori dell’ambito europeo. Un recente studio pubblicato da Reuters, “The State of Sustainability Reporting by US Business”, mostra che il 96% delle aziende statunitensi mantiene i propri obiettivi di sostenibilità e che 9 investitori su 10 continuano a considerare prioritari i criteri ESG.
Nonostante le differenze normative tra Stati Uniti ed Europa, la tendenza punta verso una maggiore esigenza di trasparenza aziendale su scala globale.
Rischi di riduzione della trasparenza obbligatoria
Se le modifiche al pacchetto Omnibus dovessero portare a una significativa riduzione del numero di aziende obbligate a rendicontare — si parla di una possibile esclusione fino all’80% delle imprese inizialmente coinvolte — e a un indebolimento complessivo dei requisiti di trasparenza, le conseguenze potrebbero essere molto gravi.
In particolare, verrebbe meno uno degli strumenti più efficaci per garantire il monitoraggio e la gestione dei rischi ambientali e sociali lungo le catene del valore. Senza obblighi chiari di rendicontazione, molte aziende potrebbero non investire in sistemi adeguati di due diligence, perdendo così visibilità su potenziali criticità come lo sfruttamento del lavoro, le emissioni non tracciate, la deforestazione o l’uso irresponsabile delle risorse naturali.
Effetti competitivi e reputazionali dell’allentamento normativo
Inoltre, verrebbe indebolita la pressione competitiva che oggi spinge molte imprese ad adottare pratiche sostenibili per non perdere la fiducia di investitori, consumatori e partner commerciali.
In un contesto globale già fragile, un allentamento normativo rischia di rallentare il progresso verso una maggiore responsabilità d’impresa, con impatti negativi sia sul piano etico che su quello economico.
Proattività aziendale come vantaggio e resilienza futura
Anche in un contesto in cui le normative dovessero subire un rallentamento, una revisione o un temporaneo arretramento — ad esempio a causa di pressioni politiche o economiche — le aziende che hanno già implementato pratiche solide di due diligence e reporting non solo manterranno un vantaggio competitivo, ma saranno anche percepite come più affidabili e responsabili. Questo perché le aspettative del mercato, soprattutto da parte di investitori istituzionali, consumatori consapevoli e partner internazionali, tendono a evolvere più rapidamente delle normative. Inoltre, essere già strutturati consente di anticipare i rischi reputazionali, operativi e legali, e di rispondere con maggiore prontezza a eventuali futuri obblighi regolatori, riducendo tempi e costi di adeguamento. In altre parole, la proattività oggi diventa una forma di resilienza per domani.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link