si va verso ricontrattazione accordi e possibili fondi in Finanziaria


Un sollecito ufficiale alle stazioni appaltanti per prendere in considerazione la ricontrattazione degli accordi per la raccolta e gestione dei rifiuti tessili urbani. E poi, auspicabilmente, un contributo in finanziaria per sostenere la filiera. Chi era presente all’incontro sulla crisi dei rifiuti tessili al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) dell’11 settembre scorso racconta della grande attenzione e disponibilità del dicastero (e della DG Laura D’Aprile) alle istanze degli attori della filiera che avevano manifestato la necessità di un incontro per affrontare una crisi, in corso in tutta Europa, che sta mettendo in ginocchio gli operatori della raccolta, selezione e trattamento dei rifiuti tessili per il riuso e riciclo. E che, se non fronteggiata, potrebbe erodere le infrastrutture necessarie a raggiungere gli obiettivi europei di raccolta differenziata.

Al tavolo, oltre a dirigenti e funzionari del MASE e del Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT) erano presenti rappresentanti di ANCI, Assombiente, UNIRAU-ARIU, Utilitalia, Confindustria, Cisambiente, Confocooperative, RETESSILE e Corertex che, dopo aver illustrato le specificità della filiera, la natura e le origini della crisi e le possibili soluzioni, si sono impegnati a consegnare in settimana un documento che sintetizzi le loro proposte.

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Proposte che, così racconta chi era presente, si ispirano a quelle avanzate nei primi mesi dell’anno dalle due associazioni europee FEAD (Associazione europea delle imprese di gestione dei rifiuti) e EuRIC Textiles (divisione tessile della Confederazione europea delle industrie del riciclaggio). Con le differenza che a marzo la crisi non era avanzata come oggi, e che quindi verrà data la preferenza alle iniziative che consentano un sollievo immediato alla ad imprese e cooperative.

Le soluzioni proposte dovranno anche avere un respiro tale da consentire di traguardare al 2028, quando – come sappiamo ormai con certezza dall’approvazione anche al Parlamento UE delle modifiche alla direttiva quadro sui rifiuti – dovrà essere in vigore il sistema di responsabilità estesa del produttore (EPR) anche per i rifiuti tessili (“nuovi schemi di responsabilità del produttore […] dovranno essere istituiti da ogni Stato membro, entro 30 mesi dall’entrata in vigore della direttiva”, che dopo la firma di entrambi i colegislatori sarà a breve pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea). Mi spiega Giuseppe Finocchiaro, Environmental advisor di  Vesti Solidale e presidente di RETESSILE, rete di cooperative di raccolta e selezione di abiti usati: “Non chiediamo soluzioni emergenziali. Vogliamo un piano che consenta di garantire nei prossimi anni una filiera in grado di affrontare l’aumento dei quantitativi di rifiuti raccolti a fronte di una qualità decrescente, in attesa dell’entrata in vigore dei sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR)”.

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Il messaggio a comuni e stazioni appaltanti

Mentre al ministero si è accennato anche a soluzioni di medio termine – “come l’eliminazione dell’IVA sull’usato, tariffe agevolate per smaltire gli scarti non diversamente riutilizzabili e riciclabili, la semplificazione di norme europee per lo spostamento dai rifiuti tessili da uno Stato all’altro, il problema della coerenza delle normative nei paesi UE”, riferisce Andrea Fluttero, presidente UNIRAU,  associazione che rappresenta i raccoglitori di abiti usati – l’attenzione si è ovviamente concentrata su soluzioni più rapide. “Credo che sia un ottimo risultato avere avuto la disponibilità ad inviare delle circolari sia ai comuni sia alle multiutility” sottolinea ancora Fluttero: saranno documenti ufficiali inviati da ANCI, Utilitalia e Ministero dell’ambiente che sottolineeranno le difficoltà della raccolta e “prepareranno il terreno per una ricontrattazione, oppure per fare una nuova gara”.

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 Come sa chi ha seguito i resoconti di EconomiaCircolare.com sulla crisi dei rifiuti tessili, chi raccoglie, seleziona e tratta questi rifiuti è schiacciato tra l’aumento delle quantità, frutto degli obblighi di raccolta differenziata, l’abbassamento della qualità, legato al fast fashion, e la saturazione dei mercati dell’usato, da cui sostanzialmente arrivano i ricavi che tengono economicamente in piedi il sistema. Imprese e cooperative della raccolta hanno contratti con comuni e multiutility che vanno dallo scambio alla pari (il comune si libera dai rifiuti/merce, il raccoglitore li rivende per coprire i costi) alle concessione con royalties (allo scambio servizio in cambio di rifiuti/beni si aggiunge il pagamento di royalties ai comuni). Ma oggi i costi di raccolta (e le eventuali royalties) non sono più coperti dai guadagni della vendita. Così la soluzione più rapidamente praticabile per gestire la crisi è la ricontrattazione, la riscrittura dei contratti (prevista dallo stesso codice degli appalti per alcuni casi specifici).  

“Oggi le stazioni appaltanti hanno probabilmente solo in parte consapevolezza della crisi”, sottolinea Finocchiaro, quindi una comunicazione ufficiale può essere essenziale per annullare i vecchi accordi e stipularne di nuovi. Ma con un altro approccio rispetto al passato. Spiega Fluttero: “L’azione da parte del Ministero di ANCI e Utilitalia servirà a sensibilizzare le stazioni appaltanti a essere rapide e disponibili per bandire nuove gare a ribasso anziché a rialzo e sensibilizzare comuni e stazioni appaltanti a fare gare laddove in passato non abbiano utilizzato questo strumento”. Se fino a ieri a vincere la gara era chi, in cambio della cessione dei rifiuti raccolti, offriva un servizio di qualità e una royalty maggiore, oggi si dovrà ribaltare la situazione. In cambio del servizio, la stazione appaltante offre non solo la proprietà dei beni ma anche un riconoscimento economico: si aggiudica la gara chi garantisce il servizio in cambio di un importo minore. Tutto questo in attesa che un sistema EPR in vigore copra il gap tra costi e ricavi.

Foto: Canva

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Ipotesi di un sostegno in Finanziaria

Ovviamente la forma più immediata di sollievo sarebbe la concessione di fondi agli attori della filiera che soffrono le mutate condizioni del mercato. Ma questa soluzione immediata non può esserlo, viste le dinamiche della cosa pubblica. E vista la riluttanza dei Comuni ad aumentare la tassa sui rifiuti. Tanto che durante la riunione le proposte arrivate dai partecipanti hanno puntato ad uno stanziamento di fondi nella prossima legge di bilancio. Nel caso i fondi arrivassero, si tratterà poi di vedere a vantaggio di chi andranno stanziati. “Naturalmente – riflette Finocchiaro – immaginiamo che un contributo debba essere dato a fonte di alcune garanzie come tracciabilità e rispetto di tutte le normative, per evitare il sommerso”.

Accelerare l’EPR?

Altro modo per far fluire denari verso i soggetti in sofferenza, proposto da Confindustria moda ma accolto senza entusiasmo, parrebbe) sarebbe un’accelerazione dell’EPR.

Spiga Mauro Chezzi, Vicedirettore Confindustria moda e referente associativo del Consorzio retex.green: “Se avessimo avuto un EPR in vigore, come in Francia e in Olanda, oggi avremmo potuto gestire il problema. Una veloce approvazione dell’EPR consentirebbe di costruire una corsia preferenziale per il sostengo agli operatori in difficoltà. Invece di prender i fondi dalla fiscalità generale e distribuirli a pioggia è importante che ci sia l’obbligo immediato per i produttori di entrare nei consorzi e pagare l’eco contributo, tramite il quale i consorzi faranno arrivare le risorse che servono ai raccoglitori. Ma con un sistema che, ed è questo il valore aggiunto, diventa trasparente e tracciabile, cosa che attualmente non è. Se dai più soldi al sistema così com’è, il sistema non migliora”.

Questa proposta non sembra aver ricevuto una accoglienza calorosa. E pare che il MASE abbia confermato l’iter dell’EPR (ora è in attesa delle osservazioni del MIMIT).

Altra richiesta relativa all’EPR è relativa all’armonizzazione: “Abbiamo sollecitato perché il ministero si adoperi per avere in futuro la normativa sull’EPR la più armonizzata possibile, per evitare che ci siano squilibri, con Paesi più competitivi di altri“, sottolinea Fluttero.

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Guerra tra poveri

Che è poi quello che sta avvenendo. “È emersa una guerra tra poveri – racconta Chezzi -. La crisi interessa tutta Europa, ma dove c’è un sistema di responsabilità estesa del produttore, come in Francia e Olanda, ci sono già stati degli interventi per supportare la raccolta”. Proprio questi aiuti stanno sbilanciano il mercato: “Gli operatori esteri sostenuti dall’EPR cercano nuovi mercati di sbocco e vengono a vendere in Italia nei canali del second hand: a prezzi più bassi rispetto a chi non ha l’EPR, e che quindi ha i costi più alti. Così i nostri operatori sono spiazzati rispetto ai raccoglitori e agli operatori che hanno un minimo di struttura EPR alle spalle”.

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