il programma triennale per il rilancio della pesca in Sicilia  


Dal monitoraggio delle specie in via di estinzione ai piani di gestione locale, fino alle imprese ittiche. La pesca siciliana osserva il triennio alle porte con preoccupazione, ma anche con curiosità e speranza. Il comparto, infatti, non poteva non essere menzionato all’interno del Defr, il Documento di economia e finanza regionale per gli anni 2026-2028 (CLICCA QUI).

Dall’analisi delle criticità all’elenco del programma degli interventi previsti nel vicinissimo futuro: all’interno del testo è dipinto un quadro dettagliato del mondo della pesca al largo delle coste siciliane. Ammissioni di colpe, per politiche poco efficienti, ma anche la volontà di voler sfruttare al massimo le risorse provenienti dal Pn Feampa 2021-2027, offerte dal Fondo di solidarietà e soprattutto la legge regionale 20 giugno 2019 n.9.

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Insomma, gli strumenti non mancano, ma osservando i risultati ad oggi perseguiti qualcosa, anzi più di qualcosa, è mancato.

Il tracollo delle flotte siciliane e delle specie a rischio estinzione

E così il Defr si offre come ottimo spunto per avviare una programmazione capace di risollevare le sorti di un settore stretto, da un lato, dai cambiamenti climatici, dall’altro da politiche europee incapaci di tenere conto delle diversità che attraversano i propri mari, da quello del Nord al Mediterraneo. Un mix perfetto che negli anni, come un domino, ha lasciato dietro di sé uno stato di agitazione tra gli operatori, la cui età media è salita, allontanando così i giovani nell’intraprendere una strada all’interno del comparto.

Due i dati che preoccupano maggiormente: l’allarme per il rischio estinzione di alcune specie autoctone del Mediterraneo, che fino a qualche anno fa popolavano in gran quantità le acque del mare siciliano, e il drastico crollo delle flotte.

Dal 2000 al 2023, come si può apprendere tra le righe del Defr, le coste siciliane contano 1.800 unità di pesca in meno, circa il 40% in meno. Nonostante ciò, con le sue 2.500 unità, la Sicilia resta tra le Regioni più rilevanti in termini di attività. Di queste il 70% è dedicato alla piccola pesca costiera, il restante 30% include lo strascico, la circuizione, il palangaro e un’importante quota di volanti a coppia. A pesare, certamente, è anche l’età media oltre i 45 anni. Tra i porti più importanti, per numero di pescherecci iscritti, si richiamano quello di Porticello e, a seguire, quello di Mazara del Vallo, Porto Palo di Capo Passero, Sciacca, Trapani, Lipari, e Marsala.

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La progressiva diminuzione viene correlata anche per il divieto delle disposizioni di Politica comune della pesca di varare nuovo naviglio, consentendo solo interventi di ammodernamento non sufficienti a migliorare l’efficienza. Una condizione che non riguarda solo la Sicilia, ma tutte le altre realtà marinare italiane e che, presumibilmente, non si fermerà nei prossimi anni, tenendo conto delle situazioni socioeconomiche e geopolitiche, altro l’aumento delle materie energetiche e degli attrezzi. A questi si aggiungono i bassi prezzi all’ingrosso, non più remunerativi e dovuti alla concorrenza dei prodotti ittici importati, all’organizzazione di mercati non sempre rispondente alle esigenze del settore, alla domanda di mercato ridotta a un piccolo numero di specie ittiche e alla scarsa valorizzazione delle cosiddette catture accessorie (by-catch).

Diminuiscono le flotte e anche le specie ittiche. Tonno rosso, pesce azzurro e gambero rosso sono solo alcune delle varietà tipiche del Mediterraneo che negli anni sono state dichiarate a rischio estinzione. Inutile nascondere l’influenza notevole dei cambiamenti climatici. Lo spada, la lampuga, le sardine o la ricciola sono tra quelli che risentono di più delle ondate di calore. Ma non solo. Altri elementi di grande rischio sottolineate all’interno del Defr sono le attività antropiche, quindi l’inquinamento chimico, come scarichi civili o industriali, l’abbandono delle plastiche sui fondali, pesca illegale o non regolare, la pesca ricreativa o sportiva incontrollata, la diminuzione giornate di pesca autorizzate, le restrizioni spazio temporali di tante aree di pesca, come aree di riproduzione e nursery.

Gli interventi di Politica comune della pesca, si evidenzia all’interno del documento, basate sul contenimento dello sforzo di pesca finalizzati a ricostituire degli stock ittici sovrasfruttati, hanno inciso pesantemente sulla contrazione del numero di natanti da pesca senza peraltro aver determinato significativi miglioramenti sulle risorse biologiche che si intendono tutelare e recuperare.

Gli obiettivi posti nel Defr

Sulla base di ciò, punto di partenza per la programmazione del triennio 2026-2028 è quello di sostenere il reddito delle imprese e i livelli occupazionali degli addetti delle filiere produttive della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici, oltre che quelli dell’indotto.

Come fare? Elemento da tenere sempre ben in considerazione è la sostenibilità dei processi produttivi di filiera e dunque la necessità di promuovere nuovi modelli organizzativi per garantire maggiore equilibrio nella distribuzione dei margini di profitto tra le imprese della produzione al consumatore. Ad oggi, però, manca all’appello un’organizzata ed evidente espressione territoriale, ovvero la possibilità di avere una o più produzioni certificate e tutelate con marchi di qualità che conferiscono visibilità sul mercato e potenzialmente redditività. Un fattore nuovo, almeno nel contesto produttivo siciliano, è invece quello dell’organizzazione della rete, gli accordi di filiera, che “in qualche caso – si legge nel Documento di economia e finanza regionale – sta dando origine in maniera spontanea a meccanismi di aggregazione incentrati non più solo sull’identità territoriale, ma sulla necessità di sviluppare nuove forme organizzative più adatte a un mercato allargato, se non addirittura globale, a fronte di un consumo di prodotti ittici in continua crescita, che può contribuire all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto per essere più competitivi anche al di fuori dei mercati locali“. Da questo la Sicilia potrebbe trarre vantaggi per sviluppare nuovi percorsi e avere maggiore capacità competitiva nei mercati locali e internazionali.

Gli interventi in programma

pesca e acquacolturaTredici sono le linee di intervento stilate e che ruotano sulla disponibilità di cinque pilastri: il Pn Feampa 2021-2027, il Fondo di solidarietà, per aiutare le imprese colpite da calamità naturali, avversità meteomarine di carattere eccezionale o da naufragi, la legge regionale 20 giugno 2019 n.9, nata con l’intento di sostenere la pesca mediterranea e promuove le identità e l’economia del mare attraverso la valorizzazione della pescaturismo e dell’ittiturismo, i Gruppi di azione locale (Gal) e i Consorzio di gestione della pesca artigianale (Cogepa).

Secondo le previsioni contenute all’interno del Defr, gli interventi dei prossimi tre anni dovrebbero comportare una spesa di 20 milioni di euro per il 2026 e 25 milioni di euro sia nel 2027, sia nel 2028. Ma cerchiamo di capire come.

I Piani di gestione locale

Dipartimento della Pesca Mediterraneo della Regione Siciliana

Si parte dai Piani di gestione locale, già sotto i riflettori lo scorso aprili, e ad oggi vecchi e non a passo con le esigenze e le emergenze attuali (CLICCA QUI). Il rinvigorimento dei Piani è un’operazione più complessa di quanto ci si possa immaginare e richiede necessariamente del tempo, considerando che diversi punti previsti dalla norma, in realtà non sono mai stati attuati, come l’anagrafe degli enti di ricerca, oggi tra gli obiettivi del Defr. Proprio da quest’ultimi, infatti, dovrebbe partire l’elaborazione dei Piani, con studi e monitoraggi delle singole zone.

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Punto cardine è lo studio delle specie attraverso monitoraggi e la diffusione dei dati raccolti, come quelli relativi alla realizzazione dei Piani di gestione dei golfi di Castellammare, Patti e Catania, ma anche di altre aree marine, comprese quelle di “NATURA 2000”. Indagini dovrebbero partire anche per quanto riguarda risorse biologiche afferenti alle cosiddette “pesche speciali” per pervenire alla proposta di approvazione dei relativi piani di gestione delle specie come rossetto, cicerello, sardella e sardinella.

Valorizzazione delle specie e a rischio estinzione

Tra questi spunta poi il riccio di mare, ormai da un paio di anni a rischio estinzione. L’allarme era già scattato nel 2023, attraverso l’analisi dei fondali di cinque aree marine protette: Capo Gallo-Isola delle Femmine, Capo Milazzo, Isola di Ustica, Plemmirio e Isole Ciclopi.

Dal rischio estinzione sta pian piano uscendo, invece, il tonno rosso. Il 2026, inoltre, sarà un anno chiave per la rimodulazione delle quote (CLICCA QUI). Degli interventi sono infatti previsti per la valorizzazione delle strade del tonno rosso, anche attraverso l’implementazione della piattafo9rma digitale per rafforzare le iniziative di diversificazione dell’attività di pesca

Fari puntati anche sulla molluschicoltura siciliana, con la realizzazione di programmi ad hoc per la valorizzazione del settore. Un’attenzione particolare sarà dedicata anche alla promozione delle specie ittiche meno conosciute nella vendita al dettaglio e nella ristorazione.

Imprenditori e imprese

Tra i punti più attesi la pubblicazione di avvisi pubblici per la selezione di enti e operatori commerciali “a regia” e “a titolarità” per la realizzazione di interventi per la valorizzazione sotto l’aspetto commerciale dei prodotti ittici siciliani e le tipicità gastronomiche, promuovendo l’informazione ai consumatori, in termine di salute e trasparenza, attraverso l’etichettatura e la tracciabilità.

Il Defr punta anche a interventi per il miglioramento dei servizi alle imprese di pesca nei porti per la vendita all’asta e ripari di pesca.

Focus anche su una delle prime disposizioni approvate ad inizio anno all’Ars, la disciplina delle strutture turistico-ricettive, che prevede la possibilità di offrire servizi di alloggio sia a terra sia in barca, un codice identificativo regionale, l’inserimento nel registro regionale del turismo azzurro e garanzie di trasparenza e legalità (CLICCA QUI). L’intento è quello di realizzare interventi formativi per promuovere, innovare e valorizzare le attività degli imprenditori ittici favorendo la multifunzionalità e la pluriattività.

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E ancora…

Il Documento di economia e finanza regionale mira alla realizzazione di altri progetti, come la definizione della baseline dei mercati ittici o di raccolta dei rifiuti marini e di recupero degli attrezzi da pesca perduti o abbandonati e altre misure di tutela dell’ambiente marino e delle risorse biologiche.

Non mancano anche la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali della pesca mediterraneo e dei borghi marinari.



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