Manovra, settimana decisiva per Irpef, pensioni e bonus casa


Inizia la settimana chiave per la legge di bilancio. Dai dati Istat e dal Pnrr dipenderanno le risorse per il taglio dell’Irpef, la proroga dei bonus e le pensioni.

Il tempo delle ipotesi e del “manovramercato”, come lo ha definito ironicamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, sta per finire. La legge di bilancio 2026 entra nella sua fase operativa e le grandi priorità politiche devono ora fare i conti con la realtà dei numeri. Le parole dello stesso Giorgetti tracciano il perimetro: portare a casa risultati sulla riduzione delle tasse, ma anche trovare il “dosaggio giusto” per le altre richieste, come la rottamazione caldeggiata dalla Lega, senza “scassare il bilancio pubblico”. I dossier sono aperti, ma per decidere quanto e come intervenire, servono cifre definitive. Questa è la settimana della verità.

L’attesa per i numeri: Istat e Pnrr arbitri delle scelte

Il primo appuntamento fondamentale è fissato per domani, lunedì, alle ore 10. Sarà l’Istat a fornire i conti economici nazionali del 2024, un dato che, sebbene si riferisca all’anno passato, determinerà la linea di partenza per i livelli tendenziali di debito e deficit. Da qui si capirà quale sarà il reale margine di manovra del governo. A questo si aggiungerà, giovedì, il quadro più chiaro sulla rimodulazione del Pnrr, che nelle intenzioni dell’esecutivo dovrebbe diventare uno strumento strategico per liberare risorse, assorbendo spese oggi a carico dei conti nazionali. A completare il puzzle saranno i dati aggiornati sul fabbisogno dello Stato e il contributo della lotta all’evasione, che lo scorso anno ha garantito 2,2 miliardi extra. L’esito di questa settimana di calcoli definirà il volto della manovra che verrà ufficializzata con il Documento programmatico di finanza pubblica atteso in consiglio dei ministri il 1° ottobre.

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Il cantiere dell’Irpef, il nodo più grande

Al centro dell’attenzione c’è senza dubbio il capitolo Irpef. L’obiettivo, confermato dal viceministro Maurizio Leo, è una priorità per tutto il governo: abbassare l’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33%. Le questioni aperte, però, sono due e hanno un impatto finanziario enorme.

La platea dei beneficiari

Fino a quale soglia di reddito estendere il taglio? Mantenerlo fino ai 50mila euro attuali costerebbe circa 2,5 miliardi, con un beneficio massimo per i contribuenti di 440 euro l’anno. Estenderlo fino a 60mila euro, invece, farebbe schizzare i costi a quasi 5 miliardi. In questo secondo caso, però, il beneficio massimo salirebbe a 1.440 euro annui, perché chi si trova nella fascia 50-60mila vedrebbe la propria aliquota marginale crollare di ben 10 punti (dal 43% al 33%).

La distribuzione delle risorse

Un intervento generalizzato, secondo i calcoli del Mef, riguarderebbe 13,6 milioni di contribuenti. Tuttavia, la maggior parte delle risorse (circa 3 miliardi) andrebbe a beneficio dei quasi 2,1 milioni di italiani che dichiarano più di 60mila euro. Un nodo politico non indifferente.

La partita dei bonus casa e degli incentivi a lavoro e imprese

Come ogni anno, il fisco si intreccia con il destino dei bonus casa. La manovra dello scorso anno ha già messo in calendario un depotenziamento per il 2026, con lo sconto per le ristrutturazioni destinato a scendere dal 50% al 36%. Sul tavolo del governo c’è la proposta di una proroga della misura attuale, ma l’operazione ha un costo stimato di circa 2 miliardi. Sul fronte del lavoro, si studiano incentivi mirati come una tassazione piatta e agevolata (flat tax) per straordinari, lavoro festivo e una parte degli aumenti contrattuali.

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Contributi per le imprese

 

Anche il mondo delle imprese attende risposte. L’Ires premiale (un’aliquota ridotta per le aziende che investono gli utili) sembra destinata a diventare una misura strutturale e semplificata. Ma la richiesta del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, è ben più ambiziosa: un piano triennale da 8 miliardi l’anno per rilanciare gli investimenti. Un obiettivo che si lega a doppio filo con la già citata rimodulazione del Pnrr, chiamato a reindirizzare i fondi di misure che non hanno avuto il successo sperato, come Transizione 5.0.

Il capitolo intramontabile delle pensioni

Infine, il fronte delle pensioni. Anche qui, le decisioni pesano miliardi. Solo per bloccare l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici alla speranza di vita, che scatterebbe dal 2027, servirebbero circa 3 miliardi di euro. Resta poi sul tavolo l’eterno tema dell’indicizzazione degli assegni all’inflazione, anche se quest’anno la questione è meno pressante grazie a un’inflazione generale sotto controllo.

Conclusioni

La settimana che si apre segna il passaggio definitivo dalle dichiarazioni d’intenti alla cruda realtà dei conti pubblici. Il governo si trova a dover bilanciare le promesse elettorali di alleggerimento fiscale con i rigidi vincoli di bilancio. I dati Istat e le opportunità offerte dal Pnrr non saranno semplici numeri, ma i veri arbitri delle scelte politiche. Trasformeranno slogan e aspirazioni in misure concrete, definendo chi vincerà e chi perderà in questa complessa partita. Il “dosaggio giusto” cercato da Giorgetti sarà il risultato di un delicato equilibrio, dove ogni miliardo speso per una misura dovrà essere sottratto a un’altra.



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