Francesca Spigarelli, docente di Economia applicata all’Università di Macerata: quali sono le cause strutturali e congiunturali che hanno determinato il calo degli ordini nel distretto del calzaturiero e del pellame?
«Le cause strutturali sono la scarsa digitalizzazione, l’inefficienza organizzativa, la carenza di competenze manageriali e il difficoltoso ricambio generazionale. Le cause congiunturali includono l’aumento dei costi delle materie prime e la rottura di rapporti con partner commerciali come la Russia».
Le priorità per un rilancio?
«La digitalizzazione, sfruttando Pnrr e piani regionali: occorre accompagnare meglio le aziende dal punto di vista manageriale. E poi, politiche per il ricambio generazionale, programmi che facilitino l’ingresso di giovani e professionisti formati».
Come le aziende dovrebbero organizzarsi?
«Le imprese devono partire da una pianificazione finanziaria solida e da una strategia strutturata per l’ingresso e l’espansione sui mercati esteri. È essenziale investire nella formazione: master specialistici, dottorati applicati e tirocini mirati per attrarre e formare i talenti necessari all’internalizzazione. Sul piano operativo vanno rafforzate sia le competenze manageriali (organizzazione, gestione finanziaria, strategie di export) sia quelle tecniche (design, produzione artigianale, innovazione). Il sistema deve favorire collaborazioni stabili tra imprese e mondo accademico: partenariati scuola-impresa, percorsi duali, Accademy aziendali, strumenti chiave per trasferire know how e rendere sostenibile la crescita internazionale».
Alcune aziende pensano a lavorare con un proprio brand di fascia alta-artigianale e creare una filiera.
«È un’ottima soluzione. La competizione sui costi è difficilmente sostenibile rispetto a produttori a basso costo. Il riposizionamento verso alta gamma e artigianalità è una strategia realistica ma richiede formazione professionale di qualità e percorsi dedicati come Academy aziendali».
Il distretto marchigiano ha dei vantaggi?
«Il forte bagaglio di manualità, creatività e capacità di innovare del territorio, la capacità di anticipare mode e modelli. Già lo si vede nell’integrazione di strumenti digitali (anche AI) per potenziare la creatività come nel progetto dei cappelli a Montappone con il prof Emanuele Frontoni dell’Università di Macerata».
Quali mercati offrono il maggior potenziale?
«Per il made in Italy di fascia alta, mercati asiatici e grandi economie emergenti con elevata capacità di spesa, India, Brasile, gli Stati Uniti per l’alta gamma. La Russia è da escludere per il contesto geopolitico».
All’estero, un consiglio?
«Entrare tramite partner locali affidabili: joint-venture, distributori o agenti locali per ridurre costi e rischi di ingresso anziché tentare un’espansione autonoma».
Le leve della sostenibilità e la tracciabilità?
«Sono determinanti: consentono di dimostrare qualità dei materiali e dei processi».
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