Dal 2025 tutte le imprese italiane, comprese quelle valdostane, dovranno stipulare una polizza assicurativa obbligatoria contro i danni da calamità naturali. È scritto nero su bianco nella Legge di Bilancio 2024 e nel decreto interministeriale del 14 marzo 2025: non si scappa. Fabbricati, terreni, macchinari e persino i beni in locazione – se non già coperti – dovranno essere assicurati. Sono esclusi solo i veicoli iscritti al PRA, gli immobili abusivi e, per ora, le imprese agricole.
L’obiettivo dichiarato è nobile: rendere il sistema economico più resiliente di fronte a terremoti, frane, alluvioni. Ma dietro le buone intenzioni si nasconde un macigno che rischia di abbattersi soprattutto sulle piccole realtà. Bar, ristoranti, negozi, artigiani, microimprese di montagna: tutte dovranno trovare risorse aggiuntive per coprire i costi di una polizza che, in alcuni casi, potrebbe sfiorare migliaia di euro all’anno.
E non si tratta di un dettaglio secondario. Per un grande gruppo industriale la spesa è un capitolo di bilancio; per un piccolo laboratorio di falegnameria o per una microimpresa turistica, può significare rinunciare a rinnovare un macchinario, a tenere un giovane apprendista, perfino a programmare investimenti minimi per rimanere competitivi. L’alternativa è chiara: o si paga la polizza, o si resta esclusi da contributi e agevolazioni pubbliche.
Qui sta il nodo valdostano. In una regione fragile per definizione, dove i rischi naturali non mancano e il tessuto produttivo è composto in larghissima parte da piccole e piccolissime imprese, questa misura assume un peso doppio. La politica valdostana, quella che a parole difende le imprese locali come pilastro dell’autonomia, non può permettersi di far finta di nulla. Servono scelte concrete: fondi di sostegno regionali per coprire almeno in parte i costi delle polizze, strumenti consortili per ridurre i premi assicurativi, una voce forte a Roma per chiedere maggiore chiarezza e gradualità.
Oggi le aziende si trovano davanti a un bivio: pagare l’assicurazione e tagliare altrove, o rischiare di essere escluse dalle misure di sostegno quando la calamità colpirà davvero. È un paradosso che grida vendetta. Chi ha costruito la propria impresa con fatica e sacrificio si sente ora stretto in una morsa normativa che protegge, sì, ma toglie fiato.
La politica regionale dovrebbe essere il primo scudo. Perché se l’autonomia ha un senso, è proprio nel dare risposte a chi produce lavoro e ricchezza in Valle. Altrimenti resterà soltanto lo slogan.
j-p.sa.
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