Mario Draghi: “L’inazione dell’Ue minaccia la sua sovranità. Il divario sull’Ai con Cina e Usa è netto”


L’Europa ha già perso la rivoluzione digitale legata a Internet e rischia seriamente di ripetere lo stesso errore con l’intelligenza artificiale, ancora frenata da norme frammentate, investimenti limitati e incapacità di far crescere imprese innovative. Mario Draghi lo aveva denunciato un anno fa e lo ha ribadito oggi, aprendo la conferenza “One Year After the Draghi Report”. Il fatto che, dodici mesi dopo, le parole siano sostanzialmente le stesse dimostra quanto poco sia stato fatto. “A un anno di distanza, l’Europa si trova in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando”, ha ammonito Draghi, ricordando che “l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”. Pur riconoscendo qualche progresso, come le gigafactory di IA e l’espansione dei data center, ha avvertito che il divario con Stati Uniti e Cina resta enorme e che senza più rapidità, meno burocrazia e una vera integrazione industriale l’Europa è destinata a perdere anche la partita dell’intelligenza artificiale. 

L’intelligenza artificiale non è un’isola. Per funzionare e produrre effetti concreti ha bisogno di un ecosistema tecnologico integrato. Al centro ci sono almeno quattro pilastri complementari. Il primo è il cloud, indispensabile per raccogliere e archiviare enormi quantità di dati, la materia prima con cui vengono addestrati i modelli di Ai. Il secondo è il supercalcolo, che consente di elaborare tali dati a velocità e scale che vanno ben oltre le capacità dei sistemi tradizionali. Terzo elemento cruciale è la cybersicurezza, senza la quale settori sensibili come la sanità, la finanza o la difesa non potrebbero adottare con fiducia soluzioni basate sull’Ai. Infine, servono reti avanzate — 5G, fibra ottica e satelliti — per garantire che la trasmissione di informazioni avvenga in modo rapido, stabile e sicuro. Queste quattro tecnologie non sono accessorie, ma costituiscono le fondamenta stesse dell’intelligenza artificiale: senza infrastrutture solide in ognuno di questi ambiti, anche i migliori algoritmi rischiano di restare confinati nei laboratori. Per questo Draghi insiste su una visione integrata, che non separi l’Ai dalle sue condizioni abilitanti ma che tratti l’intero ecosistema digitale come un progetto strategico comune per l’Europa.

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Qualche segnale incoraggiante. “Qualche segnale incoraggiante”, ha ammesso Draghi. “Sono in programma almeno cinque gigafactory di Ai, ciascuna con più di 100.000 GPU avanzate, e la capacità dei data center dovrebbe triplicare nei prossimi sette anni”. Una riforma delle telecomunicazioni è attesa entro fine anno, mentre “l’investimento di ASML in Mistral è un segnale promettente per l’ecosistema europeo dell’Ai”. Secondo la BEI, inoltre, le imprese europee adottano tecnologie avanzate “a un ritmo vicino a quello dei concorrenti statunitensi”. Ma Draghi ha subito frenato l’entusiasmo: “I divari restano enormi. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto quaranta modelli fondativi di Ai, la Cina quindici e l’Europa appena tre. E l’adozione tra le nostre PMI è ancora molto bassa, ferma tra il 13 e il 21%”.

Rimuovere le barriere alla crescita. Per Draghi la prima priorità è creare condizioni che permettano alle imprese innovative di crescere senza ostacoli. “Un vero “28° regime” deve diventare realtà—consentendo alle imprese innovative di operare, commerciare e raccogliere finanziamenti senza soluzione di continuità in tutti i 27 Stati membri, proprio come possono fare i concorrenti in altre grandi economie”. In questo quadro, il rafforzamento degli strumenti di finanziamento è decisivo: “Il Scaleup Europe Fund può aiutare le startup a crescere—se la sua dimensione corrisponderà ai loro bisogni finanziari”. E sull’aumento del programma Horizon Europe a 175 miliardi, Draghi avverte: “Sarà insufficiente a meno che le risorse aggiuntive non siano concentrate in programmi prioritari di dimensioni rilevanti, gestiti da project manager esperti e non da burocrati”.

Regolamentazione. La seconda priorità riguarda le regole. Draghi ha ribadito la necessità di alleggerire il peso normativo sulle imprese: “Una delle richieste più chiare delle aziende europee è una semplificazione radicale del GDPR—not solo della legge primaria ma anche delle aggiunte pesanti introdotte dagli Stati membri”. I dati mostrano l’impatto: “Il GDPR ha aumentato il costo dei dati di circa il 20% per le imprese europee rispetto alle concorrenti statunitensi”. Sull’AI Act, la prima fase non ha creato problemi, ma il passaggio successivo suscita preoccupazioni: “L’attuazione della prossima fase dovrebbe essere sospesa finché non capiremo meglio gli svantaggi. Più in generale, l’applicazione dovrebbe basarsi su una valutazione ex post, giudicando i modelli in base alle loro capacità reali e ai rischi dimostrati”.

Integrazione verticale dell’Ai nell’industria. La terza priorità riguarda l’uso dell’IA nei settori industriali. “Le applicazioni settoriali dell’IA sono ancora più critiche della pura potenza di supercalcolo”, ha spiegato Draghi. Qui l’Europa parte da un vantaggio significativo: “Le nostre imprese detengono più della metà del mercato globale nelle soluzioni di automazione industriale, un pilastro dell’IA industriale”. Eppure l’adozione resta marginale: “Solo circa il 10% delle imprese manifatturiere ha usato IA lo scorso anno”. Per questo, secondo Draghi, “industria e governi devono lavorare insieme per trasformare questo vantaggio iniziale in soluzioni proprietarie europee”. La prova decisiva sarà la nuova strategia della Commissione: “La strategia “Apply AI” di questo autunno sarà un test chiave”.

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