Alla luce del recente rapporto presentato da Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, emerge con chiarezza un quadro gravissimo: la sistematica distruzione del popolo palestinese è resa possibile anche attraverso la complicità e il supporto di attori economici internazionali, inclusi quelli del settore bancario, assicurativo e finanziario.
Il rapporto (A/HRC/59/23) denuncia un passaggio epocale: dalla “economia dell’occupazione” a quella del “genocidio”. In questo processo, le imprese non sono semplici osservatrici, ma spesso protagoniste attive che forniscono strumenti, tecnologie, fondi e legittimità all’apparato coloniale e militare israeliano. In particolare, vi si legge:
“La responsabilità delle imprese non si esaurisce con la due diligence: dove ci sono gravi violazioni dei diritti umani, è necessario disinvestire e interrompere ogni attività correlata.”
Cosa possiamo fare?
Chiedere trasparenza sugli investimenti: verificando se la nostra azienda o il nostro fondo pensione abbiano rapporti finanziari con aziende segnalate nel rapporto ed esigendo l’applicazione di criteri etici e di diritti umani nelle politiche di investimento e prestito.
Attivarci nei comitati etici e organismi interni: presentando mozioni e richieste di disinvestimento da società coinvolte nel supporto all’occupazione israeliana.
Promuovere la solidarietà e l’informazione: organizzando assemblee, incontri e momenti di approfondimento sindacale sul tema e collaborando con associazioni umanitarie impegnate in aiuti alla popolazione di Gaza.
Sollecitare la responsabilità sociale d’impresa: Le banche, come attori pubblici rilevanti, hanno il dovere di allinearsi ai principi ONU su imprese e diritti umani. Pretendiamo che la nostra azienda adotti politiche chiare, pubbliche e verificabili contro ogni forma di sostegno diretto o indiretto alla violazione dei diritti fondamentali.
Non è più il tempo dell’indifferenza. Gaza ci chiede giustizia. La responsabilità è anche nostra, perché l’economia globale che permette la distruzione di interi popoli è alimentata anche dal lavoro che ogni giorno svolgiamo. Per questo invitiamo ogni collega a mobilitarsi, a vigilare, a scegliere la parte della giustizia.
Nessun profitto vale più della vita umana.
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