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Agricoltura in crisi, Confagricoltura Sardegna: “Allarme tra le aziende sarde”.


Nonostante le rassicurazioni della Regione, il settore agricolo della Sardegna continua a scontare pesanti ritardi nell’erogazione degli aiuti economici. Una situazione che sta mettendo a dura prova migliaia di aziende, aggravando la loro esposizione finanziaria e alimentando un crescente clima di incertezza.

A denunciare l’emergenza è Confagricoltura Sardegna, che attraverso il suo presidente, Stefano Taras, chiede un intervento immediato da parte della Regione per sbloccare i fondi. “Siamo ancora in grave ritardo rispetto alla tabella di marcia – ha dichiarato Taras – con le imprese costrette ad anticipare i costi con le banche, mentre fornitori di mangimi e sementi non possono certo attendere i tempi della burocrazia”.

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Il problema non riguarda solo la sopravvivenza economica delle aziende, ma rischia anche di causare la perdita di milioni di euro di fondi comunitari destinati allo sviluppo rurale. “Se questi fondi non verranno spesi nei tempi previsti, dovranno essere restituiti all’Unione Europea, con il rischio di dover coprire gli impegni già presi con risorse regionali”, ha avvertito Taras, denunciando una situazione di inefficienza che potrebbe avere gravi ripercussioni sull’intero comparto agricolo sardo.

All’origine dei ritardi c’è l’introduzione della nuova Carta dei Suoli Nazionale (CdSN), che ha comportato una revisione del fascicolo aziendale e del piano di coltivazione grafico. Questo sistema, basato su rilevamenti satellitari e intelligenza artificiale, ha generato numerose anomalie nell’interpretazione dell’uso del suolo, colpendo quasi il 50% della superficie regionale eleggibile agli aiuti (circa 520mila ettari).

Il problema riguarda in particolare le aree a pascolo, fondamentali per l’allevamento in Sardegna. La nuova mappatura ha erroneamente classificato molte di queste superfici come bosco, escludendole dai finanziamenti della PAC (Politica Agricola Comune). Una parte dei terreni, circa 240mila ettari, è stata recuperata attraverso la classificazione come Pratica Locale Tradizionale di pascolamento (PLT), ma restano ancora in sospeso 280mila ettari, senza certezze sulla loro ammissibilità agli aiuti.

La Sardegna è la regione con il più alto numero di capi al pascolo nel centro-sud Italia, e per molte aziende il contributo della macchia mediterranea è essenziale per l’alimentazione degli animali, soprattutto nei periodi critici dell’anno. Il rischio è che interi sistemi zootecnici, in particolare quelli estensivi legati all’allevamento di capre e bovini, vengano compromessi.

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Le anomalie colpiscono soprattutto le zone interne e montuose, come il Nuorese, l’Ogliastra, la Gallura, il Sarrabus, il Sulcis e il Goceano. Senza un intervento immediato, le aziende agricole di queste aree rischiano il collasso.

“Esiste un cortocircuito tra le norme europee e la loro applicazione a livello nazionale – conclude Taras – e questo blocco amministrativo rischia di mettere in ginocchio un intero settore. La Regione deve agire subito, prima che il danno diventi irreversibile”.

foto Confagricoltura Sardegna



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