Sarno. «Processate Graziano e i suoi sodali»


Nocera Inferiore/Sarno/Vesuviani. Chiesto il rinvio a giudizio per 33 indagati coinvolti nel blitz dello scorso 5 marzo su usura, riciclaggio e fittizi rapporti di lavoro per favorire l’immigrazione clandestina. Su istanza della Procura Antimafia di Salerno (pubblico ministero Luigi Cannavale), gli imputati (che potranno scegliere riti alternativi all’ordinario) compariranno in aula il prossimo 24 settembre davanti al gup Annamaria Ferraiolo del tribunale di Salerno. Il capo del sodalizio con base operativa nel comune di Sarno era stato identificato in Massimo Graziano, stabilitosi da tempo nell’agro nocerino-sarnese, sebbene già appartenente, come da sentenza passata in giudicato nel 2015, all’omonimo clan camorristico, storicamente operante nella Valle del Lauro, nell’avellinese. Suo braccio destro è stato considerato dagli inquirenti della Guardia di Finanza il sarnese Antonio Mancuso. Secondo l’accusa originaria l’organizzazione si avvaleva anche della collaborazione di due direttori di banca e della moglie di Massimo Graziano, che è avvocato. Il gruppo si sarebbe dedicato in numerosi delitti di usura ed estorsione ai danni di imprenditori e soggetti economici in stato di difficoltà. Parallelamente, attraverso società fittiziamente intestate a terzi, sarebbe riuscito ad ottenere finanziamenti agevolati dalla garanzia dello Stato, così procurandosi profitti che venivano utilizzati sia come provvista per l’elargizione di ulteriori prestiti usurari sia per l’acquisto di beni o altre utilità. Il meccanismo fraudolento avrebbe coinvolto a monte alcune società di capitali di cui gli indagati acquisivano, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo, simulando successivamente la solidità patrimoniale e finanziaria, presupposto per ottenere indebitamente prestiti da parte di aziende di credito, coperti dal Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese. Ottenuta in tal modo l’erogazione della liquidità, le rate del prestito ricevuto non sarebbero state onorate, cagionando un danno economico allo Stato garante e traendone un profitto personale attraverso la distrazione delle somme ricevute. Quindi la contestazione per il favoreggiamento dell’ingresso illegale di cittadini extracomunitari nel territorio dello stato mediante l’inoltro di istanze finalizzate alla costituzione di fittizi rapporti di lavoro dipendente, attivati da società compiacenti. In particolare, sono state oggetto di approfondimenti investigativi 506 istanze, inoltrate, nel corso dei cosiddetti click day, con il preordinato fine di non procedere ad alcuna assunzione ma di ottenere illecitamente il visto d’ingresso, dietro corresponsione di un compenso pari a 5mila euro per ogni nulla osta rilasciato. Ora la richiesta di rinvio a giudizio per 33 coinvolti nel blitz di marzo che arriva tre mesi dopo la conclusione delle indagini con gli indagati che dovranno presentarsi in aula subito dopo l’estate e difendersi dalle accuse mosse dalla Procura Antimafia di Salerno.

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