Manager, più competenze per cogliere i megatrend


Uno studio della Liuc Business School, sulla pianificazione strategica in un mondo sempre più imprevedibile. «Le imprese? Devono intuire i futuri possibili e mettere a punto azioni per adattarsi al continuo cambiamento»

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Le competenze manageriali per comprendere i megatrend geoeconomici e geopolitici si apprendono nell’alta formazione e si mettono a frutto nella pianificazione strategica aziendale.

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Ciò è già da tempo nei piani didattici dell’università Liuc, che data l’importanza del tema anche in relazione ai cambiamenti globali che oggi influenzano profondamente le dinamiche dei mercati, i modelli di consumo, le tecnologie e i modelli di governance ha realizzato di recente uno studio con la proposta di linee guida destinate ai manager aziendali.

Ne parliamo con Andrea Venegoni, associate Dean Research&Applications for business della Liuc Business School e responsabile della ricerca, secondo il quale “lo sviluppo integrato di due dimensioni, quella del manager consapevole, competente e lungimirante e quella dell’impresa come ambiente abilitante e orientato all’innovazione, rappresenta la chiave per costruire una reale capacità di anticipazione strategica”.

Professore, com’è stata strutturata la ricerca?

Abbiamo interpellato un campione di 87 imprese in gran parte (80%) del manifatturiero e per il resto dei servizi. Ne abbiamo selezionate 25, che abbiamo intervistato. Si aggiungono alcuni eventi di feedback per l’analisi dei risultati. Così siamo arrivati a un piano di azione che le imprese ritengono essere funzionale per acquisire le competenze necessarie. Il focus principale è sì la formazione, ma c’è anche un focus sul fare rete fra imprese, quindi con suggerimenti di linee di azione per implementare il mettere in rete competenze fare percorsi di formazione per cluster settoriali che affrontino temi oltre l’esigenza specifica. Siamo consapevoli che tale percorso per le pmi sia più difficile per ragioni legate a risorse economiche e di tempo da dedicare, perciò abbiamo prodotto suggerimenti e linee d’azione per agevolare le pmi ad implementare tale discorso anche al di fuori della formazione.

Quanto è importante per chi ha responsabilità di gestione aziendale saper leggere gli scenari macro ai fini della pianificazione strategica?

La nostra ricerca prende il via dalla consapevolezza che fino al 2008 venivamo da un periodo ventennale in cui non si erano verificati granchi shock o grandi crisi, in cui tutto era molto prevedibile sia a livello geopolitico che nel mondo delle imprese. Le aziende non percepivano la necessità di pianificare a lungo perché l’orizzonte era facilmente leggibile data l’assenza di grandi turbolenze. Dal 2008 tutto è cambiato nella volatilità di mercato, nella crisi finanziaria, nella crisi del debito sovrano e successivamente con nuove tensioni durante il primo mandato della presidenza Trump, fino allo shock mondiale della pandemia, ai grandi disastri naturali e non (pensiamo al disastro di Fukushima), fino ai conflitti in corso ancora oggi. Oggi non è più possibile parlare di un futuro più o meno leggibile, dobbiamo invece parlare di futuri possibili e alternativi rispetto a ciò che accadrà e che è diventato sempre più imprevedibile.

Cosa devono fare le aziende?

Devono dotarsi delle competenze necessarie ad intuire i loro futuri possibili e mettere a punto strategie che le rendano resilienti, in grado di adattarsi agli eventi futuri.

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Come si insegna tutto ciò?

La formazione deve agire su due piani: il piano dei contenuti, per trasferire a manager e imprenditori le competenze macro economiche di base che consentano loro di leggere l’andamento del quadro socio economico e fare previsioni. In tal senso lo spettro di analisi è più ampio di quello solo economico. C’è poi il piano delle competenze medodologiche per trasferire loro gli step utili a un’analisi ben strutturata. Sottolineo che stiamo parlando non di studenti universitari bensì di manager inseriti in realtà aziendali strutturate: alla flessibilità che loro vivono si risponde con flessibilità, perciò anche nella nostra metodologia didattica dobbiamo dare uno strumento che consenta alle imprese di imparare senza sacrificare una quotidianità che si fa sempre più pressante a causa degli shock che si susseguono e rendono la gestione dell’impresa complessa e anche compulsiva.

Che strumenti di insegnamento si utilizzano?

Una metodologia che fa molto affidamento al digitale, a materiale didattico interattivo con flash card tematiche che pongono domande e danno risposte scritte o con brevi video dei docenti, con l’aggiunta di momenti singoli dedicati in presenza o online per riflessioni da applicare alla realtà concreta della singola impresa.

C’è un livello di personalizzazione dell’insegnamento?

Sì. Quello della gestione aziendale legata ai quadri macro è un tema che le imprese sentono in modo sempre più pressante ma su cui a livello di formazione, anche per mancanza di tempo, tendono a non investire in modo sistematico. Questa iniziativa è stata fatta per sensibilizzare ulteriormente le imprese sul tema e al contempo per individuare con precisione cosa manca in un’impresa per poter fare un’immagine di scenario e una pianificazione strategica di medio e lungo periodo efficace. Nel confronto con le imprese si mettono a fuoco le modalità didattiche più adatte per trasferire le nozioni. Da ciò è nata una piattaforma digitale open, stiamo inoltre lanciando un corso più tradizionale per modalità didattiche che inizierà a brevissimo.

Quali sono le linee guida principali su cui il corso lavorerà?

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Ne elenco alcune: investire in percorsi di formazione includendo metodologie di sviluppo individuale come il coaching, creare e valorizzare comunità di pratica e reti professionali, coltivare la motivazione di fondo dell’impresa e la visione imprenditoriale, creare un ecosistema collaborativo con associazioni, università, operatori formativi e istituzioni, favorire l’accesso a dati, piattaforme e modelli di analisi e promuovere interventi “micro” di formazione e progetti congiunti”.

Come deve essere il manager orientato al futuro?

Il manager orientato al futuro deve essere in grado di esercitare una leadership flessibile, di favorire il dialogo tra funzioni aziendali e di promuovere una cultura organizzativa capace di adattarsi a contesti mutevoli e complessi.

Parallelamente, sul piano dell’impresa come sistema organizzativo, è fondamentale creare un ecosistema di supporto che abiliti e rafforzi l’agire strategico dei propri leader. Questo ecosistema deve includere percorsi di formazione continua, finalizzati ad aggiornare e potenziare le competenze manageriali; comunità di pratica che favoriscano lo scambio di esperienze e l’apprendimento reciproco tra pari; reti professionali e inter-organizzative per alimentare l’apertura verso l’esterno; e collaborazioni strutturate con università, centri di ricerca e istituzioni, capaci di offrire contenuti aggiornati, modelli interpretativi e strumenti operativi.Dal lato dei manager e degli imprenditori, è necessario un cambiamento culturale profondo, che porti a maturare un mindset proattivo, aperto all’analisi prospettica e alla lettura critica dei segnali deboli del cambiamento.

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