Da domani scatterà la scadenza per il payback sui dispositivi medici. Le aziende dovranno versare circa 520 milioni di euro per coprire il quadriennio 2015-2018. La norma, introdotta per compensare gli sforamenti dei tetti di spesa sanitaria, pesa direttamente sui bilanci delle imprese. Si tratta di un trasferimento rilevante di risorse dal settore privato alla finanza pubblica, con effetti immediati sulla liquidità.
Payback sanità, 520 milioni a carico delle imprese. Le ricadute economiche sul settore dei dispositivi
Il meccanismo non presenta criteri uniformi. Le Regioni applicano procedure differenti e non sempre tengono conto dello scorporo dell’IVA. Ne deriva un quadro frammentato, che rende difficile stimare con precisione gli importi da versare. Una variabile che incide soprattutto sulle piccole e medie imprese, meno strutturate per gestire incertezza e obblighi retroattivi.
L’impatto sui conti delle aziende
Il settore dei dispositivi medici rappresenta una parte significativa dell’industria italiana. Genera occupazione qualificata, investe in ricerca e sostiene esportazioni di valore. Con un fatturato annuo complessivo di circa 17 miliardi di euro, l’impatto di 520 milioni equivale a oltre il 3% dei ricavi medi del comparto. Una quota che, concentrata in un’unica scadenza, rischia di alterare gli equilibri di bilancio.
Il payback riduce la capacità di programmare investimenti e limita il margine operativo delle aziende. Per molte realtà significa rivedere i piani industriali e rinviare decisioni su nuove linee produttive. Il prelievo retroattivo rende più complessa la gestione del capitale circolante. Le imprese si trovano a dover immobilizzare risorse in tempi brevi, con conseguenze sui flussi di cassa. In diversi casi è necessario ricorrere al credito bancario, con un aumento dei costi finanziari. Il rischio maggiore riguarda la competitività internazionale: le aziende italiane devono sostenere un onere che i concorrenti esteri non affrontano.
Le difficoltà delle piccole e medie imprese
Le Pmi sono le più esposte. La struttura patrimoniale ridotta rende meno agevole assorbire un esborso di questa entità. Anche se formalmente coperte da un fondo di garanzia, devono comunque anticipare risorse importanti. Il rischio è un rallentamento della crescita e una riduzione della capacità di mantenere i livelli occupazionali.
Le grandi multinazionali dispongono di margini più ampi e di portafogli diversificati, mentre le realtà minori rischiano di ridurre la propria presenza sui mercati esteri. Questo scenario può portare a una progressiva concentrazione del settore, con effetti sulla concorrenza e sulla varietà dell’offerta.
Lo scenario economico e industriale
Il contesto internazionale non aiuta. I dazi statunitensi e la fase di rallentamento macroeconomico riducono ulteriormente lo spazio di manovra per le imprese. In questo quadro, l’obbligo di destinare 520 milioni al payback rappresenta un ulteriore fattore di pressione.
L’effetto non riguarda solo i bilanci delle singole aziende ma si riflette sull’intero sistema. Minori investimenti in ricerca significano minore innovazione tecnologica, con un impatto diretto anche sulla modernizzazione del Servizio sanitario nazionale. Il settore dei dispositivi destina in media il 7% del fatturato a ricerca e sviluppo: una percentuale che rischia di ridursi sensibilmente se quote rilevanti vengono assorbite dal payback. L’Italia potrebbe così perdere terreno rispetto ai Paesi che sostengono in maniera più decisa lo sviluppo di nuovi dispositivi e soluzioni mediche.
Prospettive di medio periodo
Il comparto esporta oltre il 40% della produzione, con mercati di riferimento in Europa e Nord America. Un ridimensionamento degli investimenti interni avrebbe effetti anche sull’export, riducendo la capacità di competere su qualità e innovazione. In un settore ad alta intensità tecnologica, la mancanza di stabilità normativa e finanziaria rischia di riflettersi sulla stessa attrattività del Paese per nuovi capitali esteri.
Il settore dei dispositivi medici ha cicli di innovazione rapidi e necessita di stabilità normativa per crescere. L’incertezza legata al payback introduce un fattore di instabilità che si riflette su tutta la catena del valore. Le aziende chiedono chiarezza e regole prevedibili per poter pianificare. La sostenibilità dei conti pubblici resta un obiettivo centrale, ma il trasferimento retroattivo di risorse dalle imprese rischia di avere costi economici rilevanti. Per l’industria significa meno investimenti, meno innovazione e minore competitività. Per il sistema Paese una riduzione di valore aggiunto e di capacità tecnologica in un comparto strategico.
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