La rivoluzione digitale non è solo un tema di software e robot. È una questione di cultura, di alleanze, di territorio. E proprio in Triveneto, dove convivono distretti molto produttivi e Pmi fragili, il Competence Center Smact gioca una partita cruciale: aiutare le imprese a scegliere (e non subire) l’innovazione. Ce lo ha detto Eleonora Di Maria, di recente nominata presidente dello Smact, succedendo a Massimo Guglielmi. Eleonora Di Maria resterà in carica per tre anni. Docente ordinaria di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Padova, si occupa di innovazione, digitalizzazione e sostenibilità nelle Pmi, con focus al manifatturiero. È anche presidente del centro universitario Vsix per la connettività. Ma cos’è lo Smact? É un centro di competenza che supporta le Pmi del Triveneto nell’innovazione digitale. Ascolta i bisogni delle imprese, propone tecnologie come IA, sensori, cloud e digital twin, le connette a esperti e le accompagna nello sviluppo dei progetti. È anche un ecosistema con oltre 100 partner tra università, centri di ricerca, aziende tecnologiche e imprese. Tra gli atenei figurano Università di Padova, Trento, Verona, Ca’ Foscari, Udine e SISSA; tra i circa 50 tech provider Tim, EnginSoft, BeanTech e Omitech. C’è Considi, società di consulenza aziendale e organizzativa. Ancora, Smact emette bandi, per offrire sostegno a progetti di ricerca. Infine, con iniziative come Iriss (Innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale), cofinanziate dal Mimit, le aziende possono accedere a finanziamenti parzialmente a fondo perduto.
Ma cosa significa per Eleonora Di Maria aiutare le imprese a scegliere l’innovazione? Significa guidarle passo dopo passo nel capire quali tecnologie servono davvero, evitando investimenti inutili o mode del momento. Vuol dire non proporre soluzioni standard, ma accompagnare ogni impresa a trovare quella più utile in base ai suoi bisogni reali. Come dice Eleonora Di Maria, «quello che conta è partire da un bisogno concreto, non dalla tecnologia in sé». In pratica, Smact crea connessioni tra chi ha un problema e chi ha la soluzione, come le citate università e i tech provider.
L’obiettivo del nuovo presidente? È quello di «costruire un sistema imprenditoriale più competitivo e sostenibile, capace di attirare talenti e nuove opportunità. Il tutto senza perdere il legame con il territorio. Per me, questo sarebbe il vero successo del mio mandato», afferma Eleonora Di Maria.
D: Di recente Lei ha parlato della necessità di accelerare la trasformazione digitale delle imprese. In che modo Smact intende concretamente accompagnare le PMI in questo percorso, soprattutto quelle meno strutturate?
R: Uno dei principali temi per le Pmi oggi è la trasformazione digitale, legata all’evoluzione dall’Industria 4.0 alla 5.0. Un cambiamento necessario per restare competitivi, non solo nella produzione, ma anche nel rapporto con il mercato e nella gestione di filiere globali. Le Pmi però partono da livelli digitali molto diversi. Le più piccole, con meno risorse economiche, tecnologiche e di competenze, hanno bisogno di un supporto graduale. Smact le affianca con percorsi che combinano formazione, analisi, progettazione e consulenza personalizzata, per integrare concretamente le tecnologie nei loro processi. Ma la dimensione non è l’unico fattore da considerare.
D: Ci sono altri fattori da considerare oltre alle dimensioni, in vista della trasformazione digitale delle Pmi?
R: Alcune Pmi mostrano una visione strategica e un’alta propensione all’innovazione. In questi casi, Smact offre un supporto avanzato per sviluppare progetti complessi e su misura. Diventiamo facilitatori, connettendo le imprese a un ecosistema di partner e attori tecnologici sul territorio, per creare soluzioni integrate. Non si tratta solo di adottare l’IA, ma di usarla per ripensare prodotti o modelli di business. Serve progettazione, integrazione di competenze e una visione a lungo termine. In questo ruolo, Smact è più di un accompagnatore: è un’istituzione a sostegno dell’innovazione.
D: Smact conta oltre 100 partner tra università, centri di ricerca e aziende. Qual è, secondo lei, il vero punto di forza di questo ecosistema? E come intende valorizzarlo ulteriormente?
Grazie alla collaborazione con oltre 80 partner tra università, centri di ricerca e aziende, Smact offre servizi su misura come scouting di soluzioni tecnologiche, supporto nella raccolta e utilizzo dei dati, percorsi di formazione pratica e test tecnologici.
R: L’ecosistema di Smact riunisce partner con competenze diverse ma complementari. La forza sta proprio in questa varietà: il mondo accademico porta conoscenze avanzate e soluzioni mirate per le imprese, mentre i tech provider offrono tecnologie concrete. Smact fa da ponte tra innovazione e applicazione, valorizzando il network con servizi, bandi e stimolando collaborazione. Oggi le sfide digitali si affrontano combinando più soluzioni, non con una sola tecnologia. Per questo è essenziale lavorare in rete, costruendo progetti integrati. Un ruolo centrale lo hanno anche le aziende manifatturiere, o “user”, all’interno dell’ecosistema.
D: Perché queste aziende manifatturiere rappresentano un elemento chiave?
R: Queste imprese, oltre a ricevere supporto da Smact per progetti innovativi, diventano esempi concreti per altre realtà, mostrando come il digitale trasformi i processi produttivi. Così Smact rafforza il suo ruolo di facilitatore, promuovendo una cultura di collaborazione tra imprese, ricerca e tecnologia.
D: Si può dire che sono aziende flagship?
R: Sì, possiamo definirle così. Lo confermano progetti come Iriss, finanziati anche dal Mimit, in cui uniamo esigenze delle imprese, competenze tecnologiche e ricerca per sviluppare soluzioni innovative. Non si tratta solo di introdurre tecnologie, ma di usarle per migliorare efficienza, competitività e creare nuovi prodotti. Queste aziende diventano casi concreti di come il digitale generi valore. Per questo Smact punta sempre più sulla comunicazione dei risultati: mostrare l’impatto reale dei progetti è fondamentale per aumentare consapevolezza e stimolare nuove adesioni all’innovazione.
D: Con il rinnovamento della governance, quali saranno i principali cambiamenti operativi o culturali che intende promuovere all’interno di Smact?
R: Come nuovo Consiglio di Gestione siamo appena partiti, ma abbiamo già discusso alcune priorità. Diventa importante rendere più chiaro e visibile il valore di Smact sul territorio, sia nei servizi offerti sia come punto di riferimento per l’innovazione. Stiamo ragionando su come rafforzare l’ecosistema, valorizzando competenze e connessioni esistenti, e sviluppare nuovi servizi mirati alle esigenze delle imprese, con attenzione ai cambiamenti tecnologici e industriali. L’obiettivo è fare di Smact un hub sempre più riconosciuto nel Nord-Est per la trasformazione digitale. Sarà secondo me necessario guardare anche a temi emergenti come la sostenibilità, dove il digitale può offrire strumenti chiave.
D: Come vede l’evoluzione da Industria 4.0 a Industria 5.0, in termini di equilibrio tra automazione e centralità umana? Quale ruolo può giocare Smact in questa transizione?
R: Il passaggio da Industria 4.0 a 5.0 segna un’evoluzione importante: non si parla più solo di automazione e produttività, ma di mettere la persona al centro. Se la 4.0 puntava sull’efficienza, la 5.0 valorizza competenze, creatività e intelligenza umana. Introdurre nuove tecnologie richiede quindi anche un cambiamento culturale e organizzativo. La formazione e il coinvolgimento delle persone diventano essenziali: non basta adottare strumenti digitali, serve renderle protagoniste del cambiamento. Le tecnologie possono liberare da compiti ripetitivi e lasciare spazio ad attività a maggiore valore aggiunto. Questo è cruciale soprattutto per le piccole imprese, dove ogni cambiamento ha un impatto diretto. Il ruolo di Smact è accompagnare le imprese non solo sul piano tecnologico, ma anche umano e organizzativo, costruendo percorsi in cui le persone siano parte attiva dell’innovazione.
D: C’è un forte mismatch tra domanda e offerta di competenze digitali. Come pensa che Smact possa contribuire alla formazione di nuove figure professionali realmente pronte per il futuro?
R: Lo sviluppo delle competenze digitali è cruciale e va affrontato su più livelli. Da un lato, è essenziale aggiornare chi già lavora, soprattutto i profili tecnici, per potenziare l’uso degli strumenti digitali. SMACT promuove già attività formative in questa direzione. Dall’altro lato, è strategico formare nuove figure professionali. Grazie alla collaborazione con università e centri di ricerca, e ai progetti sviluppati con le imprese, Smact intercetta le competenze più richieste, aiutando a orientare la formazione. Un altro aspetto chiave è l’attrattività del territorio: molti giovani qualificati lasciano il Nord-Est. Smact può diventare un attore tra gli altri a contribuire a invertire questa tendenza, rendendo visibili le opportunità legate all’innovazione e creando un ecosistema capace di trattenere i talenti.
D: La trasformazione digitale e la sostenibilità devono andare di pari passo. In che modo Smact integra o intende integrare la sostenibilità nei propri progetti di innovazione?
R: La sostenibilità è già parte dei progetti Smact, soprattutto nella Transizione 5.0, dove digitale e sostenibilità si uniscono per migliorare efficienza energetica, risparmio e ottimizzazione dei processi. È un ambito su cui continueremo a investire, anche ascoltando i bisogni del territorio. Nel nostro ecosistema ci sono realtà che integrano innovazione e sostenibilità, ma il potenziale è ancora ampio. Smact vuole non solo offrire servizi, ma anche aumentare la consapevolezza sulle possibilità concrete offerte dal digitale per l’ambiente. Spesso, anche investimenti orientati al business portano benefici ambientali. Puntiamo proprio su questo legame: innovazione e sostenibilità non sono percorsi separati, ma alleati.
D: Lei ha esperienza in progetti con enti pubblici e privati. Qual è, secondo lei, la chiave per una collaborazione efficace tra questi mondi, spesso troppo distanti?
Eleonora di Maria ha diretto progetti di innovazione come responsabile del Centro Vsix, l’Internet Exchange dell’Università di Padova, lavorando sul tema delle infrastrutture digitali.
R: La chiave è partire da obiettivi condivisi e da una visione comune. Serve un dialogo concreto e il coinvolgimento diretto delle persone fin dall’inizio. Le collaborazioni funzionano quando si basano sulla fiducia e sulla costruzione di relazioni operative, dove ogni attore – pubblico o privato – porta il proprio valore. Spesso si pensa che il privato sia più innovativo o rapido, ma entrambi i mondi hanno punti di forza specifici. Se messi a sistema, possono generare risultati importanti. L’importante è lavorare insieme in modo pratico e valorizzare le competenze di ciascuno.
D: Quali sono, secondo lei, le tecnologie abilitanti su cui le Pmi italiane dovrebbero oggi investire con maggiore convinzione?
R: Non esiste una tecnologia valida per tutte le Pmi: ogni impresa deve partire da bisogni concreti. Tuttavia, alcune tecnologie sono oggi centrali. L’IA, ad esempio, è ormai fondamentale: consente di analizzare dati, ottimizzare decisioni e valorizzare informazioni già presenti in azienda. Ma serve anche maturità culturale e capacità di gestione del dato. Per questo è importante accompagnare le imprese nel percorso. Anche IoT e digital twin offrono grandi opportunità, specie nel manifatturiero. L’IoT rende i prodotti intelligenti e abilita nuovi servizi, anche in chiave sostenibile, come il passaporto digitale. Il digital twin aiuta a simulare e ottimizzare processi, utile per aziende strutturate. Infine, la blockchain resta una tecnologia da esplorare.
D: Cosa possono fare le Pmi con la blockchain?
R: La blockchain può essere molto interessante in contesti specifici, come il settore agroalimentare, dove è importante garantire la tracciabilità e la trasparenza. Magari non è la priorità per tutte le imprese, ma in alcuni casi può rappresentare un valore aggiunto.
D: Il Triveneto è una delle aree più produttive d’Italia, ma anche molto eterogenea. Quali leve specifiche Smact intende attivare per rafforzarne la competitività nel contesto globale?
R: Il Triveneto è ricco di specializzazioni comuni, come la meccanica, il legno e l’agroalimentare, ma ogni regione ha dinamiche proprie. Smact vuole valorizzare questa varietà, cogliendo le specificità locali e diffondendo le buone pratiche. L’eterogeneità è una risorsa: genera una domanda diversificata che la nostra rete di competenze può soddisfare. L’obiettivo è rafforzare servizi e soluzioni adattandoli ai diversi contesti, stimolando contaminazioni tra settori e territori. Così possiamo contribuire a rendere il Nord-Est più competitivo a livello globale.
D: Guardando ai prossimi tre anni del suo mandato, quale risultato la renderebbe più orgogliosa al termine della sua presidenza?
R: Vorrei che, alla fine del mandato, il territorio contasse imprese non solo più digitalizzate, ma anche più competitive, resilienti e sostenibili. Non si tratta solo di tecnologia, ma della capacità di affrontare scenari complessi e attrarre talenti e innovazione. Se Smact riuscisse a rafforzare un sistema imprenditoriale radicato, ma aperto e competitivo a livello internazionale, sarebbe per me il risultato più importante, oltre agli obiettivi specifici di digitalizzazione.
D: Lei ha un forte background accademico e scientifico, oltre a una lunga esperienza in progetti di trasformazione digitale e sostenibilità con imprese e istituzioni. Quali aspetti del suo percorso ritiene più determinanti per affrontare questa nuova sfida alla guida di Smact?
R: Sono docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Padova e da anni mi occupo di digitalizzazione, soprattutto nelle Pmi e nei sistemi manifatturieri locali. Ho affiancato a questi temi anche sostenibilità ed economia circolare, esplorando le connessioni tra digitale e transizione ecologica. Ho collaborato con imprese e istituzioni per capire come adottano la tecnologia, fin dai tempi della “New Economy”. Ho inoltre diretto progetti di innovazione come responsabile del Centro Vsix, lavorando sul tema delle infrastrutture digitali. La mia esperienza accademica, spesso in partenariato tra pubblico e privato, mi ha insegnato il valore delle reti: saper mettere insieme attori diversi sarà essenziale per rafforzare l’ecosistema Smact.
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