La contabilizzazione della destinazione utili per le società di persone


Come accade per le società di capitale, anche per le società di persone, la fine del periodo di imposta e il calcolo delle imposte comporta la determinazione del risultato di esercizio. In particolare, tale momento corrisponde anche a quello di rilevazione della destinazione dell’eventuale utile (o perdita). Tale rilevazione avviene anche per le società di persone in contabilità ordinaria.

La prassi ormai diffusa nelle società di persone di consentire liberamente ai soci di prelevare nel corso dell’anno somme in conto utili viene messa in discussione da un’ordinanza della Cassazione (Cass. civ., Sez. I, n. 6865/2022) che contrasta, invece, con precedenti pronunce.

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Affrontando l’aspetto fiscale si fanno le seguenti considerazioni.

Nell’ipotesi in cui la società abbia prodotto nel corso dell’anno un utile di esercizio questo andrà rilevato con la seguente scrittura contabile:

Conto economico                                         a                           Utile d’esercizio

Rilevato l’utile, occorrerà decidere in merito alla destinazione che, sostanzialmente, potrà essere quella del:

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  • prelievo da parte dei soci;
  • mantenimento dell’utile in azienda;
  • prelievo parziale dell’utile e mantenimento in azienda della restante parte.

Nel primo caso, il prelevamento a opera dei soci comporterà la rilevazione della seguente scrittura contabile:

Utile dell’esercizio                         a                           Banca c/c

Questa operazione da compiersi a fine anno (dopo l’approvazione del rendiconto d’esercizio) può, però, essere compiuta, e spesso avviene, anche nel corso dell’esercizio, qualora i soci decidano di prelevare per sé stessi degli acconti su utili futuri ancora da produrre.

Questa pratica non è supportata dalle norme civilistiche, in quanto il comma 1, dell’art. 2303,c.c., stabilisce, al contrario, che non possano distribuirsi somme se non per utili realizzati: «Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non  per utili realmente conseguiti».

Sul punto è fortunatamente intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza n. 10786/2003, con la quale i Supremi Giudici hanno stabilito che, anche nelle società di persone, trova applicazione il disposto dell’art. 2262, c.c., secondo cui è possibile erogare acconti sugli utili quando tale facoltà trovi riscontro in apposita clausola inserita nello statuto sociale.

Ne consegue che, se lo statuto conterrà apposita norma (che si consiglia di far iscrive e se non presente), durante l’anno i soci potranno decidere di erogarsi degli acconti sugli utili. La rilevazione contabile da eseguirsi a ogni singolo prelievo in acconto sarà, quindi, la seguente:

Diversi                 a                           Banca c/c

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Prelievi socio B

…………………

Alla fine dell’esercizio, all’atto della destinazione dell’utile prodotto, la scrittura contabile già esaminata dovrà tener conto dei prelievi già eseguiti e quindi, ipotizzando che l’utile da destinarsi sia pari a 120.000 euro e che i soci abbiano già prelevato 90.000 euro, la scrittura apparirà la seguente:

Utile d’esercizio                             a                           Diversi                                                              120.000

                                                           a                           Prelievi socio A                 30.000

a                           Prelievi socio B                 30.000

a                           …………………                        30.000

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a                           Banca c/c                          30.000

È chiaro che la scelta di prelevare utili in corso d’anno, o meglio l’entità di utili prelevata, deve poi trovare riscontro nell’utile effettivamente prodotto. Non può, difatti, accadere che gli acconti prelevati superino in misura gli utili prodotti, in quanto questa evenienza comporterebbe l’abbattimento del patrimonio aziendale per distrazione da parte dei soci di beni aziendali con ovvie conseguenze, anche di carattere penale, sugli stessi. Si renderà comunque necessario, ferme le conseguenze legali, la restituzione delle maggiori somme prelevate.

Potrà anche accadere, come si è detto, che l’utile prodotto non venga prelevato dall’imprenditore che, quindi, sostanzialmente lo reinveste in azienda con sostanziale incremento del patrimonio aziendale. In tal caso, la rilevazione contabile da eseguirsi sarà la seguente:

Utile d’esercizio                              a                           Capitale netto

Un’ultima considerazione merita anche l’approfondimento della circostanza secondo cui, nelle società di persone (a differenza di quanto accade per le società di capitale), vige il diritto alla percezione dell’utile da parte del socio.

Il socio di società di persone ha, infatti, diritto di ricevere l’utile aziendale sulla scorta del disposto dell’art. 2262, c.c.; questo diritto non può essere compresso, fin anche eliminato dalla volontà degli altri soci (fosse anche la maggioranza di questi).

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Allo stesso tempo, però, il socio può, di propria iniziativa, rinunciare ad esso; è possibile, infatti, che i soci decidano di inserire nello statuto una clausola che elimini il diritto all’utile, sostituendolo con la volontà che la distribuzione dell’utile dipenda dalle scelte dei soci assunta a maggioranza o all’unanimità (come accade di fatto per le società di capitale).



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