nel 2024 imprese ancora al 52,3% di tasse, Sud più penalizzato


(Foto: Dario Costantini, presidente nazionale Cna).

Nel 2024 la pressione fiscale sulle imprese personali ha registrato un leggero miglioramento, ma il quadro resta tutt’altro che confortante. Secondo l’Osservatorio Fisco Cna, il total tax rate medio si è attestato al 52,3%, in calo di appena mezzo punto rispetto al 2023, quando era al 52,8%. Tradotto in giorni di lavoro, significa che un’impresa ha “lavorato per il fisco” fino al 9 luglio, due giorni in meno rispetto all’anno precedente.

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Nord e sud divisi da undici punti

Il dato medio nasconde un’Italia a due velocità. Bolzano si conferma il capoluogo con la minore pressione fiscale, al 46,3%, mentre all’opposto Agrigento tocca un 57,4%, con una forbice di 11 punti percentuali tra le province più virtuose e quelle più gravate.

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Le differenze dipendono soprattutto dalle addizionali regionali e comunali, dall’Imu sugli immobili produttivi e dalla Tari per i rifiuti, voci che incidono in modo variabile a seconda dell’efficienza dei servizi locali. Dove la macchina amministrativa funziona meglio, la pressione fiscale è più contenuta.

Le grandi città: tra virtuosità e zavorre

Tra i principali centri urbani, Milano si colloca al 50,5%, con il tax free day fissato al 3 luglio. Roma e Genova si fermano al 12 luglio, Torino al 15 con un peso del 53,9%, Firenze al 17, Napoli al 19, mentre Bologna risulta tra le più penalizzate: qui le imprese devono attendere fino al 23 luglio prima di smettere idealmente di lavorare per le tasse.

La voce di Cna: “fisco ancora troppo pesante”

“Il nostro Osservatorio certifica una lieve riduzione del total tax rate, ma è evidente che il livello di tassazione resta molto elevato e rappresenta un vincolo alla crescita. Le imprese meritano un fisco più leggero, più semplice e più equo”Dario Costantini, presidente nazionale Cna.

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Costantini ha ribadito la necessità di equiparare le detrazioni a prescindere dal tipo di reddito e di introdurre una separazione tra reddito d’impresa e reddito destinato ai consumi personali, in modo da incentivare chi reinveste.

“In alcune aree del Paese il fisco assorbe quasi il 60% del reddito. Il livello di tassazione è la questione principale, ma il fisco è anche complicato. Il percorso tracciato dalla riforma va nella giusta direzione: è necessario completarlo e garantire stabilità normativa, evitando continue modifiche che producono incertezza”Otello Gregorini, segretario generale Cna.

Riforma fiscale, la sfida della stabilità

Il governo ha più volte promesso di ridisegnare il sistema, ma l’attuazione procede a rilento. La delega fiscale, già prorogata, punta a rendere più equilibrata la tassazione e a rafforzare la distinzione tra redditi reinvestiti e redditi distribuiti. Tuttavia, il percorso è ancora lungo e resta da capire se la politica avrà la volontà — e le risorse — per ridurre in modo tangibile il carico su chi produce.

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Un segnale positivo, ma insufficiente

Il calo del total tax rate al 52,3% è un segnale positivo, ma insufficiente. Per un piccolo imprenditore, restare schiacciato da oltre la metà dei propri ricavi significa frenare investimenti, assumere meno personale, ridurre competitività. In un contesto di divari così marcati tra nord e sud, la pressione fiscale non è solo un numero: è un indicatore di giustizia territoriale ed efficienza amministrativa.

Il vero banco di prova non sarà il decimale in meno registrato nel 2024, ma la capacità di costruire un fisco stabile, equo e meno invasivo, in grado di accompagnare le imprese nella crescita invece di ostacolarle.



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