La tassazione è la via giusta?
Può essere la tassazione lo strumento per regolare il potere di mercato delle Big Tech? Pare che esista un problema economico che viene prima e che è completamente trascurato nel dibattito. Premessa: alla nascita di Internet (metà anni ’90) si disse che nella knowledge economy esiste un nuovo fattore di produzione, in aggiunta a capitale e lavoro, ovvero un fattore immateriale rappresentato dalla conoscenza ottenibile dai dati.
A distanza di trenta anni dalla nascita di Internet e di venti anni dall’ingresso delle Big Tech occorre riconoscere che le imprese digitali utilizzano tutti e tre i fattori di produzione, capitale, lavoro e conoscenza, ma remunerano solo i primi due.
Perché non pagano per la conoscenza incorporata nei dati? La mia spiegazione è la seguente. Quando le imprese digitali hanno sviluppato il loro modello di business, hanno offerto i servizi gratuitamente o quasi, in cambio del diritto di utilizzare tutti i dati prodotti dagli utenti. Tutti i nostri acquisti, le ricerche su Internet, gli spostamenti, i contenuti postati sui social- tutto questo viene acquisito dalle imprese digitali a costo zero. Occorre ammettere che all’inizio dell’era di Internet questo scambio era equo e ragionevole: un contratto accettato da tutti.
Nel corso dell’ultimo decennio il quadro è drammaticamente cambiato. Superata la massa critica iniziale, il valore economico dei dati non cresce più linearmente ma esponenzialmente. Secondo la legge di Metcalfe, superata la soglia iniziale, ogni nuovo dato entra in una pre-esistente rete di dati a cui apporta un valore crescente, che viene appropriato dalle imprese attraverso i modelli di business digitali. Questo fa saltare in aria il contratto iniziale, perché gli utenti oggi cedono dati il cui valore è aumentato enormemente, ma a cui non corrisponde nessun pagamento da parte delle Big Tech.
La via della concessione
Occorre dunque cambiare il paradigma giuridico: i dati non sono materia di diritto privato, ma di diritto pubblico. Sono un bene pubblico e indivisibile, perché contribuiscono in modo sistemico e integrato alla generazione di valore. Se accettiamo questa idea, allora va rinegoziato il contratto tra i singoli e le Big Tech. I dati sono un fattore di produzione che va remunerato.
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