Aziende italiane, è allarme fallimenti: mai così tanti dal 2012


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Nel 2024 si è registrato un netto peggioramento nel tessuto imprenditoriale italiano: i fallimenti aziendali sono cresciuti del 19,8 per cento, passando da 7.651 nel 2023 a 9.162 nel 2024. Questo risultato colloca l’Italia tra i Paesi europei maggiormente colpiti in un contesto globale segnato da instabilità e difficoltà economiche.

Un trend preoccupante anche in Europa

A livello mondiale, in circa il 65 per cento delle economie le insolvenze sono aumentate, il dato più alto registrato dal 2012. In Italia, il quadro resta critico, non solo per i numeri assoluti, ma anche per i fattori strutturali che lo alimentano: tassi di interesse elevati, redditività in calo e una transizione normativa complessa.

Cresce l’adozione di strumenti per la crisi d’impresa

Nel 2024 si è osservato un aumento del diciassette virgola due per cento nei casi di procedure concorsuali fallimentari, passando da 7.848 a 9.194 casi. Il Nord-Ovest è l’area più colpita, con 2.803 casi (pari al 30 per cento del totale), seguito da Centro (24,3 per cento), Sud (19 per cento), Nord-Est (17,6per cento) e Isole (8,7 per cento). Le società di capitali rappresentano l’82 per cento delle imprese fallite, soprattutto nel settore dei servizi (35 per cento).

I comparti maggiormente esposti alla crisi sono le Costruzioni (più 25,7 per cento) e l’Industria (più 21,2 per cento), con picchi nei Metalli (più 48,4 per cento) e nel Sistema Moda (più 41,1 per cento). Resistono invece i settori Chimico-Farmaceutico (meno 9,1 per cento), Largo Consumo (meno 6,5 per cento) e Infotainment (meno 0,5per cento).

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Parallelamente, le liquidazioni volontarie hanno superato le 119.000 unità nel 2024, crescendo del 12,7 per cento rispetto al 2023. Nelle società di capitali la crescita è stata del 26,5 per cento. Anche i nuovi strumenti previsti dal Codice della Crisi d’impresa sono in forte espansione: i casi di nuove procedure sono aumentati del 36,4 per cento, passando da 1.177 nel 2022 a 4.389 nel 2024, con particolare diffusione nelle Isole e nel Nord-Est.

Il confronto storico

Dal 2012, quando i fallimenti furono 11.625, si è arrivati nel 2014 a un picco di 14.735, per poi calare progressivamente fino al 2020. Durante quell’anno, nonostante un Pil in discesa dell’8,9 per cento, i fallimenti sono diminuiti del 32,1 per cento (7.160 casi), effetto delle misure emergenziali legate alla pandemia, come moratorie, sussidi e blocco dei licenziamenti. La ripresa nel 2021 segnò un aumento del 36,2 per cento (9.755 casi), mentre nel 2023 si toccò un minimo storico con appena 1.093 fallimenti.

Un 2025 con più ombre che luci

I segnali di peggioramento proseguono nel 2025: nel secondo trimestre le liquidazioni giudiziali sono cresciute del 18 per cento, con 2.712 imprese coinvolte rispetto allo stesso periodo del 2024. Il trend diventa ancora più evidente se confrontato con il 2023, segnando un aumento del 33 per cento in due anni. I settori più colpiti sono il commercio (più 16 per cento), l’edilizia (più 22 per cento) e i servizi (più 8 per cento).

Geograficamente, nel primo trimestre 2025 la Lombardia guida con 543 liquidazioni giudiziali, seguita da Lazio (400) ed Emilia-Romagna (239): insieme rappresentano il 43,5 per cento del totale nazionale. Nel secondo trimestre si sono registrati inoltre 129 concordati preventivi, in aumento del 36 per cento rispetto ai 94 dello stesso periodo del 2024.



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