A Rimini la libertà fiscale arriva tardi, troppo tardi: solo il 7 luglio le imprese smettono di lavorare per il fisco e iniziano a produrre reddito per sé. In altre parole, i primi 189 giorni dell’anno sono stati interamente assorbiti da tasse e imposte. A dirlo è il rapporto Cna “Comune che vai, fisco che trovi”, giunto alla sua settima edizione, che fotografa il peso del prelievo su un’impresa artigiana tipo.
Il total tax rate a Rimini si attesta al 51,7%, in lieve calo rispetto al 52,3% del 2023. Un miglioramento minimo, che non basta a rendere competitivo il territorio: Rimini è al 46° posto tra i 114 comuni analizzati. Meglio comunque di Bologna, dove il “giorno di liberazione fiscale” cade il 23 luglio, e allineata a Cesena (7 luglio), Forlì (12 luglio) e Ravenna (9 luglio).
La pressione fiscale, sottolinea lo studio, varia sensibilmente in base a Imu, addizionali locali e tariffe sui rifiuti: differenze che non sempre corrispondono a una migliore qualità dei servizi. Il paradosso è che, proprio dove i servizi sono meno efficienti, il prelievo è spesso più alto. Il Nord, in media, continua comunque a essere più “leggero” del Sud.
Per Marco Polazzi (foto), presidente di Cna Rimini, il problema non è solo il livello del prelievo: “Lavorare fino al 7 luglio per pagare le tasse resta un macigno sulla competitività. Serve un fisco più leggero, più semplice e più equo”. Polazzi chiede che la riforma fiscale – recentemente prorogata – introduca la separazione tra reddito destinato all’impresa e quello per i consumi personali, oltre all’equiparazione delle detrazioni indipendentemente dalla tipologia di reddito.
Ma l’appello va oltre le aliquote: “Il fisco italiano – avverte Polazzi – è complicato, instabile. Le nostre imprese non possono programmare investimenti in un contesto così incerto. La riforma deve essere completata e poi stabilizzata: solo così il lavoro tornerà davvero al centro”.
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