Roma, 16 settembre 2025 – Perché sostenere e ampliare il welfare aziendale nella legge di Bilancio?
“Gli interventi in materia di welfare aziendale costano molto poco rispetto agli incentivi diretti e agli sgravi fiscali – spiega Emmanuele Massagli, presidente di Aiwa e professore associato di Pedagogia del lavoro alla Lumsa –. Si tratta per definizione di legge, di beni, opere e servizi: prestazioni volano di indotto (più lavoro, più imposte indirette, più contributi), che in larga parte ripaga il costo derivante dai mancati introiti fiscali e contributivi e incoraggia i consumi interni, poiché il welfare aziendale non può essere destinato a risparmio sul conto corrente (come, in momenti di incertezza, accade per i risparmi derivanti da minore tassazione)”.
Quali potrebbero essere gli interventi?
“Con la legge di Bilancio dello scorso anno è stata garantita continuità al potenziamento dei fringe benefit, pari a 1.000 euro per ogni dipendente, 2mila per chi ha figli a carico. La misura scadrà a fine 2027 e dovrà essere stabilizzata appena possibile. Oggi è invece il momento di tornare a potenziare i beni e servizi di welfare aziendale a maggiore caratterizzazione sociale, non a caso richiesti da imprese e sindacati come ulteriore occasione di socializzazione dei rapporti di lavoro e opportunità di potenziamento del welfare definito dei contratti collettivi”.
Quali le possibili misure per questo ambito?
“Si tratta di conoscere i bisogni espressi dagli stessi lavoratori. Lo ha fatto Aiwa, scoprendo che le persone chiedono la possibilità di inserire nei piani di welfare le spese per la cura degli animali domestici, il rimborso degli onerosi affitti per studenti fuori sede per motivi di studio (università e ITS), i servizi di mobilità sostenibile solitamente organizzati in pack prepagati (che non sono abbonamenti), la cessione di quote del proprio credito welfare a colleghi con esigenze di cura personale o familiare o al terzo settore, le assicurazioni vita caso-morte, l’incremento del valore dei buoni pasto elettronici, servizi mirati per la maternità e la paternità. Non sarebbero inopportune, inoltre, alcune norme interpretative che chiariscano dubbi emersi nel corso degli anni”.
A che cosa si riferisce?
“Un ambiguo interpello dell’Agenzia delle Entrate dello scorso anno ha scoraggiato la costruzione di piani di welfare dedicati alle lavoratrici madri. Una posizione illogica, contraria all’impegno di questo governo sulla materia. La stessa Agenzia ha espresso dubbi sulla possibilità di rimborsare le spese per babysitting all’intero dei piani di welfare, pratica permessa dalla legge e oramai consolidata: si chiarisca il permesso con norma interpretativa, permettendo anche il pagamento delle ripetizioni e aiutando così l’emersione di attività solitamente svolte in nero”.
Come aiutare anche le tante aziende che, al momento, non offrono welfare aziendale ai propri dipendenti?
“Dati alla mano, la crescita del welfare aziendale negli ultimi anni è stata sospinta soprattutto dalla diffusione nella micro e piccola impresa. Potenziare il welfare aziendale vuole anche dire aiutare l’incremento del numero di contratti di secondo livello, aziendali e, sempre di più, anche territoriali: è solo al secondo livello che può davvero realizzarsi la distribuzione della produttività generata, determinando incremento delle componenti monetarie e non monetarie dei salari”.
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