TREVISO – L’innovazione tecnologica “made in Treviso” alla conquista della Silicon Valley. Si è da poco conclusa la missione, organizzata da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Innovit (Italian innovation and culture hub), polo tricolore a San Francisco, per presentare l’eccellenza produttiva italiana e favorire opportunità di sviluppo per le nostre imprese in uno dei centri propulsori della rivoluzione digitale globale. Tra le 12 pmi partecipanti, selezionate tra 14mila candidature, ben due trevigiane: Aton, realtà di Villorba, leader nelle soluzioni software avanzate e nei servizi per la trasformazione digitale, e Galdi, di Paese, specializzata in impianti di confezionamento in particolare per bevande e alimenti. Giorgio De Nardi, fondatore e amministratore delegato del gruppo Aton (276 addetti, di cui una settantina assunti l’anno scorso, 23,3 milioni di euro di fatturato 2024), che esperienza è stata? «Per noi è stata naturalmente una grande soddisfazione prendervi parte. Devo fare i complimenti ai promotori: l’iniziativa è stata organizzata davvero molto bene, con incontri ad altissimo livello. Abbiamo visitato le sedi e incontrato il top management del gotha della tecnologia mondiale, da Meta, a Google, Microsoft, Zoom, Salesforce e Nvidia. E abbiamo avuto anche dei colloqui con alcuni eminenti professori delle università di Stanford e Berkeley».
Una visita che l’ha colpita particolarmente?
«Mi ha impressionato Nvidia: al di là del fatto che è la società più capitalizzata al mondo, con 4 trilioni di dollari di valore (4mila miliardi, ndr), ha capacità tecnologiche spaventose. Dai chip sono passati ai data center e a tutto il software che li governa e adesso stanno progettando quello che chiamano l'”Omniverse”: un concetto in cui si fondono mondo reale e virtuale. L’obiettivo è offrire un ausilio fisico nella vita quotidiana, attraverso tutte le forme di contatto. E quello che ci hanno fatto vedere è davvero strabiliante».
Cosa riporta con sé?
«Lì si sta decidendo veramente il futuro del mondo: stanno lavorando su applicazioni dell’intelligenza artificiale che avranno ricadute sconvolgenti sia sulle aziende, sia sulla vita quotidiana. Attualmente, ad esempio, le intelligenze artificiali disponibili al pubblico, come Chat Gpt, vengono utilizzare più che altro come un’evoluzione di un motore di ricerca: quando ho bisogno di sapere qualcosa, chiedo e mi forniscono una risposta. Ma ora si sta preparando il passaggio ad una serie di integrazioni vere e proprie con il mondo fisico. Proprio in Nvidia ci hanno mostrato un sistema di IA in grado di simulare tutte le fasi del processo di fabbrica della Bmw, in modo da prevedere e programmare tutte le azioni».
Come Aton avete presentato anche voi una soluzione legata proprio all’intelligenza artificiale.
«La nostra piattaforma “.one”. Quello che vogliamo fare è mettere insieme le opportunità offerte dalla nuova tecnologia, in particolare della IA, con la conoscenza profonda dei processi organizzativi delle aziende e con i relativi servizi. In California stanno lavorando veramente ai massimi livelli, però i loro progetti non arrivano ancora ad avere una ricaduta concreta sulle aziende, salvo solo pochi grandi gruppi. Ecco, quello che noi vogliamo fare con “.one” è rendere l’intelligenza artificiale utile e profittevole subito anche per le piccole e medie aziende italiane».
A questo proposito, come può una pmi italiana confrontarsi con le evoluzioni tecnologiche messe in campo dai colossi hi-tech?
«Avevo anch’io questo dubbio. Però ho visto grande attenzione, stima e anche curiosità nei confronti dell’Italia. Siamo un mercato marginale in termini di numeri, ma siamo considerati degli ottimi problem solver, con capacità creative e generative al di sopra della media degli altri paesi nel mondo. Questa cultura, derivata dalla nostra storia, è molto apprezzata, anche nell’ambito dell’applicazione delle nuove tecnologie. La competenza e la tradizione italiana in settori come la moda o l’alimentare ci permettono di sviluppare, e poi portare in giro per il mondo, anche delle applicazioni tecnologiche per queste produzioni, con una marcia in più rispetto ai concorrenti locali che non godono di un contesto con tale focalizzazione».
Proprio l’export verso gli Usa è alle prese con i dazi posti dall’amministrazione Trump.
«Le situazioni sono molto diversificate da settore a settore. Nel campo del software, non ci sono grossi problemi . Maggiori problemi riguardano la manifattura, però ci hanno chiarito che il tasso del 15% è comprensivo delle tariffe già esistenti, non un incremento aggiuntivo. Quindi per alcuni comparti non ci sono di fatto variazioni, altri addirittura ne hanno qualche beneficio, altri ancora, invece, sono un po’ penalizzati. Soprattutto, tutti ci hanno confermato che non c’è ancora nulla di definito e, anzi, ci saranno ancora numerose evoluzioni. Di certo, i grandi gruppi statunitensi non riporteranno le produzioni in casa, da decenni, ormai, hanno completamente smantellato l’industria: non ci sono più fabbriche, manodopera e neppure una cultura industriale».
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