La missione impossibile di Sefcovic a Washington per trattare con Trump


Mr.Fixit si batte per portare a casa un accordo non troppo squilibrato. Il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, conclude oggi a Washington l’ultimo round dei negoziati prima della scadenza del 9 luglio, per l’applicazione della minaccia di dazi al 50% su tutto l’import dalla Ue. Donald Trump ha già detto di no a un eventuale allungamento dei tempi per la trattativa. Oggi sono in vigore dazi al 50% su acciaio e alluminio e al 25% sulle auto, giudicati «insostenibili» da Sefcovic. La Ue sembra rassegnata a puntare a un risultato minimo: restare al 10% per tutte le merci (ottenendo quindi un ribasso per metalli e auto), con un accordo-quadro sul modello di quello firmato a maggio dalla Gran Bretagna, anche se il peso del commercio Ue con gli Usa è quatto volte quello di Londra. L’Unione punta ad aprire negoziati settoriali, nella speranza di ottenere un ribasso delle barriere per prodotti farmaceutici, semi-conduttori, alcol e aerei. Siamo lontani dalla proposta zero per zero (dazi) o dalle dichiarazioni di «rappresaglie»: sono pronte due liste di prodotti Usa da colpire, una prima del valore di 100 miliardi (era quella che avrebbe dovuto venire messa in atto come ritorsione per il 50% sui metalli e il 25% sulle auto della primavera, va dalle Harley ai jeans), una seconda più consistente, che potrebbe arrivare a colpire i servizi, dove l’export Usa è eccedentario (427 miliardi di dollari contro 318), a differenza dei beni (774 di export Usa contro 822 per le esportazioni Ue). In linea di principio, ci sarebbe anche il bazooka dell’Aci, lo Strumento anti-coercizione, mai messo in atto (era stato studiato per la Cina, «rivale sistemico»).

Ma l’Europa, gigante commerciale mondiale, ha preso la strada della moderazione. Secondo uno dei più influenti think tank europei, Le GrandContinent, la Ue, che era già sospettata di essere un «erbivoro» in un mondo di «carnivori» oggi si starebbe riducendo a un «invertebrato». Scrive Le GrandContinent, citando una fonte diplomatica di alto livello: «Benché un tasso del 10% avrà soltanto un impatto marginale a breve, gli stati membri, a medio e lungo tempo, finiranno per pagare, attraverso i dazi, circa 40 miliardi di euro per le riduzioni fiscali che Donald Trump intende accordare alle imprese statunitensi nel One Big Beautiful Bill, aumentando cosi’ il vantaggio competitivo».

Microcredito

per le aziende

 

L’Unione dovrebbe almeno mantenere una linea rossa: gli europei non cedono sulle norme, cioè le regole non fanno parte del negoziato, ha precisato la commissaria alla Tecnologia, Henna Virkkunen. Non si discute su Dsa (Digital Service Act), Dma (Digital Market Act) o AiAct, «l’autonomia regolamentare» Ue non si tocca. Ma è questo che interessa Trump e i suoi techno alleati, che vedono nelle «norme» Ue un’arma non convenzionale di lotta commerciale e puntano il dito contro «censure» e altre barriere subdole.

La Germania preme per un accordo «rapido» anche se squilibrato, perché con dazi al 25% sulle auto i costruttori tedeschi sono in difficoltà. La Francia ha cominciato a fare la voce grossa, prima di adeguarsi. Macron: «Non si può concludere a qualsiasi prezzo, ci vuole un riequilibrio». Per il commissario all’Industria, StéphaneSéjourné,«la Ue deve rispondere e riequilibrare se gli Usa persistono a voler un accordo asimmetrico».

L’Italia si accomoda al 10%, come molti altri. Tra i 27, ben 20 paesi sono in attivo sull’import-export di beni. La Spagna, che invece è in passivo, è finita nel mirino di Trump perché Padro Sanchez non si è piegato all’ingiunzione Usa in sede Nato di far salire le spese militari al 5%. Ma le trattative commerciali sono gestite da Bruxelles e Trump non è riuscito finora a spaccare il fronte Ue e a piegare ogni stato membro a negoziati diretti, in posizione di assoluta debolezza.

Gli scambi Usa-Ue valgono 1600 miliardi l’anno, per la Ue gli Usa sono il primo partner, per gli Usa il secondo dopo la Cina (che ha seguito un’altra strada, quella della ritorsione, per ottenere di far indietreggiare Trump). Per la Ue, le esportazioni verso gli Usa rappresentano il 20% del totale. Ma per gli Usa, il commercio con la Ue pesa il 4,9% del pil (con la Cina è il 2,2%).

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