produttività in Italia ferma dal 2019. In 30 anni +0,2% annuo, freno ai salari


L’Italia cresce in occupazione, ma resta ferma sulla produttività. È il messaggio del primo Rapporto annuale sulla produttività del Cnel, redatto dal Comitato nazionale produttività istituito su richiesta dell’Unione europea e presentato oggi.

Il documento segnala che, dal 1995 al 2024, la produttività italiana è aumentata in media dello 0,2% annuo, contro l’1,2% nell’UE27. Germania (1%), Francia (0,8%) e Spagna (0,6%) hanno fatto nettamente meglio. Dopo un parziale recupero nel periodo 2009-2014 (+0,6%), la crescita si è sostanzialmente arrestata: +0,1% nel quinquennio 2014-2019 e altrettanto tra il 2019 e il 2024.

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Eppure, tra il 2022 e il 2024 l’Italia ha registrato risultati positivi in termini di PIL, occupazione ed export, nonostante il contesto internazionale difficile. Ma questa dinamica non si è tradotta in un miglioramento della produttività. La spiegazione, scrive il Cnel, sta in una combinazione di fattori strutturali: forza lavoro poco qualificata e in rapido invecchiamento, prevalenza di microimprese (il 94,7% con meno di 10 addetti), ritardo negli investimenti intangibili e digitali.

Negli ultimi anni le imprese, spinte dall’aumento del costo del capitale e dallo shock dei prezzi del 2022-23, hanno preferito espandere il fattore lavoro – relativamente più conveniente – piuttosto che investire in beni capitali. L’occupazione è così aumentata (+4,4% nel quinquennio 2019-2024, quasi il doppio della media UE), ma soprattutto in settori a basso valore aggiunto come costruzioni, ristorazione, sanità e assistenza. Il risultato: nel 2024, a fronte di un +1,6% degli occupati, la produttività per lavoratore è scesa dello 0,9%.

Sul fronte delle competenze il quadro è ancora più preoccupante. Solo il 16% dei lavoratori italiani ha skill digitali avanzate (contro circa il 30% in Germania e Francia) e appena il 15% dei laureati proviene da discipline Stem, contro una media UE del 26%. Inoltre, il tasso medio di crescita degli investimenti intangibili tra il 2013 e il 2023 è stato inferiore al 2,5% annuo, contro il 4,7% in Francia, il 6,1% in Svezia e il 5,8% negli Stati Uniti.

Il Rapporto avverte il rischio di un circolo vizioso: salari bassi scoraggiano gli investimenti in ICT e capitale intangibile, riducono la domanda di competenze e alimentano la stagnazione di produttività e salari. Per invertire la rotta servono politiche pubbliche mirate a rafforzare competenze, innovazione e crescita dimensionale delle imprese, in un approccio “sistemico e coordinato” che riduca anche i divari territoriali.

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Il documento sarà discusso il 16 settembre a Londra, al Global Productivity Forum dell’Ocse, il principale appuntamento internazionale sul tema.





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