Guerra per nessuno, reddito di base per tutti


L’istituzione di Redditi di base in Italia e in tutta l’Unione Europea. Lo chiede l’associazione RED (Reddito Europa Diritti) nel suo manifesto e nella proposta di un reddito di base da introdurre anche in Italia da finanziare con il taglio dei sussidi fossili e ad attività ambientalmente dannose e quello delle agevolazioni fiscali che comportano vantaggi alle fasce di popolazione già benestanti. Per rifondare uno Stato sociale a pezzi, il più ingiusto d’Europa, per RED bisogna anche eliminare bonus a pioggia e incentivi alle imprese, oltre che realizzare un prelievo sulla rendita, sui capitali e sui patrimoni plurimiliardari e plurimilionari. Non manca un incremento dell’IVA sui beni di lusso, con tassazione mirata su attività e prodotti da scoraggiare (carbon tax , plastic tax, sugar tax), il recupero di “somme da economia sommersa” e il “monopolio statale sulla cannabis”.

Per i promotori dell’iniziativa tutto questo andrebbe a finanziare un assegno compreso tra una forbice di €500/700 mensili, da 18 a 55 anni, “rigorosamente individuali, a titolo incondizionato, integralmente cumulabili con reddito da lavoro e/o da proprietà personali e familiari”; un altro compreso tra una forbice di €800/1.000 mensili, da 55 anni in su e per soggetti fragili, anche solo parzialmente invalidi, sia abili che inabili al lavoro; un “bonus figli” di €300 per ogni figlio da 0 a 11 anni, senza limiti al numero dei figli, di €700 da 12 a 18 anni vincolato alla regolare frequenza scolastica, I beneficiari sarebbero  i cittadini italiani, stranieri residenti regolarmente, rifugiati, compresi senza fissa dimora con residenza fittizia e a partire da questi.

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Lo si definirebbe un programma socialista, con una forte ispirazione umanista, pensato dentro la tradizione politica dell’Europa sociale e federalista e antitetico all’Europa funzioopnalista e neoliberale che ora si è convertita alle armi. Si tratta di un programma che, inoltre, ribalta tutte le politiche di accompagnamento al lavoro intrecciati a quelli che erogano i sussidi di ultima istanza contro la povertà assoluta fortemente condizionati e ispirati alla stigmatizzazione dei “poveri”. Si va controcorrente rispetto a mezzo secolo di politiche di questo tipo negli Stati Uniti, in Europa e in Italia, compreso il cosiddetto “reddito di cittadinanza” che è stato un sistema di Workfare mascherato da sostegno “ai poveri” che non è entrato in funzione sia perché la Costituzione oggi non lo permette (la concorrenza tra Stato e regioni sul mercato del lavoro), sia perché ha subito un attacco ideologico violentissimo, e non solo dalle destre. Oggi, centinaia di migliaia di famiglie sono state escluse dal sussidio istituito dal governo Meloni.

La proposta dell’associazione RED, presentata alla Camera dei deputati, è quanto di più lontano ci possa essere oggi dal discorso politico e dalle prospettive dei partiti, anche di opposizione. Per di più in un’economia di guerra dove si progetta, e quasi certamente lo si farà, una nuova spoliazione delle risorse destinate allo Stato sociale per arricchire le lobby armate. Apparentemente, dunque, non c’è alcuno spazio per una proposta che contraddice una simile politica fortemente conservatrice, non priva di tratti fascisti, chiaramente ispirata all’odio dei poveri e al moralismo capitalista.

Ma è proprio questo il valore di una proposta come quella dell’istituzione di un reddito di base inteso come premessa di un generale rivolgimento. E’ il possibile a partire dal quale comprendere le miserie del presente. Perché, come diceva Jean-Paul Sartre, il “campo del possibile” è molto più ampio di quanto le classi dominanti vogliano fare credere. Piuttosto, il problema è che i subalterni, e gran parte della politica che a parole si dice schierata tra le loro file, non credono che questo – o un altro programma meno ambizioso – sia in alcun modo realizzabile. Si parla di misure parziali, pur necessarie, soprattutto di natura redistributiva, anche di tipo fiscale, ma che in fondo non intacchino la struttura fondamentale della società: la produzione e la redistribuzione della ricchezza. Cioè tutto quello che servirebbe fare per realizzare anche una proposta come quella dell’istituzione, a livello europeo, di un reddito di base.

Dunque, non si fa nulla? Al contrario. Invece di lasciare i sogni nel cassetto, o di rinviarli nel lungo periodo quando saremo tutti morti, è importante avanzare proposte che servono sia a prospettare un altro sistema economico, senz’altro lontano dal capitalismo predatorio, e un altro tipo di democrazia, che mira alla “partecipazione diretta” delle cittadinanze e all’estensione dello spirito ugualitario che percorre anche la Costituzione italiana. Lo si legge nel manifesto per il reddito di base dell’associazione RED.

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Se la politica non è solo resistenza (più che necessaria oggi), ma anche creazione di prospettive, una proposta di questa altezza dovrebbe anzi rappresentare il minimo da cui partire per imbastire almeno un discorso sul mondo che ci spetta, quello sideralmente lontano dal genocidio a Gaza, dai nazionalismi armati, dai razzismi rivendicati. Bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo per raccogliere i battiti del mondo.



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