Il digitale può aiutare a diffondere una cultura di diversità e inclusione?


Abbiamo chiesto alle aziende partner di CampBus come, secondo loro, il digitale possa veicolare messaggi positivi per la società e renderla più equa. Passando dal lavoro, dalla scuola e dalle nostre relazioni quotidiane

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

L’inclusione passa anche dalle relazioni e dal linguaggio. E se le nostre comunicazioni, la nostra socialità, sono sempre più intrise di digitale, allora anche il digitale deve essere messo sotto osservazione per capire quali potenzialità può offrire. Dei danni ne parliamo e ne parleremo ancora a lungo: i pericoli negli spazi virtuali dei social media, i mutamenti che stanno provocando i dispositivi e le piattaforme che ci permettono di ottenere tutto e subito, la superficialità che prevale sull’approfondimento perché la velocità con cui passiamo da un’app all’altra, da una chat all’altra, non permette la riflessione. La domanda allora è: possiamo trovare anche dei lati positivi in questa rivoluzione digitale? La virtualità può anche essere un mezzo tramita il quale costruire una società più equa. Sono questioni che abbiamo provato a rivolgere ai partner di CampBus, il progetto del Corriere della Sera che ha proprio l’obiettivo di diffondere cultura digitale nelle scuole italiane e che, quest’anno, prova anche a portare spunti di educazione sentimentale insieme alla Fondazione Cecchettin. Due sfere sociali che si intersecano. Perché se nel digitale le nuove generazioni costruiscono ormai la maggior parte delle loro relazioni, allora è il digitale che dobbiamo studiare per capire come può essere utilizzato al meglio per migliorarci e non danneggiarci. 

«La tecnologia può essere un ponte o un muro», dice Arianna Timeto, marketing manager di Acer Italia. Sta a noi capire come utilizzarla al meglio e la chiave, come spesso accade, è la consapevolezza. «Con l’utilizzo corretto delle piattaforme il digitale può diventare una forza positiva». E fa l’esempio dei videogiochi, strumento nato come intrattenimento, troppo spesso associato alla dipendenza, ma che può trasformarsi anche in uno strumento educativo, da utilizzare a scuola per l’apprendimento. «I ragazzi con qualche difficoltà possono essere anche supportati per superarle ed essere inclusi», aggiunge Marco Berardinelli, responsabile di Google for Education Italia. Per lui il digitale è un abilitatore di potenzialità, che permette di colmare lacune e tornare a una situazione di parità. 




















































Di intelligenza artificiale parla inece Mila Valsecchi, direttore generale di Mr Digital, la grande rivoluzione di questi anni. Perché non crei maggiori disuguaglianze, è necessario fare un lavoro sui dati che le diamo in pasto per l’addestramento. Ed è necessario coinvolgere maggiormente quella che lei chiama «l’altra metà del cielo», ovvero le donne, nella programmazione degli algoritmi. Jessica De Napoli, che in PagoPa è direttore del Dipartimento affari istituzionali e comunicazione, parte dall’esperienza della sua azienda per riflettere su come la digitalizzazione del Paese «significa costruire una realtà aumentata, in cui le nuove generazioni vedono un’opportunità uguale per tutti». Infine il linguaggio, punto focale della riflessione di Erika Mandraffino, Direttrice Comunicazione Esterna di Eni: «Viviamo in un’epoca di polarizzazioni e spesso si confonde la libertà di parola con la libertà di dire qualsiasi cosa. Anche a scapito dell’altro. Ma il punto è proprio questo: scegliere un linguaggio che non alimenti divisioni inutili, ma che favorisca un confronto costruttivo».

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

12 settembre 2025

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere