Economia del cratere, nove anni dopo il sisma: meno imprese ma più occupati


Ricostruzione, turismo e nuove filiere produttive spingono la ripresa dei comuni montani dell’Umbria

A nove anni dal terremoto del 2016, le cicatrici nel cuore dell’Appennino umbro-marchigiano restano ben visibili, ma i dati più recenti raccontano un quadro economico in lenta trasformazione. L’ultima indagine della Camera di Commercio dell’Umbria fotografa una realtà in chiaroscuro: se il numero delle imprese artigiane è diminuito, la solidità di quelle rimaste e la crescita degli occupati segnano un’inversione di tendenza rispetto al resto del Paese.

Nei 14 comuni montani del cratere umbro, dal 2015 a oggi, le imprese artigiane si sono ridotte dell’11% – un calo più marcato della media nazionale (-4%). Eppure, nello stesso periodo, gli addetti sono passati da 1.008 a 1.149, con un incremento dell’11% che contrasta con il -7% registrato a livello italiano. Un risultato che non nasce dal caso, ma dall’effetto combinato della ricostruzione, della domanda generata dai cantieri e dal ritorno dei flussi turistici in aree che, prima del sisma, vivevano di un’economia fragile e fortemente frammentata.

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Il boom nei servizi, freno in agricoltura

La crescita degli occupati si concentra soprattutto nell’accoglienza: alloggio e ristorazione hanno quasi raddoppiato i dipendenti in dieci anni, segnale evidente di una ripartenza del turismo di prossimità e dell’attrattività di borghi come Norcia, Cascia e Preci, che hanno saputo valorizzare il legame tra tradizione enogastronomica e paesaggio naturale. Più contenuto, invece, l’aumento negli altri comparti: la manifattura artigiana – un tempo trainata da falegnameria, lavorazione della pietra e piccole officine meccaniche – fatica a rinnovarsi, mentre l’agricoltura registra un andamento stabile, legato soprattutto alla produzione di legumi, tartufo e zootecnia da latte.

Dipendenti in aumento, meno lavoro familiare

immagine tratta da Valnerina web

Un altro dato rilevante è la trasformazione del lavoro: gli occupati crescono soprattutto tra i dipendenti (+39%), mentre calano i collaboratori familiari (-20%), segno di un progressivo abbandono del modello d’impresa “familiare” e di una maggiore strutturazione delle aziende. In altre parole, meno microimprese improvvisate, più realtà solide in grado di generare occupazione stabile.

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L’eccezione Spoleto

La fotografia positiva del cratere conosce però un’eccezione significativa: Spoleto. Qui, nonostante il peso del turismo culturale e di eventi come il Festival dei Due Mondi, il numero degli addetti nelle imprese artigiane è rimasto sostanzialmente invariato, con una crescita inferiore all’1%. Un dato che conferma come la città viva dinamiche economiche diverse rispetto ai comuni più colpiti dal sisma.

Un’economia che si riorganizza

Il quadro generale mostra una transizione: da un tessuto produttivo disperso, fragile e numeroso a un sistema più selettivo, con meno imprese ma più strutturate. La spinta della ricostruzione ha certamente gonfiato i numeri dell’occupazione, ma a fare la differenza negli ultimi anni è anche il turismo, tornato ad essere un motore economico grazie alle reti escursionistiche, al rilancio dei prodotti tipici e alle politiche di promozione territoriale.

Restano però sfide aperte: infrastrutture ancora carenti, spopolamento dei centri storici, difficoltà a trattenere i giovani e una burocrazia che rallenta la rinascita. Tuttavia, il dato positivo sugli occupati rappresenta un segnale incoraggiante: il cratere non è più solo un luogo di emergenza, ma un laboratorio di resilienza economica.



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