Europa più competitiva con un unico mercato del risparmio: una necessità urgente!


L’Unione per gli Investimenti nel Risparmio è essenziale per rivitalizzare il settore industriale europeo. Il 30 giugno sarà un momento cruciale

«Il tempo è scaduto. L’Europa non può più permettersi di essere poco competitiva. Non è sufficiente prendere coscienza del problema, è necessaria un’azione immediata sia da parte delle istituzioni europee che dei singoli stati membri. È fondamentale iniziare con la creazione di un mercato unico per il risparmio. L’Unione per gli Investimenti nel Risparmio (Siu) mira a questo obiettivo e deve essere sviluppata insieme al mercato unico dei capitali. Non ci può essere una rinascita industriale senza un solido sostegno finanziario». Inizia così Enrico Letta, dal 2016 a capo dell’Istituto di ricerca europea Jacques Delors di Parigi. L’ex premier continua sostenendo che «non deve esserci una separazione tra finanza e industria, come è avvenuto per decenni. Il segreto è una finanza capace di supportare l’industria. Sono necessari strumenti finanziari innovativi, le aziende non possono dipendere solo dai prestiti bancari. Questa è una delle ragioni della scarsa competitività europea. Occorrono prodotti finanziari specifici per uno sviluppo focalizzato sull’innovazione, che richiede per natura altri tipi di finanziamenti, come il venture capital».

È tempo di cambiare marcia?

L’urgenza è ora più evidente che mai. L’era Trump ha spinto l’Europa a risvegliarsi, ma senza azioni concrete si rischia di danneggiare seriamente l’economia del continente. La Commissione Europea ha già mosso alcuni passi con la presentazione di due piani (la Siu da parte della Commissaria Albuquerque e la Strategia del mercato unico dal Vicepresidente Séjourné), che ora non devono essere ostacolati dai singoli Stati. L’Unione per gli Investimenti nel Risparmio è la chiave per il rilancio delle politiche industriali di cui l’Europa ha disperatamente bisogno.

Può dare un esempio concreto?

Guardiamo al futuro del settore automobilistico. Una industria già in crisi a causa della transizione che potrebbe peggiorare a causa dei dazi americani. Più che dibattere sulle tempistiche della transizione dal 2035 al 2038 o altre date, l’industria automobilistica europea necessita di un piano di investimenti che promuova l’innovazione e la trasformazione del settore. Un piano che non può essere finanziato solo con fondi pubblici. È essenziale accelerare, la Siu è vitale per ridare un’anima industriale all’Europa con capitali privati.

È richiesto un grande lavoro di rete e di dialogo.

In questo contesto è necessaria una solida intesa tra i cinque grandi paesi europei: Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia, che insieme rappresentano l’80% del mercato finanziario europeo. Se necessario, si dovrebbe ricorrere alla cooperazione rafforzata e proseguire anche se non tutti gli stati membri sono d’accordo. Questo meccanismo consente di accelerare il processo, superando le resistenze di alcuni stati. Non possiamo rimanere inattivi.

Questi stati sono consapevoli dell’urgenza?

La consapevolezza sta emergendo. Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz sta giocando un ruolo cruciale. Durante il suo incontro con Giorgia Meloni, è stata evidente una convergenza nel spingere in questa direzione. Anche gli altri tre paesi sono sulla stessa lunghezza d’onda. È necessario muoversi rapidamente e in questo semestre la Polonia detiene la presidenza di turno del Consiglio UE. Nelle ultime settimane sono stato a Varsavia, ho avuto lunghe discussioni con il Ministro delle finanze Andrzej Domański e sono determinati a procedere.

Ma la presidenza polacca termina il 30 giugno. I tempi sono stretti e poi ci sono le elezioni polacche.

È essenziale che il Consiglio Europeo del 30 giugno, che conclude il semestre di presidenza polacca, sostenga la linea della Commissione Europea sulla strategia dell’Unione per gli Investimenti nel Risparmio. Questa è una data chiave.

Alla base di tutto vi sono i capitali privati, ma il sistema pubblico deve incentivare tali investimenti.

Oggi in Europa i risparmi non sono adeguatamente valorizzati e per indirizzarli verso l’economia reale è necessaria un’operazione vantaggiosa per entrambe le parti. Il risparmiatore deve trarre vantaggio e deve poter scegliere liberamente. È necessario costruire un meccanismo che renda attrattivo per il risparmiatore investire in strumenti finanziari che offrano un miglior ritorno e che possano trasformarsi in investimenti nell’economia reale.

Sta pensando al conto di risparmio e investimento UE ispirato al modello svedese?

Non solo. Ci sono diverse opzioni, incluendo il modello italiano dei Piani individuali di Risparmio. Penso ai Pir europei che possono offrire rendimenti positivi a lungo termine e la dimensione europea può fornire le garanzie che i risparmiatori cercano. È cruciale mettere l’investimento sull’Europa al centro di tutto. In questo momento, è in gioco tutto.

La settimana scorsa, durante il convegno per i 40 anni di Assoreti alla Borsa Italiana, ha incoraggiato l’uditorio di operatori finanziari a essere più proattivi.

I protagonisti dei mercati finanziari devono far sentire la loro voce per accelerare la realizzazione di questi temi. E anche loro devono fare la loro parte, magari sacrificando una parte dei loro margini nel breve termine per essere ripagati nel lungo termine.

Cosa può fare, invece, il mondo imprenditoriale?

Il presidente di Confindustria Orsini condivide queste preoccupazioni. Recentemente, ho incontrato a Madrid il presidente della Confindustria spagnola e c’è una convergenza sull’urgenza di agire anche da parte delle imprese francesi, polacche e tedesche. A loro faccio un appello a unirsi e a mostrare la capacità europea di reagire.

Quindi, finanza e imprese europee devono farsi sentire?

L’intera Europa deve essere rafforzata e il mercato unico rappresenta la sua massima espressione. Oggi ci sono troppe frammentazioni ed è fondamentale non basarsi su scontri ideologici. Un nuovo stato virtuale europeo – il 28esimo – con regole uniche valide in tutta l’Unione sarebbe un enorme passo avanti verso la semplificazione e l’integrazione.

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