Rimborso sisma aiuti di stato: la Cassazione decide


Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7681 Anno 2025

Civile Ord. Sez. 5 Num. 7681 Anno 2025

Presidente: COGNOME

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Relatore: COGNOME

Data pubblicazione: 22/03/2025

LA COGNOME NOMECOGNOME

-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 2784/17/2022, depositata in data 30 marzo 2022.

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Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME

Rilevato che:

NOME COGNOME presentava, il 3 febbraio 2009, istanza di rimborso del 90% (in subordine, del 70%) delle imposte versate a titolo di IRPEF, IVA ed altro, per gli anni 1990, 1991 e 1992, ai sensi dell’art. 9, comma 17, l. 289/2002.

Oggetto: Istanza di rimborso –

Art. 9, comma 17, l. 289/2002 –

Onere della prova –

De minimis

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23671/2022 R.G. proposto da:

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RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;

-ricorrente –

contro

Impugnava, quindi, il silenzio-rifiuto, formatosi decorsi 90 giorni, adducendo, a sostegno della propria istanza, la decisione di questa Corte, n. 20641/2007.

L ‘Ufficio si costituiva contestando la tempestività dell’istanza.

La CTP di Catania accoglieva il ricorso ritenendo dovuto il rimborso richiesto; richiamava la sentenza n. 20461/2007 di questa Corte e riteneva tempestiva l’istanza.

L ‘Ufficio interponeva gravame evidenziando che, trattandosi nella specie di contribuente esercente attività d’impresa incompatibile con la disciplina comunitaria sulla libera concorrenza, il rimborso non era dovuto alla luce della decisione della Commissione europea C(2012) 7128.

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La Commissione tributaria regionale della Sicilia confermava la decisione dei giudici di prossimità.

Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidandosi a d un unico motivo. Il contribuente è rimasto intimato.

È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 05/03/2025.

Considerato che:

Con l’unico motivo l’Agenzia denuncia , in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione art. 9, comma 17, l. 27 dicembre 2002, n.289; art. 1, comma 665, l. 23 dicembre 2014 ,n.190 e successive modifiche ed integrazioni; art. 112 c.p.c.; art. 107 e 108 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; Decisione (U E) 2016/195, notificata con il n. c (2015) 5549 final in combinato disposto con il regolamento europeo (UE) 18 dicembre 2013, n. 1407».
Assume, in particolare, che la CTR avrebbe omesso di rilevare come il legislatore italiano (art. 1, comma 665, l. 190/2014) abbia escluso gli imprenditori dal diritto al rimborso; inoltre, con la Decisione della Commissione Europea 2016/195 le misure di aiuto di Stato esaminate, tra le quali quella per cui è l’odierno giudizio, sono state ritenute incompatibili con il mercato interno, e la Suprema

Corte, partendo dalla predetta decisione, ha affermato che il giudice di merito deve verificare che il beneficio individuale rispetti il cosiddetto regolamento ‘de minimis’ e la relativa prova incombe sul contribuente.

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Con particolare riferimento all’IVA, poi, la misura agevolativa si pone in contrasto con il principio di neutralità fiscale, come affermato da questa Corte in plurimi precedenti (Cass. 09/06/2017, n. 14465, Cass. 26/09/2017, n. 22377, Cass. 25/03/2021, n. 8375, e Cass. 27/04/2021, n. 11038).

Nella specie, da un lato, alcuna prova era stata fornita dal contribuente, e, dall’altro, alcuna indagine è stata compiuta dai giudici di merito circa la sussistenza delle condizioni per poter derogare alla incompatibilità della misura in esame con il mercato interno.

Il motivo è fondato.

Va, innanzitutto, richiamato il nucleo essenziale della sentenza n. 20641 del 1° ottobre 2007 di questa Corte: «in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall’art. 9, comma diciassettesimo, legge n. 289 del 2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, la definizione può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post”».
L’art. 1, comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190, fa decorrere il termine biennale di decadenza per la presentazione della domanda di rimborso dalla data di entrata in vigore della legge 28

febbraio 2008, n. 31, di conversione del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, ovvero dal 1° marzo 2008.

All’esito di tale intervento legislativo, con orientamento anche recentemente riaffermato da questa Corte, è stato chiarito che «in tema di agevolazioni tributarie, l’art. 1, comma 665, della I. n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) costituisce norma di interpretazione autentica, sicché i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per l’importo superiore al 10 per cento, previsto dall’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del 2002, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del d.l. n. 248 del 2007» (Cass. 26/02/2020, n. 5167), ovvero dal 1° marzo 2008 (conforme Cass. 22/07/2016, n. 15252), prorogato per effetto di un complesso di interventi legislativi, nella data del 31 marzo 2008.
Lo stesso art. 1, comma 665, della legge. n. 190 del 2014, disponeva altresì che «(…) l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea» per quei contribuenti «che svolgono attività d’impresa».

4. Al riguardo, la Commissione UE, con la decisione n. C (2015) 5549 final del 14/08/2015, ha stabilito all’art. 1 che «le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, colma 4-bis e 4-ter, e successive
modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno».
È fatta tuttavia salva (art. 3 dec. cit.) l’ipotesi che si tratti di un «aiuto individuale» che «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento, (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de minimis (art. 2 decisione cit.), o che, «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98» (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), «o da ogni altro regime di aiuti approvato», ma «fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti» (art. 2 decisione cit.).
Secondo la Commissione, infatti, «una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esecuzione)» (§ 134 dec. cit.).
La decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), è stata confermata dal Tribunale di primo grado

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UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, che non risulta essere stata impugnata.

Successivamente la Corte di giustizia, con ordinanza del 15 luglio 2015, nella causa C-82/14, in sede di rinvio pregiudiziale, ha dichiarato che «gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, come l’articolo 9, comma 17, della legge del 27 dicembre 2002, n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Finanziaria 2003), la quale prevede, in seguito al terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, a beneficio delle persone colpite da quest’ultimo, una riduzione del 90% dell’imposta sul valore aggiunto normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo in particolare il diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte a titolo di imposta sul valore aggiunto, in quanto la suddetta disposizione non soddisfa i requisiti del principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta nel territorio italiano».
La decisione della Commissione UE e l’ordinanza della Corte di giustizia appena citate hanno quindi sciolto, in senso negativo (nei termini richiamati), quella riserva, sulla verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, alla quale lo stesso art. 1, comma 665, della L. n. 190 del 2014, subordinava l’applicazione dell’agevolazione, che infatti nelle more sospendeva per quei contribuenti «che svolgono attività d’impresa».

Relativamente all’effetto di tali pronunce, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che «la sopravvenuta decisione della Commissione Europea è immediatamente applicabile trattandosi, ai sensi dell’art. 288 del T.F.U.E, di atto normativo vincolante e, dunque, di “ius superveniens”, sicché il giudice di legittimità è tenuto

a dare immediata attuazione, anche d’ufficio, alla nuova regolamentazione della materia oggetto della decisione comunitaria, decidendo nel merito ovvero, se sia necessario un accertamento dei presupposti di fatto, cassando la sentenza impugnata e rimettendo al giudice di rinvio il relativo compito» (Cass. 30/06/2016, n. 13458).

E’ stato quindi precisato che «in tema di agevolazioni tributarie in favore di vittime di calamità naturali, l’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 (recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia) non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, la quale ha pure precisato che, per quanto riguarda gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del TFUE, può essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento “de minimis” applicabile» (Cass. 25/01/2019, n. 2208).
Pertanto, «spetta al giudice di merito valutare se nella singola fattispecie ricorra l’ipotesi di un aiuto individuale che, al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dai regolamenti UE che prevedono gli aiuti cd. “de minimis” o quelle previste dal regolamento CE n. 994 del 1998 del Consiglio, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali ovvero da ogni altro regime di aiuti approvato, fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per tale tipo di aiuti» (Cass. 27/11/2019, n. 30927).
In ordine, in particolare, all’oggetto ed alle modalità di tale verifica, è stato altresì puntualizzato che: «in tema di agevolazioni

tributarie erogate a un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento “de minimis” applicabile ovvero se ricorrano le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno (ai sensi dell’art. 107, § 2, lett. b), TFUE) in quanto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali, con la conseguenza che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del “de minimis”, che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni, decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto, non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 107, § 2. lett. b) TFUE, di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o derivanti da altre forme di aiuto).
Ai fini di detta prova, per effetto dello “ius superveniens” costituito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015 e della sua immediata applicabilità, è consentita alle parti l’esibizione di documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di fatti che non erano in precedenza indispensabili» (Cass.26/06/2019, n. 17199).

È stato peraltro precisato che «benché la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (§ 150 decisione cit.), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva. Non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica degli aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. COGNOME, §§ 96-97 e 98-104)» (Cass. 27/11/2019, n. 30927, in motivazione).
Quanto alla predetta decisione sopravvenuta della Corte di giustizia, si tratta di un provvedimento al quale questa Corte attribuisce in genere natura di ius superveniens, producendo mutamenti normativi che hanno efficacia immediata nell’ordinamento nazionale (Cass. 12/09/2014, n. 19301), purché non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, e valenza retroattiva (Cass. 09/10/2019, n. 25278); senza che esistano preclusioni alla rilevabilità, anche d’ufficio e per la prima volta, in sede di legittimità della questione relativa alla compatibilità della norma interna con quella comunitaria sopravvenuta, essendo tenuto il giudice di ultima istanza a tale controllo (cfr. Cass. 02/07/2014, n. 15032), in quanto «la verifica della compatibilità del diritto interno con le disposizioni comunitarie vincolanti deve essere effettuata di ufficio dal giudice, tenuto all’applicazione di queste ultime» (Cass. 10/12/2015, n. 24952).
Tanto premesso, nell’applicazione dell’ordinanza della Corte di giustizia del 15 luglio 2015, causa C-82/14, questa Corte ha già precisato che «l’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del 2002 non è applicabile in materia d’IVA atteso che, nel prevedere a beneficio delle persone colpite dal terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa una riduzione del 90 per cento di tale imposta, normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, con riconoscimento del diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte, non soddisfa il principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, sicché si pone in contrasto con l’ordinamento comunitario, come chiarito dall’ordinanza 15 Luglio 2015 della Corte di Giustizia nella causa C-82/14» (così Cass. 16/09/2016, n. 18205; conf. Cass. 16/12/2015, n. 25278; Cass. 10/08/2016, n. 16923; Cass. 04/07/2018, n. 17563). Ovviamente, come già segnalato al punto 4.2., la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già
corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE» (Cass. 27/11/2019, n. 30927, cit., anche in motivazione). Con la conseguenza, pertanto, che, in materia d’Iva, il diritto all’agevolazione de qua, e di conseguenza anche quello al rimborso delle somme già pagate, non spetta neppure nei predetti limiti entro i quali, per le imposte dirette, potrebbe essere in ipotesi concesso all’esito dei necessari accertamenti in fatto (conf. Cass. 27/04/2021, n. 11038).
Nel caso sub iudice, ai fini dell’applicazione dei principi sinora richiamati, deve considerarsi pacifico che il contribuente svolga attività d’impresa e sia quindi sottoposto ai limiti che, per effetto delle citate disposizioni nazionali e comunitarie, derivano dalla disciplina in materia di aiuti di Stato e del tributo armonizzato costituito dall’Iva, che è altrettanto pacifico sia una delle imposte oggetto della domanda di rimborso.

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Chiara è, quindi, la violazione di legge dedotta dall’Ufficio, atteso che alcuna valutazione in fatto, alla luce dei criteri e dei principi appena esposti, è stata compiuta dalla CTR, che, con motivazione assai scarna, si è limitata a ritenere sussistenti in capo al contribuente i presupposti previsti dalla legge 190/2014 (residenza nella provincia di Catania) e tempestiva l’istanza, senza minimamente considerare l’impatto sulla fatti specie della decisione della Commissione (riflessione sollecitata dall’Uf ficio già con l’appello) e della decisione della Corte di Giustizia.
Il ricorso va, quindi, accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo esame ed ai necessari accertamenti in fatto, seguendo i criteri ed i principi già illustrati, e provveda a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.





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