Il Pd prosegue il corteggiamento verso gli industriali. Ieri alla festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia è arrivato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Non accadeva dal 2019, quando Vincenzo Boccia era andato alla festa di Ravenna sotto la segreteria Zingaretti.
ORSINI ERA GIÀ STATO a luglio a Roma alla conferenza dei dem sulle politiche industriali. Quella volta con Schlein non si erano incontrati (lei lo aveva invitato al Nazareno pochi giorni dopo), ieri sera è arrivata a fine dibattito per un rapido saluto. Gli onori di casa li ha fatti il responsabile economico Antonio Misiani, che con Orsini ha un dialogo avviato da tempo, anche se il numero uno degli industriali ci tiene a precisare, appena arrivato, che «noi dialoghiamo con tutti i partiti».
Misiani spara a zero contro il governo, assicurando che il centrosinistra ha tra i suoi primi obiettivi quello di «fermare la deindustrializzazione dell’Italia». Ricorda che la produzione di auto e veicoli è scesa al livello del 1956, parla della tante imprese in difficoltà, dalla chimica al tessile alla pelle. «Il governo dovrebbe parlare con le parti sociali, non galleggiare o fingere che vada tutto bene». Meloni a Rimini non ha neppure nominato la parola “dazi”, la destra non parla mai di politiche industriali o di come rilanciare la domanda interna. A fine 2025 finiscono tutti gli incentivi per le imprese».
Orsini però non raccoglie. Le sue critiche sono tutte contro la commissione europea, a partire dal tema dell’automotive: «Si è fatto di tutto per distruggere l’industria europea dell’auto, per far scappare le imprese. La commissione Ue deve cambiare rotta». Ce l’ha col green deal, in primo luogo. Misiani tenta di ricordargli che altri paesi Ue, come la Spagna, hanno costi dell’energia inferiori e un piccolo aumento della produzione di auto. E che dunque ci sono colpe che sono tutte di palazzo Chigi e della premier. «Il fondo per l’auto è stato tagliato da questo governo del 75% proprio nel momento di massima crisi del settore», incalza il dem. Ma c’è poco da fare. Orsini loda quanto fatto dal governo con la Zes (zona economica speciale) del sud, e chiede che «nella manovra le imprese siano al centro».
Si avvicina la trattativa con Meloni e Giorgetti, e Orsini non vuole partire col piede sbagliato. E di fronte al tema dell’energia rilancia sul nucleare caro alla destra: «Lo so Antonio che non sei d’accordo, ma noi siamo per i micro-reattori, siamo anche disponibili a installarli nei distretti industriali così non disturbano i sindaci». Misiani non ci sta: «Io sono il meno antinuclearista nel Pd, ma ci vorrebbero almeno 15 anni prima di avere le nuove centrali. Mentre non siamo ancora riusciti a smaltire le vecchie scorie. Cosa facciamo nel frattempo?».
I due sono d’accordo sul sostegno a eolico e fotovoltaico. «I sindaci non vogliano gli impianti», protesta Orsini. «Bisogna darsi una mossa», rincara Misiani «basta con la sindrome Nimby per cui nessuno vuole gli impianti nel suo Comune».
NEPPURE SUI DAZI il numero uno di Confindustria se la sente di criticare Meloni per l’atteggiamento morbido verso Trump. «I dazi ci preoccupano, ma quello che preoccupa di più è il cambio euro-dollaro. È quella la grande differenza che ci toglie competitività», dice Orsini. «Gli analisti ci dicono che il cambio potrebbe arrivare al 20% l’anno prossimo a marzo, e l’Ue non sta facendo niente per attrarre capitali».
«Con il Pd abbiamo ragionato su competitività e investimenti e continueremo a farlo», ripete Orsini, da buon ospite. Però non si entusiasma per le proposte dem per la manovra. «Salario minimo, equo compenso, rinnovo dei contratti, vogliamo misure per aumentare il potere d’acquisto degli italiani». E anche «sostegno alle imprese che vogliono investire», dice il deputato dem. «Ma, caro Orsini, gli aiuti devono essere condizionati a obiettivi sociali e ambientali». «Le imprese europee e italiane sono le più green del mondo», ribatte l’industriale.
IN SERATA IL DIBATTITO sulla crisi di Gaza con Romano Prodi, Peppe Provenzano e l’ex premier israeliano Ehud Olmert (in video l’ex ministro palestinese Nasser Al Qudwa). Olmert parla di negoziati per arrivare a due stati e prende ancora una volta le distanze dalle azioni criminali di Netanyahu. Un gruppo di giovani palestimesi, una quindicina, dell’Assemblea reggiana per la Palestina, arriva in sala con bandiere e cori «Free Palestine» e «Israele assassino». «Il Pd sbaglia a invitare Olmert, quando era premier ha guidato l’operazione Piombo fuso, lui non è diverso da Netanyahu». Ci sono alcuni momenti di tensione con i volontari del Pd. Dopo poco gli attivisti lasciano la festa molto arrabbiati. «Non ci hanno lasciato parlare, un evento come questo serve solo a normalizzare il genocicio in corso».
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