Bruxelles vuole finanziare l’industria militare ucraina con 6 milioni presi dai fondi congelati di Mosca. Però c’è un problema di tempistica: Kiev innova nel campo militare a una velocità da paese in guerra, per cui nuove soluzioni vengono immesse subito sul campo di battaglia, vengono testate e se non funzionano si scartano
La guerra in Ucraina e la difesa europea sono stati due temi centrali del discorso sullo Stato dell’Unione tenuto da Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione ha ribadito la necessità di maggiori investimenti in difesa per l’Ue e ha svelato una serie di iniziative a sostegno di Kiev. Tra queste, la creazione di un’alleanza dei droni tra l’Ue e Kiev a cui Bruxelles è intenzionata a destinare 6 miliardi «affinché l’Ucraina mantenga il proprio vantaggio competitivo con la Russia e l’Europa rafforzi il proprio».
A sostenere l’alleanza saranno i profitti generati dai beni russi congelati sui conti bancari europei. In Ue ci sono circa 210 miliardi di euro della Banca centrale russa bloccati che continuano a maturare interessi e rendimenti da investimenti che ammontano generalmente tra 2,5 e i 3 miliardi di euro all’anno.
Sul campo di battaglia
Ad oggi si hanno poche informazioni sulla natura dell’alleanza tra Ue e Ucraina, ma è possibile fare alcuna valutazioni. Prima di tutto, è difficile che questa iniziativa sposti la produzione di droni ucraini sul territorio europeo. Almeno per il momento. «L’Ucraina innova nel campo militare a una velocità da paese in guerra, quindi senza vincoli giuridici e sotto l’urgenza di fermare l’avanzata russa, per cui nuove soluzioni vengono immesse subito sul campo di battaglia, vengono testate e se non funzionano si scartano. Anche quelle che funzionano vengono poi cambiate o aggiornate per rispondere alle contromisure russe», spiega Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa, sicurezza e spazio dell’Istituto Affari Internazionali (Iai). Questa velocità nella produzione e nell’aggiornamento si applica principalmente ai droni, impiegati in una quantità massiccia e con una varietà di compiti sempre più ampia.
L’Unione europea, invece, ha bisogno di tempistiche più lunghe per definire quali progetti portare avanti, come allocare i fondi e per poterli poi erogare. Per questo motivo l’Ue ha preferito assicurare all’Ucraina un flusso di finanziamenti costante e prevedibile per il lungo periodo, arrivando a spendere quasi quanto gli Stati Uniti, ma senza le fluttuazioni che hanno caratterizzato sia l’amministrazione Biden che quella Trump. «La Drone Alliance va tradotta in termini molto pragmatici. Pragmatismo è prendere gli interessi dei beni russi e finanziare lo sviluppo tecnologico e produttivo di aziende ucraine che riforniscono le forze armate ucraine al fronte, ma che un domani possono rifornire in parte le aziende europee e le forze armate europee», evidenzia Marrone.
Attingere ai fondi russi permette all’Ue di agire rapidamente senza gravare sul bilancio comunitario, oltre a dare una prospettiva finanziaria per le forze armate e per l’industria ucraina. «Il passo ulteriore che è auspicabile, ma più complesso, è di avviare partnership tra le imprese ucraine e quelle dei paesi Ue o anche non-Ue, come la Gran Bretagna. Le imprese europee hanno capacità tecnologiche più ampie anche in un’ottica multidominio (quindi aerea, terrestre, navale, spaziale, cibernetica) che si può integrare con l’innovazione e l’agilità di alcune delle imprese ucraine di droni».
Procedure e costi
Un simile scenario però non è al momento possibile. Portare la produzione in Europa vorrebbe dire imporre delle procedure più rigide rispetto a quelle in vigore in un paese in guerra e rallentare anche la velocità di innovazione e adattamento alle esigenze sul terreno, senza contare i costi più elevati. Allo stesso tempo, per un’azienda europea aprire una sede in Ucraina presenta al momento non pochi problemi sul fronte della sicurezza. In ogni caso, una strategia industriale di questo tipo dovrebbe essere portata avanti dai paesi membri, più che dall’Ue, dato che sono le forze armate dei singoli Stati a stabilire quali droni acquistare in base alle proprie esigenze.
L’alleanza annunciata da von der Leyen potrebbe anche rientrare nella cosiddetta strategia del porcospino d’acciaio, che mira a rendere l’Ucraina un muro tra l’Ue e la Russia grazie al rafforzamento della sua forza militare. «Proteggere le infrastrutture critiche, la popolazione civile ucraina e lo spazio aereo anche con i droni e una difesa integrata vuol dire congelare il fronte ed incentivare così Putin a trovare un accordo per il cessate il fuoco», spiega Marrone. «Si parla di alleanza perché si condivide un obiettivo, degli interessi comuni e quindi questo impegno va anche a beneficio dell’Europa».
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