Produzione, credito e lavoro: perché senza natura il sistema economico non regge


Il sesto Rapporto sul Capitale Naturale del MASE avverte: settori produttivi e credito legati a doppio filo ai servizi della natura. Chi non integra la sostenibilità rischia l’esclusione dai mercati

Il capitale naturale non è più solo una questione ambientale, ma un pilastro economico e finanziario che sostiene imprese, occupazione e credito. Il sesto Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia, pubblicato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), fotografa un legame stretto: il 72% delle aziende dell’area euro dipende da almeno un servizio ecosistemico, e quasi il 75% dei prestiti bancari alle imprese non finanziarie è concesso a realtà direttamente legate a questi servizi.

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Un quadro internazionale: dall’Accordo di Parigi al Global Biodiversity Framework

Il rapporto colloca l’Italia dentro un contesto globale che va dall’Accordo di Parigi all’Agenda 2030, fino al Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF), firmato da 196 Paesi. Obiettivo: un mondo “in armonia con la natura” entro il 2050, con traguardi intermedi come il 30×30 (proteggere il 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030).
Il Target 15 del GBF assegna a imprese e finanza un ruolo decisivo: fermare e invertire la perdita di biodiversità, aprendo la strada a un’economia rigenerativa.

Imprese e rischi concreti: dalla produzione al credito

Il legame tra ecosistemi e sistema economico è ormai evidente: agricoltura, turismo, manifattura ed energia dipendono dalla disponibilità di acqua, suolo fertile, impollinazione, pesca e stabilità climatica. Secondo la Banca Mondiale, il declino di questi servizi può ridurre il PIL globale di 2,7 trilioni di dollari entro il 2030.

Non solo produzione: anche il credito è in gioco. Le banche, infatti, stanno già integrando i Nature-Related Financial Risks (NRFR) nelle proprie valutazioni, così come avviene per i rischi climatici. L’accesso ai finanziamenti dipenderà sempre di più dalla capacità delle imprese di gestire i propri impatti e le proprie dipendenze dalla natura.

Opportunità economiche: rapporto costi/benefici 1:9

Il rapporto evidenzia come la riqualificazione ecologica possa generare enormi benefici. In Italia, 2,4 miliardi di euro di vantaggi a fronte di soli 261 milioni di costi: un rapporto costi/benefici di 1:9, tra i più favorevoli in Europa.
Le Nature Based Solutions (NBS) – infrastrutture verdi, rigenerazione urbana, turismo sostenibile, agricoltura intelligente – offrono co-benefici economici, sociali e culturali. Dalla riduzione dei rischi sanitari al benessere urbano, fino al rafforzamento del legame comunità-territorio.

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Fisco e finanza verde: il ruolo delle politiche pubbliche

Il documento dedica ampio spazio alla riforma fiscale ambientale, con l’obiettivo di eliminare i sussidi dannosi (SAD) entro il 2025 e rivedere l’IVA su combustibili fossili, fertilizzanti e pesticidi entro il 2030-2032. Crescono strumenti finanziari come green bond e pagamenti per servizi ecosistemici, che orientano i capitali privati verso la natura.
La Tassonomia UE è ormai la bussola per fondi pubblici e credito bancario: chi non si adegua rischia di restare fuori dai canali di finanziamento.

Raccomandazioni del Comitato per il Capitale Naturale

Il rapporto conclude con un pacchetto di indicazioni:

  • garantire coerenza normativa con gli articoli 9 e 41 della Costituzione;
  • armonizzare strumenti di monitoraggio;
  • rafforzare la contabilità ambientale e i dati sugli ecosistemi;
  • valutare benefici a lungo termine degli investimenti;
  • estendere il principio del Do No Significant Harm (DNSH), con deroghe temporanee per i settori in transizione;
  • istituire una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio per coordinare le politiche sul capitale naturale.

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