Le entrate fiscali continuano a correre. La certificazione è arrivata dalla Banca d’Italia nel suo consueto bollettino mensile sulla finanza pubblica. Nei primi sette mesi dell’anno, nelle casse del Tesoro sono arrivati 325,6 miliardi di euro.
Vale a dire 16,4 miliardi in più dello stesso periodo dello scorso anno. L’occupazione record, ma anche gli aumenti contrattuali arrivati dopo il picco dell’inflazione, spingono gli incassi Irpef. Il punto è quante di queste risorse potranno essere usate per la prossima manovra di Bilancio. Le nuove regole europee di fatto mettono fuori gioco i famosi “tesoretti”. Le entrate in più devono andare a riduzione del deficit.
L’andamento
E l’ottimo andamento degli incassi dello Stato lascia intendere che ormai è assodato che l’Italia riuscirà a portare il suo indebitamento al di sotto della soglia del 3 per cento del Pil già quest’anno, anticipando l’uscita dalla procedura si infrazione. Ma è anche vero che da Cernobbio, il Commissario europeo Valdis Dombrovskis ha fatto sapere che la parte di entrate considerata “strutturale” potrà essere usate per ridurre il carico fiscale. Tagliare insomma le tasse come è nei propositi del governo. Come è noto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti predica «prudenza». Negli ultimi giorni ha ricordato che è vero che il taglio dell’Irpef e la rottamazione delle cartelle esattoriali sono nella «lista delle priorità» del governo. Ma bisogna pure considerare che ci sono altri capitoli che inevitabilmente assorbiranno risorse, come le spese per la Difesa e il sostegno all’Ucraina. Questo per dire che tutto non i potrà fare. Che l’elenco delle richieste dei partiti sia lungo è fuor di dubbio. Eppure la «lista delle priorità» indicata da Giorgetti inizia ad assumere una fisionomia abbastanza definita. In cima c’è, ormai quasi sicuramente, il taglio dell’Irpef alla classe media. Vale a dire la riduzione della seconda aliquota fiscale dal 35 per cento al 33 per cento. Questo scaglione sarà, sempre con molta probabilità, ai redditi fino a 60 mila euro (oggi l’aliquota del 35 per cento si ferma a 50 mila euro, poi scatta il 43 per cento). Alla classe media arriverà, se la misura assumerà questi contorni, un beneficio annuo fino a 1.400 euro netti.
In cima alla lista c’è anche lo slittamento fino al 2029 dell’aumento dell’età pensionabile di 3 mesi, da 67 anni a 67 anni e tre mesi. Costerà circa un miliardo di euro per ogni anno di rinvio. Ma è una questione che il governo intende risolvere subito per non trascinarla all’anno prossimo, alla vigilia della campagna elettorale per le elezioni politiche. Nel menù dovrebbe entrare anche la rottamazione, insieme ad una prima cancellazione dei vecchi debiti tributari stipati nel magazzino del Fisco. Così come dovrebbe arrivare anche una stbilizzazione del taglio Ires per le imprese che investono in beni tecnologici. Una dote, poi, sarà assegnata come ogni anno, con molta probabilità, al capitolo famiglie. In questo caso si dovrebbe agire sulla detraibilità delle spese per i figli, alzando magari gli importi di alcuni sconti, e introducendone di nuovi, come la detrazione per l’acquisto dei libri e del materiale scolastico.
IL PASSAGGIO
Ma torniamo ai conti. La buona intonazione non riguarda solo le entrate, ma anche le spese. Dalle tabelle della Banca d’Italia emerge che nei primi sette mesi di quest’anno, le amministrazioni centrali hanno avuto uscite correnti per 423,8 miliardi di euro, contro i 423,9 dello scorso anno. La spesa si è praticamente fermata. Con le entrate che vanno bene, questa situazione ha prodotto un avanzo di cassa che, a sua volta, ha portato ad una riduzione del debito pubblico di 14 miliardi e mezzo (il totale resta ancora superiore a tremila miliardi, 3.056 per l’esattezza). Un debito sempre più acquistato da investitori stranieri (ormai al 33,6%) e dalle famiglie italiane (sopra il 14%).
Una ulteriore possibile conseguenza si potrebbe vedere a breve, già tra qualche giorno, quando Fitch, l’agenzia di rating che ha appena bocciato il debito francese, dovrà dare il suo giudizio sull’Italia (attualmente una tripla B con outlook positivo). I mercati hanno già “promosso” Roma abbattendo il suo spread in un anno da 140 a 80 punti rispetto ai bund tedeschi. Giorgetti ha detto di essere in serena attesa del giudizio , nella speranza che sia un voto che rispecchia la realtà. Incassare la promozione delle agenzie (Standard&Poor’s lo ha già fatto), potrà far scendere ulteriormente la spesa per interessi sul debito pubblico che grazie al calo dello spread dell’ultimo anno, farà già risparmiare, secondo i conti di Bloomberg, 13 miliardi tra quest’anno e il prossimo. Altri soldi che, sempre secondo le regole europee, non potranno essere spesi ma dovranno migliorare i conti. Ma sempre di soldi in meno sottratti dalle tasche degli italiani si tratta.
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