L’Europa possiede il secondo mercato digitale più vasto al mondo e strumenti tecnologici di prim’ordine, tuttavia la fitta rete di regole alimenta una tensione tra ambizione e realtà. La critica giunge da Flavio Arzarello, responsabile affari economici di Meta, intervenuto a Bisceglie durante la maratona digitale Digithon ideata da Francesco Boccia.
Un potenziale continentale frenato dalle regole
Con i suoi 450 milioni di consumatori, l’Unione europea rappresenta un mercato digitale integrato di dimensioni tali da poter orientare l’evoluzione globale dell’intelligenza artificiale: è seconda soltanto alla Cina. Eppure, proprio nell’area comunitaria la crescita dell’Ai si scontra con una complessità normativa senza precedenti. Oltre 270 autorità di regolazione supervisionano il settore, mentre più di 100 disposizioni sui servizi digitali coesistono nei 27 Stati membri. Questo mosaico di competenze, articolato e talvolta ridondante, genera costi di conformità elevati e rallenta lo sviluppo di soluzioni innovative, scoraggiando investimenti e sperimentazioni.
Dal 2019 a oggi, l’Unione ha approvato oltre 70 nuovi atti legislativi in materia digitale, un ritmo che, secondo gli operatori, finisce per soffocare l’innovazione ancor prima che germogli. Ogni aggiornamento normativo implica procedure di adeguamento, verifiche di conformità e revisioni tecniche che assorbono risorse preziose. In questo contesto, la richiesta di un “cambio di rotta” non nasce da un istinto di deregolamentazione selvaggia, ma dalla necessità di creare un ambiente stabile, chiaro e prevedibile, capace di sostenere la ricerca e la competitività delle aziende europee sul fronte dell’Ai.
Le richieste dell’ecosistema e l’impegno di Meta
Proprio da questo tessuto imprenditoriale proviene l’appello più pressante: oltre 100 aziende europee, affiancate da numerose start-up italiane, domandano una pausa di riflessione e una profonda semplificazione dell’AI Act. Il messaggio, definito da Arzarello «un grido d’allarme unanime», risuona con forza perché non proviene solo dai giganti del settore, ma da realtà emergenti che vedono nella burocrazia un ostacolo insormontabile per l’accesso al mercato. La richiesta condivisa è quella di normative agili, capaci di tutelare i cittadini senza imbrigliare l’iniziativa privata e la sperimentazione tecnologica.
La prospettiva di Meta segue la stessa linea. Come ha ricordato il dirigente durante l’intervento a Bisceglie, la società «può e deve diventare un partner chiave del successo europeo» nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. A testimonianza di questo impegno, il gruppo prevede di destinare tra 60 e 65 miliardi di dollari ai progetti legati all’Ai nel solo 2025. Un investimento di tale portata intende rafforzare le infrastrutture, incoraggiare la collaborazione con talenti locali e, soprattutto, dimostrare che, eliminando la confusione normativa, l’Europa può tornare a essere terra di innovazione e crescita condivisa.
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