Tre driver per le azioni europee in autunno « LMF Lamiafinanza


Da gennaio a fine maggio, abbiamo assistito a una spinta dell’azionario europeo trainato da segmenti value quali banche e assicurazioni, con i servizi di telecomunicazione, le utility e l’industria che hanno fornito supporto costante.

Anche il tasso di cambio ha ampliato l’attrattiva per l’azionario Europa nel primo semestre. 

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A giugno, tuttavia, la sovraperformance è svanita quando Wall Street ha recuperato terreno e, a partire da Jackson Hole, il mercato statunitense ha ristabilito un netto vantaggio. Il mercato obbligazionario racconta la stessa storia. Nel corso dell’estate, il divario tra i rendimenti statunitensi e quelli tedeschi si è ridotto lato USA. Vediamo però tre driver per l’Europa in autunno.

Il primo è la svolta fiscale-industriale della Germania. Non se ne parla più tanto sulla stampa, ma è un fattore sostanziale. La commissione bilancio di Berlino ha presentato un piano per il 2025 che prevede investimenti pubblici record e una chiara priorità sulla difesa. Occorre guardare adesso con attenzione alla sua realizzazione. Il posizionamento degli investitori azionari si è azzerato; il ritmo degli ordini dovrebbe accelerare; inoltre, i ribassi registrati dai fornitori tedeschi di infrastrutture e difesa continuano a rivelare punti di ingresso interessanti. Il DAX ha un P/E di circa 15 e continua a essere scambiato a una deviazione standard al di sotto della sua media storica rispetto agli Stati Uniti. Gli indicatori corretti per la crescita sostengono la possibilità di un ulteriore rialzo, data l’accelerazione prevista degli utili nei prossimi due anni.

Il secondo driver è l’evoluzione del premio di rischio per quanto riguarda l’Ucraina. L’intensa attività diplomatica di agosto ha prodotto solo un rally di breve durata, ma l’evoluzione della situazione è importante per gli asset europei. Qualsiasi de-escalation credibile ridurrebbe il premio di rischio macroeconomico e favorirebbe costi dell’energia più moderati in inverno. Se non dovessero esserci progressi su questo fronte, l’impulso agli investimenti in conto capitale per la difesa dovrebbe continuare.  Se, invece, i colloqui dovessero andare avanti, i titoli ciclici orientati al mercato interno e le società a media capitalizzazione ad alta intensità energetica dovrebbero trarne vantaggio in modo sostanziale.

Il terzo fattore è il ciclo politico della Francia. Parigi ha dato il colpo di grazia allo “Europe trade”” a fine estate, quando le dinamiche di sfiducia e le tensioni sul bilancio hanno determinato un’impennata dei rendimenti degli OAT e hanno spinto lo spread OAT-Bund oltre gli 80 punti base. Questo shock ha innescato un de-risking sui titoli azionari francesi e un notevole incremento delle posizioni corte, mentre le istantanee dei flussi di fondi hanno mostrato che gli investitori stavano automaticamente spostando il rischio lontano dalla regione. Da allora lo spread si è stabilizzato e le discussioni di mercato si stanno giustamente concentrando sulla sua effettiva ampiezza. I recenti sondaggi suggeriscono che la soglia di fiducia per gli investitori internazionali si attesta ben al di sopra dei 100 punti base; in altre parole, i livelli attuali prezzano già cattive notizie in modo sostanziale. Il nostro scenario di base è meno drammatico, in quanto la situazione sembra gestibile per i mercati e la storia fiscale della Francia è politica piuttosto che sistemica. Nel caso di un mercato orso, sulla scia dell’emotività, valuteremo l’opportunità di assumere rischi selettivi in Francia e, più in generale, in tutta Europa.

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Riteniamo quindi che sia giunto il momento di riprendere a investire nei titoli azionari europei, pur mantenendo un approccio selettivo.

Cosa ci farebbe cambiare idea? Un nuovo allargamento dello spread OAT-Bund che segnali una situazione di crisi; una chiara evidenza che il ritmo degli ordini in Germania stia rallentando oltre la fine dell’anno; oppure un significativo peggioramento dei dati sull’attività dell’area dell’euro che metta in discussione la tesi delle small e mid cap. In caso contrario, prevediamo che la situazione politica potrebbe portare le aziende ad avere più commesse in grado di generare utili. Questo potrebbe tradursi in una sovraperformance per alcune società selezionate, a multipli più interessanti rispetto alle omologhe USA.



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