Le imprese umbre stanno evolvendo, diventando meno numerose ma più strutturate, solide e capaci di affrontare le sfide della modernità. A evidenziarlo è Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, commentando i dati relativi al secondo trimestre 2025.
“Non è un segnale negativo: è un processo di consolidamento sano, che porta a una maggiore competitività”, spiega. Le imprese investono in formazione, digitalizzazione e innovazione, cogliendo appieno le opportunità dei bandi e dei programmi regionali ed europei.
La dimensione media cresce più della media nazionale
Uno degli indicatori chiave della trasformazione è la dimensione media aziendale, espressa in addetti per impresa. In Umbria si passa dai 3,5 del 2019 ai 3,7 del 2025 (+5,7%), un dato superiore alla media italiana (+5,0%) e a quella del Centro Italia (+4,9%).
Un risultato che segnala un’accelerazione importante dopo anni di crescita più lenta, soprattutto tra il 2015 e il 2019, quando la regione era rimasta indietro rispetto ad altre aree.
Meno imprese, più occupazione: il sistema si rafforza
Nel periodo 2019-2025, le imprese attive in Umbria scendono da 79.790 a 77.861 (-2,4%), ma gli addetti crescono da 279.220 a 287.471 (+3,0%). Un trend che indica un processo di selezione naturale: le realtà meno solide si sono ridotte, mentre le aziende più robuste hanno assorbito manodopera, guadagnando peso organizzativo e produttivo.
Medie e piccole imprese protagoniste della crescita
Il motore della trasformazione sono le piccole e medie imprese, capaci di innovare e investire. Tra il 2015 e il 2025:
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le aziende da 100 a 249 addetti aumentano l’occupazione del +35,8%,
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quelle da 50 a 99 del +16,2%,
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le piccole tra 10 e 49 addetti crescono tra il +16,5% e il +18,2%.
Le microimprese (1-5 addetti) segnano invece un calo, evidenziando i limiti strutturali delle realtà troppo frammentate.
La geografia produttiva cambia volto
Le microimprese, pur restando prevalenti, perdono peso occupazionale, passando dal 40,7% al 34,7% del totale degli addetti. In parallelo:
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le piccole salgono al 26,1%,
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le medie al 14,6%,
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le grandi aziende raggiungono il 14,4%.
Un riequilibrio che rafforza la produttività e l’export, poiché le imprese di dimensione intermedia sono generalmente più attrezzate per competere sui mercati esterni.
Più lavoro regolare, meno legami familiari
Tra il 2019 e il 2025, i dipendenti non familiari crescono del +7,9% in Umbria, superando sia il dato nazionale (+6,2%) che quello del Centro Italia (+2,0%). Anche su base decennale, l’Umbria registra un +13,1% di dipendenti “veri”, contro l’11% del resto del Paese.
Una transizione verso un sistema più professionale e meno fondato su legami familiari, che porta con sé migliori condizioni contrattuali, maggiore tutela e competenze più solide.
Politiche mirate e formazione alla base del cambiamento
Il salto qualitativo non è frutto del caso. Negli ultimi anni, la Regione ha puntato su fondi europei, bandi mirati e percorsi formativi dedicati sia agli imprenditori che ai dipendenti.
Queste azioni hanno favorito la crescita dimensionale, trasformando microimprese in piccole e piccole in medie, migliorando l’organizzazione e la capacità di attrarre risorse.
L’Umbria corre più del resto d’Italia
Nel confronto con il quadro nazionale, l’Umbria spicca per dinamismo post-2019. A fronte di una contrazione nel numero di imprese, la regione ha saputo rafforzare la base occupazionale meglio di altre realtà, soprattutto rispetto al Centro Italia, dove gli addetti sono diminuiti.
Un segnale di resilienza e capacità di evolvere verso un sistema più competitivo.
Impatti concreti sulla competitività
Tre le principali implicazioni di questa trasformazione:
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più stabilità, grazie alla crescita del lavoro dipendente non familiare;
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maggiore capacità di investimento, con imprese di dimensioni adeguate;
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riduzione della frammentazione, che migliora l’efficienza del sistema produttivo.
Tutti elementi che rafforzano la capacità dell’Umbria di attrarre finanziamenti, innovare e competere anche a livello internazionale.
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