la montagna di debito che non spaventa i mercati « LMF Lamiafinanza


Anche se alla guida degli Stati Uniti si alternano amministrazioni diverse, una cosa non cambia mai: il debito federale continua ad aumentare. Solo negli ultimi cinque anni fiscali, il disavanzo cumulato del governo americano ha superato i 10.000 miliardi di dollari. Per avere un’idea di quanto sia questa cifra, basta un confronto: la Germania – terza economia mondiale – impiega circa due anni per generare un Pil di quella portata. In altre parole, gli USA hanno accumulato in cinque anni il doppio del debito annuo tedesco. In tal senso, il governo degli Stati Uniti occupa una posizione del tutto eccezionale. Dopotutto, non c’è nessuna azienda o Stato al mondo che “attinga” ai mercati dei capitali nella stessa misura.

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Quando si parla del debito pubblico americano, le cifre fanno girare la testa. In realtà, però, il tema è alquanto complesso. Se si considera solo il debito federale, escludendo i prestiti tra agenzie governative, il debito è di 28.837 miliardi di dollari. Includendo anche i prestiti interni tra enti pubblici, ammonta a 36.219 miliardi di dollari. Infine, la somma raggiunge i 35.295 miliardi di dollari se si considera l’indebitamento dell’intera nazione, che somma anche i debiti di Stati federati e municipalità, pur escludendo i prestiti tra agenzie ed enti governativi. I media riprendono spesso tutte e tre le versioni. A seconda del tema trattato, infatti, una definizione può risultare più calzante dell’altra. Tuttavia, osservando la portata di tutte e tre le dimensioni del debito, una cosa è certa: gli Stati Uniti detengono il record mondiale del debito pubblico.

A fine 2024, gli investitori esteri detenevano 8.513 miliardi di dollari in titoli di Stato americani, attratti dal ruolo del dollaro e dai rendimenti competitivi. Il Giappone è il principale detentore, con oltre 1.060 miliardi di dollari in Treasury USA. La quota di titoli detenuta da stranieri, pari al 30%, è simile a quella di Canada e Regno Unito, mentre Francia e Australia hanno una percentuale più elevata (rispettivamente 54% e 47%). Al contrario, il Giappone risulta meno attraente, con solo il 10% dei suoi titoli di Stato in mani estere. Che siano americani o stranieri, gli investitori sono fondamentali. Solo nel 2025, scadranno titoli di Stato USA per 9.261 miliardi di dollari: quasi un terzo del totale, che va quindi rifinanziato. Una cifra che impone una notevole dinamicità sul mercato dei titoli di Stato americani, ma che non sembra motivo di particolare preoccupazione. Nei primi anni 2000, la quota di Treasury in scadenza entro i dodici mesi successivi superava il 40%.

In realtà, l’emissione massiccia e regolare di titoli di Stato è una prassi del tutto normale sui mercati. Naturalmente, i Treasury a breve termine vengono rinnovati più spesso, comportando un fabbisogno di rifinanziamento più frequente. In questo contesto, c’è un aspetto da non dimenticare: gli investitori che detenevano titoli di Stato in scadenza con tutta probabilità manterranno il loro impegno e continueranno a investire anche nei nuovi titoli emessi. Infatti, se non intendessero continuare a investire nei Treasury, avrebbero già potuto vendere in precedenza queste obbligazioni altamente liquide.

La risposta è meno chiara di quanto farebbero pensare le teorie semplificate. È ovvio che più debito significa più interessi da pagare, quindi meno soldi disponibili per altri scopi. In un contesto di tassi in aumento, un debito elevato può comportare costi per interessi in rapida crescita, come osservato negli ultimi anni. Negli esercizi dal 2021 al 2024, infatti, la spesa per interessi netti del governo americano è aumentata del 150%, passando a 881 miliardi di dollari all’anno. E oggi continua a crescere. I nuovi debiti generano a loro volta nuovi costi per interessi, mentre i titoli emessi durante il periodo dei tassi bassi vanno ora rifinanziati a condizioni peggiori.

Microcredito

per le aziende

 

Ma, sorprendentemente, questi costi non hanno frenato l’azione politica. Nonostante il debito abbia raggiunto circa il 120% del prodotto interno lordo (PIL), gli USA non hanno avuto problemi a finanziarsi. Negli ultimi anni, tutti i disavanzi sono stati finanziati senza difficoltà. Dopotutto, l’offerta di titoli di Stato resta alta, ma la domanda è sempre stabile. Eppure, il bilancio federale statunitense al momento appare tutt’altro che solido. Al netto degli interessi, il disavanzo complessivo degli Stati Uniti ha raggiunto nel 2023 e 2024 un notevole 7% del PIL. Anche il deficit primario – che esclude i costi per interessi – si è attestato su livelli elevati, superando il 3% del PIL in entrambi gli anni. Nel breve termine, quindi, un debito pubblico elevato non rappresenta necessariamente un limite, nemmeno in un contesto di tassi in aumento.

Nel lungo periodo, però, debito crescente e tassi in salita non sono una buona combinazione. Al momento, comunque, la media dei tassi sui titoli di Stato americani è ancora bassa, rispetto al passato. È vero che è salita dall’1,6% al 3,3% in quattro anni, ma se si guarda non solo agli ultimi quattro anni, bensì agli ultimi 24, si nota che l’attuale rendimento medio del 3,3% è circa la metà di quello di allora, quando superava il 6%. Nel lungo periodo, la sostenibilità del debito non si misura solo in base all’ammontare assoluto o alla percentuale sul PIL. I fattori chiave sono anche una crescita economica solida e un livello di tassi d’interesse sufficientemente basso. E finora in questo senso gli USA non hanno sbagliato un colpo. In futuro però tutto dipenderà (anche) da scelte intelligenti di politica economica e monetaria, sia da parte dei presidenti che dei banchieri centrali.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio