In un contesto di mercato dominato da crescenti tensioni commerciali e dall’incertezza macroeconomica, sorprende l’atteggiamento relativamente stabile della maggior parte delle aziende dell’S&P 500 in merito alle previsioni sugli utili. Secondo un’analisi curata da John Butters, Vice President e Senior Earnings Analyst di FactSet, solo 8 delle 478 società che hanno pubblicato i risultati del primo trimestre hanno ritirato o sospeso le proprie guidance sugli utili per azione (EPS) relativi al 2025.
Questa percentuale – pari all’1,7% – appare trascurabile se confrontata con quanto avvenne nel primo trimestre del 2020, quando la pandemia da COVID-19 costrinse ben 185 società dell’indice a ritirare la guidance annuale.
Corporate America: oltre il 52% conferma o migliora le stime
Delle 251 aziende che hanno commentato le prospettive sugli utili per l’intero 2025, 139 hanno mantenuto le guidance precedenti, 64 le hanno alzate, 37 le hanno abbassate, 8 hanno rilasciato guidance per la prima volta e 3 hanno fornito più range previsionali. Il dato è particolarmente significativo alla luce dell’instabilità che colpisce la politica commerciale statunitense e l’incognita dei tassi d’interesse.
Tra i settori più “conservatori”, spiccano Utilities (29 aziende) e Industriali (28), che hanno preferito mantenere le guidance precedenti. Il comparto tecnologico e quello sanitario si sono invece distinti per l’ottimismo: rispettivamente 17 e 15 aziende hanno alzato le previsioni di utile. Segnali di prudenza arrivano dai beni di consumo primari e di nuovo dal settore sanitario, dove 11 e 9 società hanno abbassato le stime.
L’approccio cautamente fiducioso delle aziende si fonda su una combinazione di fattori. Da un lato c’è chi, pur riconoscendo le difficoltà economiche, sceglie deliberatamente di non modificare le previsioni per evitare scossoni inutili. Come sottolineato da Equifax, società che si occupa di intelligence finanziaria, “alla luce del buon andamento del primo trimestre e dell’attuale andamento di alcune metriche chiave, normalmente avremmo alzato la guidance. Ma vista l’incertezza economica e la fiducia ancora fragile, preferiamo mantenerla in linea con quella fornita a febbraio”.
Un messaggio simile arriva da CBRE Group, che ha evidenziato che “le attuali condizioni ci avrebbero spinto a collocarci nella fascia alta della guidance. Tuttavia, date le incertezze sui dazi e l’assenza di ulteriori shock sui tassi o recessioni, confermiamo la fascia tra 5,80 e 6,10 $ per EPS 2025”.
Fattori compensativi: cambio favorevole e mitigazione dei dazi
Altre imprese spiegano la stabilità delle previsioni con la presenza di forze compensative, come l’indebolimento del dollaro o strategie di mitigazione dei dazi. È il caso di Otis Worldwide, che ha mantenuto la guidance tra 4 e 4,10 $ includendo un impatto negativo da dazi di 0,12 $, bilanciato però da crescita operativa e vantaggi da cambio e buyback.
Un ragionamento analogo è stato espresso da Solventum Corporation, che ha confermato l’obiettivo di EPS tra 5,45 e 5,65 $, spiegando che “l’effetto dei dazi sarà bilanciato e non materiale, anche grazie alla recente debolezza del dollaro”.
Chi si adatta e chi non teme i dazi
Diverse aziende hanno illustrato dettagliatamente le contromisure adottate per ridurre l’impatto dei dazi, dimostrando una certa resilienza operativa. Pentair, ad esempio, ha spiegato che “i dazi sono stati già incorporati nelle stime di febbraio” e che si stanno adottando misure di mitigazione su tutta la linea.
Anche AMETEK ha affermato di avere messo in atto “azioni mirate di pricing, localizzazione produttiva, ottimizzazione della supply chain e miglioramenti di produttività”, prevedendo EPS tra 7,02 e 7,18 $, in crescita del 3%-5% rispetto al 2024.
Infine, non mancano le aziende che ritengono l’impatto dei dazi semplicemente marginale. Fiserv, il 24 aprile, ha ribadito una guidance molto ambiziosa: crescita organica delle vendite tra il 10% e il 12% e EPS tra 10,10 e 10,30 $. “Il costo dei dazi, ai livelli attuali, è minimo rispetto alla base dei costi dell’azienda”, ha precisato il management.
Corteva ha mantenuto previsioni di vendite tra 17,2 e 17,6 miliardi $ e un EPS operativo tra 2,70 e 2,95 $, spiegando che la domanda globale di cereali e semi oleosi non risentirà di eventuali mutamenti nei flussi commerciali, rendendo le tariffe un fattore marginale.
In sintesi, il report di FactSet firmato da John Butters dipinge un quadro di sorprendente tenuta e adattabilità delle aziende statunitensi, che – pur consapevoli dei rischi legati ai dazi – sembrano avere strumenti, strategie e fiducia sufficienti per non cedere al panico. In una fase in cui l’incertezza è la norma, mantenere le guidance può essere interpretato come un segnale di forza.
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