La previdenza sociale necessita urgentemente di alcuni aggiustamenti per essere sostenibile per lo Stato e per l’economia italiana in generale, e per permettere a lavoratori e imprese di poterne beneficiare nel migliore dei modi. Questo è uno dei temi centrali del dibattito sul futuro del Paese e include anche la soluzione della previdenza complementare, di cui si è occupato Arca Fondi SGR in un convegno dal titolo “Proposte per lo sviluppo dei fondi pensione: più adesioni nelle micro e piccole imprese e più capitali in economia reale”.
All’evento – ospitato presso la Camera dei Deputati – sono intervenuti tra gli altri Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali e Ugo Loeser, amministratore delegato di Arca Fondi SGR, insieme ad altri rappresentati del settore e della politica. La previdenza complementare, sostengono gli organizzatori, è e deve diventare sempre di più pilastro del welfare italiano e leva strategica per lo sviluppo economico del Paese, anche se in realtà l’ultima riforma settoriale (legge 296/2006 e D.Lgs. 252/2005) sono andati nella direzione opposta, sottraendo 105 miliardi al mercato e dunque all’economia reale, per destinarli obbligatoriamente all’INPS e dunque a coprire la spesa corrente dello Stato.
Inoltre, sostiene Arca, “l’abolizione del fondo di garanzia per le PMI appare un’esclusione di fatto dalla previdenza complementare dei lavoratori dipendenti delle piccole e medie imprese, che sono circa 11 milioni di persone, vale a dire il 60% dei lavoratori dipendenti, I dati mostrano infatti tassi di adesione inferiori al 10%, contro il 70–80% riscontrabile per i lavoratori delle grandi imprese”.
Le proposte di Arca Fondi SGR e Itinerari Previdenziali
Le proposte venute fuori dal convegno sono sei:
- Reintroduzione del Fondo di garanzia per le PMI, per supportare finanziariamente le micro e piccole imprese nel trasferimento del TFR ai fondi pensione, attraverso l’accesso a credito agevolato.
- Rilancio dei semestri di silenzio assenso utilizzando la formula dell’iscrizione automatica a un fondo pensione, con facoltà di recesso (opt-out).
- Modifica delle scelte di default, passando da un sistema che privilegia i comparti garantiti ad un modello basato sulle logiche del Life-Cycle.
- Aumento della soglia investibile in economia reale fino al 25% del patrimonio dei fondi pensione, superando l’attuale limite del 10% previsto per gli investimenti qualificati.
- Revisione della fiscalità, riportando l’imposizione sui rendimenti dei fondi pensione all’aliquota dell’11% e applicandola al momento della prestazione.
- Riforma del sistema delle rendite: introducendo soluzioni flessibili e reversibili, che consentano ai lavoratori di mantenere la titolarità del proprio patrimonio e di trasferirlo agli eredi in caso di premorienza.
Nel corso del dibattito, sono emerse posizioni convergenti sull’urgenza di intervenire per correggere le distorsioni normative e rilanciare il ruolo strategico della previdenza complementare, in particolare per i lavoratori delle micro e piccole imprese.
Gli interventi degli organizzatori
“Serve un cambio di passo deciso – ha affermato Ugo Loeser, amministratore delegato di Arca Fondi SGR –. Occorre superare gli ostacoli normativi che oggi bloccano le adesioni e limitano il contributo dei fondi pensione all’economia reale. Il Paese necessita di un sistema previdenziale che contribuisca in maniera significativa alla crescita economica e assicuri agli aderenti rendimenti elevati, a garanzia del mantenimento di un adeguato tenore di vita futuro”.
Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, ha invece sottolineato che “ancora di più in un Paese come l’Italia, alle prese con un’importante transizione demografica e un debito pubblico da oltre 3.000 miliardi che non consentirà in futuro di incrementare ulteriormente la già generosa spesa per il welfare, la crescita della previdenza complementare è essenziale. Ma per incentivare sia un aumento del numero di iscritti sia lo sviluppo patrimoniale dei fondi pensione (con una percentuale dell’11,7%, l’Italia si posiziona oggi al 27esimo posto tra i Paesi di area OCSE per rapporto tra patrimonio dei fondi pensione e PIL), occorrono lungimiranza e coraggio. Come quello necessario a intervenire sulla normativa, oggi poco favorevole alle adesioni soprattutto tra le fila delle PMI e agli investimenti in economia reale, oltre che penalizzante sul versante della tassazione”.
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