Readiness 2030: ecco la Difesa “sostenibile” dell’Ue


L’Unione Europea ha intrapreso un percorso di trasformazione strutturale del settore della Difesa, integrando tecnologie avanzate e sostenibilità ambientale nella strategia Readiness 2030.

Verso una difesa europea autonoma e resiliente

Questo piano, delineato nel White Paper for European Defence, punta a rafforzare l’autonomia strategica e la resilienza operativa del Vecchio Continente, rispondendo alle crescenti sfide geopolitiche. L’obiettivo è costruire entro il 2030 una postura difensiva integrata, capace di colmare le lacune capacitative e ridurre la dipendenza da partner esterni, mantenendo un impegno verso i criteri ESG (Environmental, Social & Governance).

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Il White Paper rappresenta un’evoluzione della Bussola Strategica del 2022, riconoscendo la necessità di un cambio di paradigma in un contesto globale instabile: il documento sottolinea l’urgenza di potenziare le capacità militari e industriali, promuovendo interoperabilità tra Stati membri e un’integrazione dell’industria della difesa, storicamente frammentata. La strategia combina innovazione tecnologica, flessibilità finanziaria e semplificazione normativa per garantire sicurezza senza compromettere gli impegni ambientali.

Strumenti finanziari e governance per una difesa sostenibile

Per realizzare questa visione, l’UE ha delineato un piano finanziario ambizioso, stimando una mobilitazione fino a 800 miliardi di euro entro il 2030. Il fulcro è rappresentato da due strumenti principali: la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di Stabilità e Crescita, che consente di escludere dal calcolo del deficit spese per la difesa fino all’1,5% del PIL annuo per quattro anni, generando potenzialmente 650 miliardi di euro, e il programma Security Action for Europe (SAFE), che prevede prestiti per 150 miliardi di euro raccolti sui mercati dei capitali. SAFE incentiva acquisti congiunti di armamenti, privilegiando fornitori europei o dei paesi candidati, con almeno il 65% dei componenti prodotti nell’area UE/EEA.

Tecnologie come l’intelligenza artificiale per missioni coordinate, sistemi anti-drone basati su laser e comunicazioni criptate quantisticamente sono tra le priorità. Questi progetti si integrano con programmi spaziali come Galileo, Copernicus e GOVSATCOM, che supportano sicurezza e monitoraggio ambientale, rafforzando la sovranità tecnologica europea.

Semplificazione normativa e investimenti privati nella difesa UE

Il Defence Readiness Omnibus, proposto a giugno 2025, mira a semplificare le normative, introducendo autorizzazioni rapide (ridotte a 60 giorni), un unico punto di contatto per le imprese e incentivi per gli acquisti congiunti, eliminando ostacoli burocratici.

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La Commissione ha aperto una consultazione pubblica svolta tra marzo e maggio 2025 per coinvolgere Stati membri, industrie e società civile nella definizione di un quadro normativo condiviso.

La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) finanzierà progetti di sicurezza e difesa, mentre la strategia dell’Unione del Risparmio e degli Investimenti mobiliterà capitali privati per ridurre la dipendenza dai fondi pubblici.

Tecnologie dual-use e sostenibilità ambientale nella difesa

L’innovazione tecnologica è al cuore della strategia Readiness 2030. Un principio guida è lo sviluppo di tecnologie dual-use, ossia applicabili sia in ambito militare che civile, in modo da moltiplicare i benefici industriali e nel contempo promuovere la sostenibilità ambientale. Tra i programmi chiave figura Clean Aviation, la partnership pubblico-privata UE per l’aviazione pulita: dotata di un budget complessivo di 4,1 miliardi di euro (2021-27) – di cui 1,7 miliardi finanziati dalla Commissione e 2,4 miliardi da industrie e consorzi del settore – essa mira a sviluppare entro il 2035 le tecnologie per aeromobili a basse emissioni (e a zero emissioni oltre il 2040). Ciò include motori ibridi-elettrici, architetture per idrogeno, materiali leggeri e possibilmente riciclabili, e l’uso di carburanti sostenibili di nuova generazione.

Pur trattandosi di R&I orientata al settore civile (es. aerei di linea regionali e velivoli a corto-medio raggio eco-efficienti), le soluzioni di Clean Aviation avranno ricadute duali: ad esempio, motori ibridi e carburanti bio/idrogeno potranno equipaggiare in futuro anche velivoli da trasporto militare o droni di sorveglianza, riducendone l’impronta logistico-ambientale. La Commissione stessa incoraggia tali sinergie: l’alleanza “Zero Emission Aviation” lanciata nel 2022 coinvolge costruttori, compagnie e anche autorità militari per preparare l’avvento di aerei elettrici e a idrogeno, riconoscendo il potenziale di difesa di queste tecnologie emergenti.

Fondi europei per una difesa più efficiente e a basso impatto

Un altro pilastro è l’European Defence Fund (EDF), dotato di circa 8 miliardi di euro (2021-2027). L’EDF co-finanzia progetti di ricerca e sviluppo collaborativi fra industrie europee nel campo della difesa, in settori che vanno dai sistemi autonomi (droni/UAV) alla guerra elettronica, dalla cybersecurity alle comunicazioni sicure, dallo spazio (sorveglianza satellitare) ai nuovi materiali e propulsioni. Una caratteristica importante è che l’EDF integra trasversalmente obiettivi di efficienza e sostenibilità: ad esempio, finanziando progetti su batterie di nuova generazione e sistemi di gestione energetica per piattaforme terrestri e navali, si punta a ridurre la dipendenza dai carburanti fossili per mezzi e basi militari. È il caso del progetto I-Nergy (INDY) selezionato dall’EDF, che intende sviluppare campi militari da impiego rapido alimentati da fonti rinnovabili e stoccaggio energetico, quindi più autonomi logisticamente e con minori emissioni. Altri progetti guardano all’economia circolare: ad esempio l’Agenzia UE per la Difesa (EDA) ha avviato iniziative per il riciclo e riuso di materiali (come il tessile avanzato per giubbotti antiproiettile) al fine di ridurre i rifiuti e i costi lungo il ciclo di vita degli equipaggiamenti. Risulta chiaro pertanto che l’innovazione nel settore difesa oggi non riguarda solo potenza e performance, ma anche risparmio energetico, riduzione emissioni e gestione sostenibile del ciclo di vita – aspetti un tempo trascurati, ora riconosciuti come strategici anche per la resilienza operativa (basti pensare ai vantaggi tattici di consumi ridotti: meno convogli di carburante significano minore vulnerabilità).

Criteri ESG e trasparenza nella difesa europea

L’integrazione dei criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) nel settore della difesa rappresenta una priorità trasversale di Readiness 2030, riflettendo la volontà dell’UE di coniugare sicurezza e responsabilità.

Sul piano ambientale, le industrie Aerospazio & Difesa europee stanno ottimizzando i processi produttivi per ridurre il consumo energetico e l’impatto ambientale. Ad esempio, si lavora al riciclo di componenti elettronici critici (per ridurre sprechi di terre rare e materiali preziosi), all’uso di materiali biodegradabili o riciclati per parti non strutturali degli equipaggiamenti, e a processi produttivi a minore impatto (vernici e solventi eco-compatibili, sistemi di verniciatura a zero emissioni, ecc.). L’EDA, come accennato, ha lanciato nel 2023 un progetto dedicato alla circular economy nel settore difesa, concentrato inizialmente sul riciclo dei materiali compositi dei giubbotti e caschi balistici – primo passo per estendere il concetto ad altri equipaggiamenti militari a fine vita. In parallelo, alcuni Paesi NATO stanno sperimentando carburanti alternativi per ridurre le emissioni operative: ad esempio, l’Aeronautica Militare britannica e quella svedese hanno già condotto voli di prova con SAF (Sustainable Aviation Fuel) ricavato da rifiuti e biomasse.

La Francia nel 2022 ha emanato una Strategia Difesa & Clima che fissa l’obiettivo di abbattere la dipendenza dal petrolio delle forze armate integrando nuove tecnologie energetiche e carburanti innovativi (come l’idrogeno) e ottimizzando i consumi. Questo perché l’adozione di soluzioni “verdi” può portare vantaggi operativi: Veicoli a basso consumo e basi militari alimentate da fonti rinnovabili aumentano la resilienza operativa in scenari di crisi, riducendo la vulnerabilità logistica. L’attenzione all’ambiente nella difesa non è dunque solo etica, ma anche strategica.

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Dal punto di vista sociale, le imprese del settore difesa in Europa stanno investendo in modo crescente sul capitale umano e sulle comunità. La richiesta di personale altamente qualificato (ingegneri, tecnici specializzati in cyber, AI, materiali, ecc.) ha spinto aziende come Leonardo in Italia, Airbus in Germania/Francia e Saab in Svezia a lanciare programmi formativi dedicati: accademie interne, borse di studio per STEM, partenariati con università e istituti tecnici superiori.

I risultati iniziano a vedersi: nel 2024, il 24% delle nuove assunzioni di Leonardo in Italia erano donne e l’azienda mira ad accrescere questa quota al 30%: c’è dunque un impegno concreto verso l’equità di genere in un settore tradizionalmente a predominanza maschile.

Sul fronte delle PMI e dei territori, i programmi europei EDF e PESCO richiedono spesso il coinvolgimento di piccole e medie imprese e di partner provenienti da diversi Paesi UE, inclusi quelli meno industrializzati, per la realizzazione dei progetti. Ciò sta favorendo la crescita di distretti tecnologici locali: per esempio, in Italia aziende medio-piccole dell’indotto difesa (dai fornitori di componenti elettronici campani alle PMI aeronautiche pugliesi) beneficiano di sub-contratti nei grandi programmi europei, portando occupazione qualificata in aree fuori dai tradizionali poli militari. In sintesi, la difesa europea di nuova generazione vuole essere anche inclusiva: creare lavoro di qualità, formare giovani talenti (uomini e donne) e contribuire allo sviluppo economico delle regioni coinvolte nei progetti.

Sul versante della governance, l’UE sta promuovendo standard elevati di trasparenza, etica e accountability nelle filiere della difesa. La sensibilità su questi temi è aumentata anche alla luce di scandali passati (ad es. casi di corruzione o di export illecito). Oggi, strumenti come la clausola SAFE e il codice sugli appalti difesa impongono tracciabilità e controllo dei fornitori: un’azienda che voglia partecipare a un consorzio EDF o ricevere fondi SAFE deve dichiarare la proprietà effettiva (per evitare che soggetti di Paesi ostili controllino fornitori chiave) e garantire la localizzazione in Europa di management, infrastrutture produttive e ricerca.

Inoltre, nel 2024 l’Ue ha varato il Regolamento sulle Importazioni da Lavoro Forzato e sta negoziando la direttiva sulla due diligence aziendale: normative orizzontali che ovviamente si applicheranno anche al settore difesa, obbligando le imprese a monitorare la loro supply chain per assicurare rispetto dei diritti umani e norme etiche.

Nel pacchetto Defence Omnibus, la Commissione ha inserito linee guida proprio per conciliare i requisiti di finanza sostenibile con il settore militare, spiegando come la trasparenza ESG possa e debba includere le imprese della difesa senza stigmatizzarle. Il ruolo delle autorità di vigilanza (come ESMA) sarà di prevenire pratiche di greenwashing ma anche di assicurare una proporzionalità nell’applicazione delle regole ESG alle imprese difesa, riconoscendone le specificità e il contributo alla “sostenibilità sociale” (sicurezza dei cittadini).

Infine, una buona governance implica anche tolleranza zero per la corruzione: su questo fronte gli Stati UE stanno recependo norme più stringenti e meccanismi di audit indipendenti. Programmi come NATO Building Integrity aiutano i Ministeri della Difesa europei a implementare controlli interni anticorruzione e trasparenza nei contratti. La Commissione, con il Defence Omnibus, promuove un mercato unico della difesa più competitivo e regolato, favorendo la standardizzazione normativa e riducendo gli ostacoli agli appalti congiunti. In sostanza, la difesa sostenibile europea vuol dire anche buon governo: filiere più controllate, investimenti monitorati (anche nell’impatto ESG) e allineamento con gli standard etici dell’UE.

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Opportunità e ostacoli per la difesa sostenibile europea

In conclusione, Readiness 2030 rappresenta un punto di svolta per la difesa europea, integrando innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e autonomia strategica in un unico quadro d’azione. Per l’Italia, il piano offre opportunità significative: dalla partecipazione di Leonardo ai programmi europei di punta (che portano risorse e know-how nel paese), all’accesso ai fondi comuni che possono accelerare l’ammodernamento delle nostre Forze Armate senza gravare eccessivamente sul bilancio.

L’implementazione con successo di Readiness 2030 dipenderà però dalla capacità di superare le frammentazioni nazionali, armonizzare le normative e soprattutto dalla volontà politica degli Stati membri di collaborare veramente, investendo in sicurezza collettiva con la stessa determinazione con cui si investe nella transizione verde. La direzione è tracciata: un’Europa più unita, forte e resiliente, capace di difendere i propri cittadini in modo efficiente e sostenibile. Ora serve perseveranza e unità di intenti per far sì che, da qui al 2030, questa visione diventi realtà compiuta, a beneficio della pace e della sicurezza di tutte le generazioni future.



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