Stm ha perso il 46,47% di valore dal 2024, ridimensionando i forti guadagni accumulati nel ciclo espansivo dei semiconduttori. A Piazza Affari il gruppo italo-francese è tornato al centro delle cronache per ragioni più finanziarie che industriali: volatilità legata al settore automotive, nuove restrizioni cinesi e incertezze sulle mosse di Washington. Ma a spiegare in parte il grafico in discesa è una storia che negli ultimi due anni ha visto intrecciarsi governance, geopolitica e politica industriale.
Il crollo degli utili e le tensioni Italia-Francia
Dopo il rally del 2021-2022, sostenuto dalla carenza globale di chip, il biennio 2023-2024 ha mostrato il lato opposto del ciclo: la domanda si è raffreddata e i margini si sono ridotti, con inevitabili ripercussioni sul titolo. I conti hanno certificatos la frenata: gli utili si sono contratti in modo significativo nel 2024 e nel primo trimestre 2025, spingendo il management a varare un piano di riorganizzazione e di riduzione dei costi e del personale nel sito italiano di Agrate.
Di pari passo si sono acuite le tensioni tra Roma e Parigi (che insieme detengono il 27,5% della società attraverso la holding) sulla governance del gruppo: dalle dimissioni di Maurizio Tamagnini alle critiche sull’operato dell’amministratore delegato Jean-Marc Chery, fino al tema del riequilibrio delle quote tra i due Paesi. Poi è trascorsa l’estate.
E tra un tavolo rinviato, un’acquisizione strategica (i sensori Mems di Nxp) e un confronto tornato serrato, il mese di settembre si è aperto con toni nettamente più distesi. Lunedì 15 settembre, dopo il vertice al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Stm ha ritirato gli esuberi dal sito lombardo di Agrate e ha promesso che avrebbe ripresentato un piano industriale per sostenere il polo.
Stm promette un nuovo piano industriale
«Oggi sono più ottimista», afferma l’assessore regionale allo Sviluppo economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi, in un’intervista a MF-Milano Finanza. «Di fronte all’annuncio degli esuberi abbiamo fatto muro, insieme con i sindacati, e abbiamo chiesto e fortunatamente ottenuto il ritiro dei tagli e un nuovo piano di investimenti che l’azienda farà sulle nuove tecnologie dei semiconduttori».
«Il sito di Agrate è fondamentale per la Lombardia, sia per il numero di persone occupate sia per le scelte prese e gli sforzi compiuti fin’ora dalla Regione», ricorda l’assessore. «Tra ricerca, formazione, fornitori e tutto ciò che ci ruota attorno, abbiamo le condizioni per esprimere una leadership in questo settore. Sono ottimista, perché conosco le competenze e la capacità produttiva del sito di Agrate: nessun management di Stm può permettersi di non rafforzarlo».
Il ruolo dell’Italia come azionista
Questione più delicata, invece, resta quella della governance. «Il governo italiano deve guadagnarsi il peso sufficiente nelle decisioni strategiche del gruppo», osserva Guidesi. «E, con il cambio di management che arriverà a breve, il ruolo dell’Italia come azionista si giocherà soprattutto sulle partite nazionali». Tra queste, appunto, c’è quella che interessa Agrate.
«L’azienda ci ha promesso un piano industriale e noi stiamo aspettando una proposta. Mi auguro, comunque, che gli obiettivi riflettano una strategia di medio-lungo termine e pensino anche oltre il 2027».
Gli analisti restano prudenti: Equita rileva un miglioramento del dialogo con il governo, mentre Banca Akros (pur confermando la raccomandazione Neutrale e un target a 24,5 euro) giudica il ritiro dei tagli «leggermente negativo» per i margini 2026, ricordando che la vera leva resta la ripresa della domanda. E sulla domanda il peso decisivo spetta alla geopolitica.
Cina, America e il Chips Act 2 europeo
Il divieto cinese ai chip Nvidia, che ha fatto impennare il titolo Stm, dimostra quanto la filiera sia ostaggio delle scelte di Pechino e Washington. Ma anche quanto margine di crescita potrebbe avere il comparto se restasse centralizzato in Europa. «Stiamo lavorando insieme ad altre regioni europee per costruire una filiera dei semiconduttori», spiega Guidesi.
«È di tutta evidenza che una società a partecipazione italiana e francese sia il soggetto ideale da cui partire. Certo è che la capacità produttiva deve essere in Europa: i rischi di esternalizzazione paventati, che l’azienda possa portare alcune produzioni fuori dall’Ue, devono cadere subito. L’Europa deve diventare un competitor globale». Obiettivo che si intreccia con il Chips Act 2, la nuova versione del piano Ue in discussione a Bruxelles, che punta a rafforzare i grandi hub continentali, introdurre regole per evitare che la migrazione della capacità produttiva e a creare un meccanismo comune di intervento in caso di crisi nelle forniture. (riproduzione riservata)
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