Il Pil sale, bene ma non basta: i motori della crescita sono fiducia, consumi e investimenti


di
Daniele Manca

L’incertezza geopolitica e il calo del potere d’acquisto riducono gli effetti del Pnrr. Bisogna individuare solidi motori di sviluppo

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Il governo fa bene a infondere ottimismo sui dati del Pil italiano, migliori nel primo trimestre di quest’anno di uno 0,3% rispetto all’ultimo del 2024. Purché all’ottimismo si accompagni una seria analisi su come il nostro Paese sta reagendo all’incertezza geopolitica che, come abbiamo visto, sta avendo ripercussioni persino sulla prima potenza economica mondiale, gli Stati Uniti. 
Non dobbiamo dimenticare che in questi anni abbiamo avuto un motore sottostante che spingeva l’Italia e che si chiama Pnrr. Anzi, finendo nel 2026, a meno di proroghe, dovrebbe addirittura accelerare. Nonostante questo, alcuni dati ci indicano che invece non gira a pieno ritmo. L’indice di fiducia di imprese e famiglie è ai minimi da marzo 2021, quello dei consumatori ai minimi dall’ottobre del 2023. E quando c’è poca fiducia, ci sono pochi investimenti e pochi consumi. A questo va aggiunta una produzione industriale che scende ormai da 25 mesi. I ricavi, sempre dell’industria, dopo la mini crescita di gennaio, sono tornati a scendere a febbraio. Anche il dato sull’occupazione che vede livelli di impiego mai raggiunti prima con 24 milioni di persone al lavoro, deve destare qualche preoccupazione. Nonostante, e va detto, si tratti di un risultato record, se si guarda il tasso di occupazione siamo sotto quello tedesco di oltre il 15% e quasi del 7% rispetto alla Francia. 

Indicare le priorità per lo sviluppo

Il Paese, tra l’altro, invecchia. E abbiamo circa 1,34 milioni di persone tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non si formano. Possiamo pensare anche si tratti di sommerso, resterebbe comunque un sommerso non certo di alta qualità. Conforta quindi il dato sul Pil. Ma la stabilità politica che caratterizza il Paese in questi anni dovrebbe spingere governo e Parlamento a individuare solidi driver di sviluppo, che si tratti di turismo, manifattura, tecnologia o energia. La tenuta dei conti pubblici, che va a merito della maggioranza, deve servire a dare priorità e indicarle alle forze produttive. C’è una produzione da recuperare, salari da rafforzare. L’export, che era stata la nostra ancora di salvataggio, potrebbe soffrire. In un mondo in piena evoluzione c’è molto meno spazio per errori o sottovalutazioni.




















































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