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Per Fabien Collado, fund manager della controllata Insight Investment, il Vecchio Continente è ricco di occasioni per chi cerca corporate bond ESG. Dalla diversificazione alla gestione attiva dei rischi, così la strategia della casa punta a coniugare rendimento e impatto positivo
Per gli investitori ESG, l’Europa non è più solo un’opzione: è la nuova frontiera dell’obbligazionario corporate. Con un mercato di oltre 3.200 miliardi di euro e più di 3.700 emittenti, il Vecchio Continente offre infatti opportunità senza eguali a chi voglia puntare sul reddito fisso senza trascurare la dimensione etica. Lo sa bene Fabien Collado, che nella società di BNY Investments chiamata Insight gestisce un fondo dedicato a questo segmento: Responsible Horizons Euro Corporate Bond. FocusRisparmio l’ha raggiunto per avere la sua view e capire come il comparto integra rendimento solido e protezione del capitale.
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Perché un investitore ESG dovrebbe guardare a una strategia focalizzata sui corporate bond in euro?
Il mercato dei corporate bond denominati in euro è uno dei più sviluppati e diversificati al mondo: a fine giugno 2025 valeva oltre 3.200 miliardi di euro e contava più di 3.700 emittenti. Questo significa che gli investitori hanno un’ampia possibilità di diversificazione e di esprimere view settoriali mirate. Inoltre, non si tratta di un universo limitato solo all’Europa: sono molte le società globali che perfezionano collocamenti obbligazionari in euro, circostanza che amplia di molto il bacino investibile. A questi vantaggi si aggiunge poi la presenza crescente di emissioni legate a obiettivi ESG, particolarmente rilevanti per gli operatori europei.
Quello che dice è vero anche oggi, con gli spread compressi e i dazi USA?
I dazi hanno generato frizioni sulle catene del valore, ma il mercato ha già prezzato molti di questi rischi. Oggi la differenza la fanno i fondamentali: aziende con bilanci solidi e potere di pricing stanno reggendo bene. E se è vero che i differenziali di rendimento si sono stretti rispetto alla media storica, il contesto di tassi stabili e bassa probabilità di default fa sì che il carry rimanga interessante. Inoltre, i corporate bond denominati in euro offrono un valido strumento di diversificazione per i tanti che desiderano ridurre l’esposizione al dollaro.
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Quali sono i rischi principali di un portafoglio di corporate bond in euro e come li gestite?
I rischi tipici sono legati a tassi di interesse, credito, valute e liquidità. Noi li affrontiamo con strumenti specifici: gestiamo attivamente la duration, ci concentriamo su emittenti investment grade con un attento screening su governance ed ESG, limitiamo l’esposizione valutaria attraverso l’hedging e diversifichiamo molto sia a livello settoriale sia in termine di singolo emittente per ridurre il rischio di concentrazione. Ci sono poi anche dei rischi nascosti, legati alla solidità creditizia della singola società, che affrontiamo con uno strumento proprietario chiamato ‘landmine checklist’. Serve a identificare e valutare quantitativamente fattori spesso trascurati dall’analisi finanziaria tradizionale: dalle passività potenziali all’esposizione regolatoria fino ai rischi di evento e alle vulnerabilità a LBO o anche alle debolezze ESG. Questo approccio, peraltro particolarmente utile in fasi macroeconomiche volatili come quella attuale, ci aiuta non solo a evitare sorprese ma anche a dialogare con gli emittenti per stimolarne il miglioramento. La checklist è integrata nei nostri framework ESG e di rischio climatico, così da allineare prospettive finanziarie e non finanziarie.
Qual è il valore aggiunto della strategia Responsible Horizons Euro Corporate Bond?
L’obiettivo è generare ritorni consistenti e corretti per il rischio, grazie a una combinazione di ricerca creditizia approfondita, gestione attiva e piena integrazione ESG. Crediamo che questa impostazione sia ideale per investitori istituzionali che vogliono esposizione al credito corporate europeo con focus sulla preservazione del capitale, generazione di reddito e coerenza con criteri di investimento responsabile.
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In che modo viene costruito il portafoglio?
Tutto nasce da un mix calibrato di analisi fondamentale bottom-up e posizionamento macro top-down. A livello micro valutiamo a fondo ogni emittente, integrando metriche ESG e considerazioni di impatto, mentre a livello macro gestiamo essenzialmente tre fattori: duration, esposizione al rischio di credito e rotazione settoriale. Un’impostazione che ci permette di rimanere coerenti con la strategia ma al tempo stesso flessibili davanti ai cambiamenti del contesto.
Su quali settori siete più esposti in questo momento?
Stiamo privilegiando banche e utilities. Le prime sono arrivate a rappresentare quasi metà del portafoglio, beneficiando di fondamentali solidi e spread interessanti, le seconde ci piacciono invece per la resilienza che offrono. Siamo selettivi sul real estate, puntando solo su emittenti di alta qualità, mentre restiamo sottopesati sull’energia per motivi sia di sostenibilità sia di volatilità. Abbiamo infine ridotto al minimo l’esposizione a settori come tecnologia, media e telecomunicazioni: le valutazioni elevate e una scarsa coerenza con i nostri obiettivi di impatto li rendono degli obiettivi fuori dai nostri radar.
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Il vostro fondo persegue anche obiettivi di decarbonizzazione. In che modo?
Puntiamo a sostenere emittenti con un percorso credibile verso il net zero. Usiamo i nostri prime ratings per monitorare i progressi delle aziende su questo fronte e destiniamo almeno il 35% del portafoglio SGSS bond, valutandoli con un’analisi rigorosa per evitare il rischio di greenwashing. Dal lancio della strategia abbiamo escluso circa il 20% delle emissioni analizzate perché non rispondevano ai nostri standard.
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