Tesoro Pharma: da Ivrea a Vercelli, così il Piemonte è diventato un hub farmaceutico per l’Europa


Tra le Alpi e le colline, il Piemonte ha saputo trasformarsi in un hub di innovazione di livello europeo per pharma e biotecnologie. Una nicchia quasi nascosta che ha attirato colossi della farmaceutica e, con essi, talenti da tutto il mondo. Produzione di farmaci, dispositivi medici, laboratori per la diagnostica avanzata, e tutto quello che compone il grande insieme della “salute”.

Si distingue in biotech, big pharma, distribuzione e altri piccoli rivoli che, in sintesi, rientrano nelle Scienze della vita. Calcolarne l’impatto esatto è difficile ma il comparto ha vissuto uno sviluppo ininterrotto dal 2018 al 2024, con esportazioni cresciute a ritmo costante del 37%, secondo gli ultimi dati Ires, solo per il comparto chimico-farmaceutico piemontese. Circa 959 milioni di export nel 2024 stando ai dati del centro studi di Intesa Sanpaolo e 10 mila addetti in totale secondo Ceipiemonte. «La nostra Regione, pur avendo un numero esiguo di centri rispetto alla Lombardia, ha costruito un ecosistema virtuoso capace di competere sui mercati internazionali», spiega la professoressa Fiorella Altruda, membro del cda di Bioindustry Park e presidente del centro di Biotecnologie molecolari. Uno dei perni del comparto ruota proprio attorno al Bioindustry Park di Ivrea, nato alla fine degli anni ‘90 con una governance pubblico-privata (rispettivamente al 69% e al 31%) che unisce produzione e ricerca. «Abbiamo cercato di coniugare capacità industriale a interesse generale – spiega Andrea Gremmo, site manager del parco -, creando un ponte tra ricerca e industria e garantendo l’attrazione di aziende e investimenti a favore dello sviluppo del territorio». Bracco, Novartis, Siemens, Merck. Tutte queste multinazionali hanno oggi un avamposto a Colleretto Giacosa e Pavone Canavese, alle porte di Ivrea, dove nasce il distretto. «Il fatto stesso che queste aziende fossero in Piemonte ha permesso di attrarre giovani talenti e far crescere gli investimenti», spiega Altruda.Un effetto calamita che ha portato per esempio Advanced Accelerator Applications, start-up innovativa fondata nel 2002 come spin-off del Cern a quotarsi al Nasdaq nel 2015 per poi essere acquisita da Novartis nel 2018. «Nel nostro polo, grandi aziende e centri di ricerca del pharma operano a fianco di pmi, startup, istituzioni ed enti di formazione», dice Gremmo. Oggi l’ecosistema nel settore della salute in Piemonte conta circa 700 attori ed è coordinato dal polo di Innovazione regionale bioPmed, con oltre 90 associati tra università, grandi imprese, startup e pmi innovative. I settori spaziano dal farmaceutico al biomedicale per arrivare al diagnostico e al digitale. «Anche l’area piemontese dei trapianti è internazionalmente riconosciuta», dice Altruda.

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Tra i simboli di crescita la Cell Factory dell’Università di Torino, autorizzata dall’Aifa nel 2017, che permette di «passare dalla ricerca alla produzione di farmaci cellulari o cellule ingegnerizzate». Il dialogo con l’accademia è cruciale: gli incubatori (2i3T e I3P) e le università formano «ricercatori ben formati al «technology transfer», spiega la professoressa. Passaggio fondamentale per il successo delle startup. Un esempio viene da Novaicos ImmunoTherapeutics, uno spin-off dell’Università del Piemonte orientale e oggi guidata da ex manager del gruppo Novartis.

«Lavoriamo a molecole intelligenti per la regolazione dell’inibizione di tumori e abbiamo ricevuto l’approvazione di due brevetti in Ue, Usa, Canada e Cina», spiega Giovanni Cerutti, presidente e direttore generale di Novaicos. Un legame che sottolineano anche i big dell’industria: «Il nostro stabilimento di Ivrea – spiega Valentino Confalone, ad di Novartis Italia – lavora su radiofarmaci che rappresentano l’ultima frontiera della medicina nucleare di precisione in oncologia, e sono destinati a tutto il mondo». A segnare il passo da sempre è anche Diasorin, nata nel 1969 a Saluggia, in provincia di Vercelli, e oggi tra i più importanti player al mondo per l’industria della salute. Specializzata in diagnostica molecolare e immunodiagnostica, oggi l’azienda fattura circa 1,2 miliardi e ha circa 3mila dipendenti nel mondo. «Con il Piemonte abbiamo un rapporto strutturale – spiega il gruppo – collaboriamo con gli atenei e gli ospedali: questo accelera il time-to-market dei test di specialità e sostiene la pipeline».

Ad aggiungere un tassello importante di sviluppo è il comparto dei dispositivi medici, che tra Piemonte e Liguria, comprende circa 3mila aziende. «È il settore di cui vediamo l’espansione a vista d’occhio – spiega Antonio Conto di ChemSafe -. La nostra azienda si occupa degli aspetti regolatori e fattura 4 milioni all’anno. Da Parella, nel Canavese, arriva anche in America e Cina». È anche la collocazione che agevola la dimensione internazionale. «Il Piemonte ha una posizione geografica che la rende facilmente in contatto con la Francia e con il nord Europa». Una posizione geografica privilegiata che, unita alle competenze e agli investimenti in corso, finisce per consolidare il Piemonte come punto di riferimento europeo per l’innovazione biotecnologica. «Con la sua tradizione industriale e innovativa – dice Fabio Faltoni, presidente di Confindustria dispositivi medici -, il Nord Ovest deve essere protagonista di crescita per il settore e per il futuro del Paese».

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