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sostegno alle imprese, no ai “dazi” interni Ue. «Stop Green Deal»


I numeri, innanzitutto. Per capire chi rischia di più, chi è chiamato a pagare il prezzo più alto, chi deve essere sostenuto e supportato. E per dare una misura più o meno reale ai contraccolpi che l’Italia subirà dall’offensiva commerciale sui dazi lanciata “dall’amico” Donald Trump. Questo pomeriggio, alle 17.30, Giorgia Meloni tornerà a riunire a Palazzo Chigi la task force nata dall’emergenza innescata dalle tariffe al rialzo volute dal tycoon. Un guaio che «affronteremo con determinazione e pragmatismo, senza allarmismi – ha assicurato ieri la premier nel videomessaggio inviato al congresso della Lega a Firenze –. Non abbiamo condiviso ovviamente la scelta degli Stati Uniti, ma siamo pronti a mettere in campo tutti gli strumenti negoziali ed economici necessari per sostenere le nostre imprese e i nostri settori che dovessero risultare penalizzati».

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LA TASK FORCE

Nonostante l’invito a non generare allarmismo – mantra dalla prima riunione della settimana scorsa – il formato deciso da Meloni per fronteggiare l’emergenza ha i tratti di un gabinetto di guerra, nato per limitare i danni di un’offensiva che per l’Italia, paese esportatore, rischia di avere effetti nefasti. Per tentare di contenerli, la presidente del Consiglio tornerà a riunire attorno al tavolo il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, il titolare degli Affari Europei Tommaso Foti, il responsabile dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, nonché il titolare della Difesa Guido Crosetto. E naturalmente i due vicepremier, con Antonio Tajani di ritorno da Lussemburgo, reduce della riunione dei ministri del Commercio dei 27 chiamati a delineare la strategia che l’Ue dovrà mettere in campo da qui in avanti. Non è escluso che alla riunione allargata segua un incontro ristretto con Salvini e Tajani, in cui potrebbero prendere forma le mosse successive, dalle tutele per le categorie più colpite all’ormai imminente missione a Washington della premier. L’eventuale vertice fra i leader arriverebbe all’indomani dell’opa lanciata dal leghista sul Viminale, accolta dal freddo di FI ma soprattutto dal gelo di FdI.

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NUMERI ALLA MANO

Nella riunione della task force a Palazzo Chigi verrà tracciata una prima stima degli effetti dei dazi sui settori più sensibili alle misure trumpiane. A partire dall’agroalimentare, comparto particolarmente vicino a Meloni e al suo partito. Con i numeri alla mano, la premier affronterà l’indomani le imprese, per studiare insieme la situazione e iniziare a delineare le prime contromosse da mettere in campo. E soprattutto recapitare un messaggio: «Non siete sole, il governo è pronto a fare la sua parte». Anche allargando i cordoni della borsa se necessario, nonostante l’occhio vigile sui conti pubblici. Al ministero dell’Economia e alla Ragioneria dello Stato si studiano infatti i margini d’azione. Obiettivo un decreto che possa limitare i danni, con aiuti ai settori che rischiano di uscire falcidiati dalla mannaia decisa da Trump. Sembrano invece ridotte al lumicino le speranze di poter contare su aiuti europei per i comparti più colpiti. La proposta spagnola di costruire un fondo ad hoc con i proventi delle contro-tariffe fatica infatti a decollare, complici i paesi frugali che remano contro. Lollobrigida sarebbe comunque deciso a chiedere all’Ue di fare la sua parte, venendo in aiuto a comparti di eccellenza che rischiano di pagare lo scotto dei dazi limando la qualità dei prodotti. Un compromesso a cui il made in Italy non è disposto a cedere.

ORA CAMBIO DI PASSO UE

Ma è soprattutto su un cambio di passo da imprimere all’Ue che Meloni è pronta a battere i pugni a Bruxelles. «Torneremo a chiedere con forza all’Europa di rivedere le normative ideologiche del Green deal e l’eccesso di regolamentazione in ogni settore – è tornata a ribadire ieri – che oggi costituiscono dei veri e propri dazi interni che finirebbero per sommarsi in modo insensato a quelli esterni».

IL NODO DEL PATTO DI STABILITÀ

Al Green deal si aggiunge un altro nodo europeo, che riguarda la richiesta di revisione del Patto di Stabilità, da subito messa sul piatto dalla premier e rilanciata con forza dal ministro dell’Economia. Entrambi consci della centralità di una partita che l’Italia deve tentare di portare a casa, per evitare di dover fare cassa ricorrendo a una manovra correttiva. Il rischio c’è, nonostante i ripetuti inviti alla calma della premier. «Il momento è drammatico, una tempesta perfetta», lo sfogo di Meloni con i suoi. Per limitare i danni, l’azzardo della missione da Trump, che potrebbe cadere in giorni decisivi per l’Ue sul fronte delle contro-misure da opporre al tycoon. La premier ancora una volta da The Donald, anche con l’obiettivo di oliare i rapporti tra Ue e Usa. Ma con una priorità, ribadita anche ieri alla platea leghista: «L’unica cosa che ci interessa è fare l’interesse dell’Italia e degli italiani». Italia first. Se vale a Washington, allora può valere anche a Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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