L’approssimarsi alla fine dell’anno accende il dibattito pubblico sulle misure reali tra riduzione tasse e pensioni anticipate che potrebbero rientrare nella prossima Manovra Finanziaria 2026. Le attese del ceto medio, provato da inflazione e stagnazione dei salari, si scontrano con la necessità di rispettare il Patto di Stabilità europeo e mantenere la stabilità dei conti pubblici.
Diverse proposte sono in discussione, dalle revisioni delle aliquote Irpef alle ipotesi di pensionamento anticipato mediante innovazioni normative, ma le risorse restano contenute e ogni intervento richiede coperture certe per evitare squilibri.
Le risorse disponibili: esiste davvero un tesoretto per nuove misure?
Analizzare la dotazione finanziaria effettivamente utilizzabile per la manovra 2026 significa innanzitutto tenere conto dei vincoli imposti dal nuovo quadro di finanza pubblica.
Secondo i dati più recenti del Documento di Finanza Pubblica e del Documento Programmatico di Bilancio, il tasso di crescita del PIL per il 2026 è stimato attorno allo 0,8% e il rapporto deficit/PIL dovrà scendere sotto il 3%. Ciò implica un margine assai ridotto per politiche espansive, visto che ogni misura aggiuntiva deve essere accompagnata da tagli paralleli di spesa o aumenti di entrata.
Il tesoretto di cui si parla deriva da eventuali maggiori entrate fiscali, piani di spending review e minori esborsi su determinate voci valutate in base al principio di sostenibilità macroeconomica. Fra le risorse a disposizione rientrano:
- Proventi del concordato fiscale biennale e degli strumenti anti-evasione;
- Contributi straordinari richiesti a settori specifici (banche, assicurazioni);
- Risparmi derivanti dalla revisione delle agevolazioni fiscali e dalla razionalizzazione di bonus esistenti;
- Piani di spending review da attuare sui ministeri, escludendo il comparto degli enti locali;
- Eventuali risorse straordinarie da innovazioni tributarie su asset finanziari (come la proposta di tassazione sui cripto-asset).
Il taglio dell’Irpef: reali possibilità di una riduzione della pressione fiscale
Una delle principali misure di cui si discute per la prossima Manovra Finanziaria 2026 è la revisione delle aliquote Irpef, soprattutto per i redditi medio-bassi, al fine di offrire un beneficio tangibile alla popolazione maggiormente colpita dall’erosione del potere d’acquisto. Le ipotesi più accreditate adottano come riferimento la fascia di reddito compresa tra 28.000 e 60.000 euro, con la possibilità di ridurre l’aliquota intermedia dal 35% al 33%. Questa misura, se applicata interamente, comporterebbe un costo tra i 3 e i 4 miliardi di euro per le finanze pubbliche.
Le simulazioni preliminari evidenziano risparmi annui che vanno da circa 40 euro per chi percepisce 30.000 euro a oltre 1.400 euro per i contribuenti con 60.000 euro di reddito. Permane, tuttavia, il rischio che lo scaglione venga limitato a soglie più basse (ad esempio 50.000 euro), restringendo ulteriormente la platea dei beneficiari e la portata dell’intervento.
Parallelamente, emerge la conferma del taglio del cuneo fiscale: per i redditi fino a 40.000 euro, la detrazione aggiuntiva sulle buste paga resterà stabile, determinando un ulteriore alleggerimento della trattenuta per lavoro dipendente.
Merita attenzione anche la proposta di escludere la prima casa dal calcolo dell’Isee, un tema particolarmente sentito dal ceto medio che spesso non riesce ad accedere a bonus e agevolazioni. Attualmente la casa di abitazione gode già di una franchigia nel calcolo, ma una eventuale riforma al riguardo potrà rendere più selettivo l’accesso ai benefici sociali, purché debitamente coperto dal punto di vista finanziario.
Aliquota attuale | Proposta per il 2026 | Risparmio stimato (30-60mila €) |
35% | 33% su redditi fino a 50-60mila € | Da 40 a 1.440 €/anno |
Pensioni anticipate e riforma previdenziale: tra flessibilità e sostenibilità
In ambito pensionistico, il 2026 conferma molte delle deroghe introdotte negli ultimi anni, con un ventaglio di accessi agevolati che punta a bilanciare le esigenze di sostenibilità finanziaria con quelle di flessibilità richieste da amplissimi segmenti della popolazione attiva. In discussione ci sarebbero:
- Quota 103: uscita a 62 anni con almeno 41 anni di contributi, proroga subordinata alle risorse disponibili.
- Opzione Donna: possibile rafforzamento per favorire l’anticipo per le lavoratrici, con requisiti di anzianità e figli ridotti.
- APE Sociale: prepensionamento a 63 anni per categorie tutelate (disoccupati, invalidi civili, lavori gravosi).
- Pensione anticipata contributiva: accesso a 64 anni e 20 anni di contributi con soglia minima di assegno, possibile estensione a soggetti con carriere miste.
- Rivalutazione delle pensioni: conferma della perequazione legata all’inflazione, differenziata sulle fasce di importo.
- Bonus per chi rimane al lavoro: estensione del bonus Maroni-Giorgetti per incentivare la permanenza in attività oltre l’età minima richiesta.
Uno dei fronti più discussi riguarda la sterilizzazione degli adeguamenti automatici della speranza di vita: il possibile blocco degli scatti previsti dalla legge Fornero oltre i 67 anni resta materia di confronto politico e tecnico con costi rilevanti (fino a 1 miliardo l’anno secondo le stime più recenti). Si tratta, però, di una discussione che potrebbe esser anche rimandata al prossimo anno, considerando che l’aumento dell’età pensionabile di 3 mesi scatterà a partire dal primo gennaio 2027.
Le prospettive di ciò che realmente si potrà fare nella Manovra Finanziaria 2026
Tante sono le novità per le pensioni anticipate in discussione, dunque, dall’uscita a 64 anni di età con uso del Tfr, a modifica dell’opzione donna ma, probabilmente, come già accaduto negli ultimi anni, nulla di reale e concreto si farà, se non (ancora) misure tampone che potrebbero essere destinate ad essere nuovamente prorogate.
Del resto le attuali risorse economiche disponibili, che ammonterebbero a circa 13 miliardi di euro, non possono concretamente essere usate per la definizione delle nuove misure della Manovra, perchè dovranno innanzitutto colmare il debito accumulato dal nostro Paese.
Anche la riduzione dell’Irpef per il secondo scaglione di reddito, se dovesse essere approvata, sarebbe solo per pochi, il cosiddetto ceto medio, portando, dunque, benefici non a tutti, e comunque sarebbe bilanciata dai contestuali aumenti delle addizionali locali, Irpef comunale e regionale, che ogni anno aumentano e che peserebbero comunque nelle tasche degli italiani anche agevolati dall’Irpef nazionale ridotta. Ciò significa che i vantaggi fiscali sarebbero relativamente azzerati.
E poi c’è da considerare anche la proposta della rottamazione quinquies per permettere ai contribuenti in debito con il Fisco di regolarizzare le proprie posizioni in maniera agevolata e dilazionata.
Probabilmente, dunque, come già accaduto negli anni precedenti, nonostante le tante e diverse proposte per il fisco, le pensioni e il lavoro, poco si farà se non un mix delle varie proposte avanzate senza, però, che qualcosa cambi realmente per tutti in modo strutturale.
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