Con l’introduzione dello standard europeo sui green bond, il mercato finanziario compie un ulteriore salto di qualità in termini di trasparenza, comparabilità e lotta al greenwashing. Negli ultimi anni, infatti, la finanza sostenibile è entrata in una fase di profonda evoluzione, guidata proprio dalle normative europee che stanno modificando il modo di operare delle banche e allargando lo spettro di informazioni rilevanti per i finanziamenti.
Il ruolo degli istituti è sempre più centrale nella trasformazione dei modelli economici. Da un lato, infatti, gli istituti di credito ricoprono un ruolo chiave nel finanziare progetti che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi ambientali e nello stimolare le imprese ad avviare percorsi di decarbonizzazione efficaci, dall’altro devono mantenere alta l’attenzione sui rischi climatici, come richiesto dalla BCE, per garantire la solidità del sistema economico-finanziario.
In tale scenario, UniCredit ha fissato obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione del proprio portafoglio, sviluppando modelli di valutazione dei rischi climatici e ambientali da integrare nei processi di credito. Al contempo la banca mette a disposizione dei clienti un team di advisory specializzato, capace di accompagnare le imprese nella definizione di strategie di transizione sostenibile e nella scelta degli strumenti finanziari più adatti, dai prestiti dedicati fino alle emissioni obbligazionarie.
In questa intervista, a margine della Sustainability Week di Euronext, Stefano Isolica, ESG Advisory, UniCredit, sottolinea le sfide regolamentari e operative che le banche affrontano nel promuovere strumenti finanziari a supporto della sostenibilità, in un contesto di crescente interesse da parte delle imprese italiane e degli investitori.
Oltre ai green bond tradizionali, quali strumenti finanziari innovativi stanno emergendo in Europa per supportare la transizione sostenibile?
Una delle principali novità nel mondo dei green bond è l’entrata in vigore del regolamento dell’Unione Europea che istituisce lo standard “European Green Bond”.
Rispetto agli standard di mercato che conosciamo, le principali caratteristiche dello strumento sono l’obbligo di allocare i proceeds su attività conformi alla Tassonomia Europea e l’obbligo di avere una revisione esterna pre-emissione da parte di un soggetto accreditato dall’ESMA. Va poi sottolineato che questo standard è volontario, ma nel caso in cui un emittente decida di utilizzare il formato, è legalmente tenuto a rispettare tutte le prescrizioni e tutti gli obblighi documentali (factsheet pre emissione, rendicontazione post emissione, notifiche all’ESMA, eccetera).
Con l’entrata in vigore della Tassonomia Europea, abbiamo già assistito a un progressivo aumento delle emissioni di green bond allocati su attività allineate alla tassonomia. L’entrata in vigore dello standard EU GB è un ulteriore passo del mercato verso una maggiore trasparenza verso gli investitori.
Il regolamento dell’European Green Bond prevede poi il Flexibility pocket. Gli emittenti hanno la possibilità di allocare fino al 15% dei proceeds su progetti conformi alla Tassonomia Europea, tuttavia non sono ancora stati definiti i Technical Screening Criteria per valutare l’allineamento. Per il momento, quindi nessuno degli emittenti di European Green Bond ha sfruttato questa possibilità, ma ci aspettiamo che questa opzione possa aiutare in futuro emittenti più piccoli o con limitata capienza di investimenti allineati alla tassonomia.
Infine, vale la pena ricordare che a luglio, la Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione che stabilisce linee guida per i modelli di informativa pre-emissione per gli emittenti di obbligazioni commercializzate come green o di obbligazioni sustainability-linked.
Questo nuovo strumento volontario offre un “gold standard” per gli emittenti che desiderano dimostrare il proprio impegno nei confronti della Tassonomia UE e li incoraggia a divulgare informazioni coerenti, comparabili e complete. Ciò rappresenta un ulteriore passo per promuovere la trasparenza e l’integrità nel settore della finanza sostenibile, poiché aiuta gli investitori a prendere decisioni informate, mitiga i rischi di greenwashing e rafforza la fiducia del mercato.
In quale misura le imprese italiane e gli investitori istituzionali stanno dimostrando interesse per queste nuove forme di finanza sostenibile?
I primi mesi dall’entrata in vigore del regolamento che disciplina gli European Green Bond sono stati importanti per studiare come applicare lo standard nella pratica. Questa è stata una fase pioneristica che ha visto come attori grandi imprese molto strutturate e con un approccio alla sostenibilità maturo.
Quando la prassi per lo strumento sarà consolidata, saranno più chiari i pro e contro del formato e a quel punto la platea dei potenziali emittenti sarà più ampia. Tutte le imprese soggette alla CSRD potranno valutare la possibilità di emettere un European Green Bond sulla base dei dati sulle attività allineate alla Tassonomia che hanno dovuto rendicontare.
Per queste imprese l’uso del Flexibility Pocket potrebbe aiutare per raggiungere la massa critica di investimenti necessari per emettere un bond.
Quali sono le principali sfide regolamentari e di mercato che le banche incontrano nel promuovere soluzioni di finanziamento sostenibile oltre i green bond?
Le banche hanno un ruolo chiave nel finanziare progetti che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi ambientali e nello stimolare le imprese ad avviare percorsi di decarbonizzazione efficaci.
Per rendere visibile lo sforzo delle banche nel raggiungere questi obiettivi, la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) ha introdotto il calcolo del Green Asset Ratio (GAR). Questo indicatore rappresenta il rapporto tra gli asset allineati alla tassonomia rispetto al totale degli asset dell’istituto.
L’implementazione di questa norma ha rappresentato una sfida enorme per le banche, perchè ha richiesto lo sviluppo di sistemi interni per la raccolta capillare di informazioni relative a ogni singolo finanziamento e l’integrazione di questi sistemi nei processi creditizi e nell’operatività bancaria.
Ultimo aspetto, la BCE continua a mantenere un focus sui rischi climatici e nel suo ruolo di supervisione ha l’obiettivo di garantire che le banche adottino un approccio prudente nell’identificazione, valutazione e gestione dei rischi climatici e ambientali.
Come si può garantire la trasparenza di questi strumenti innovativi, evitando fenomeni di greenwashing e rafforzando la fiducia degli investitori?
Gli investitori hanno necessità di avere chiare indicazioni sulla qualità ambientale e sociale dei progetti che sono rifinanziati con i green bond emessi dalla banca. Allo stesso tempo, tutti gli altri stakeholder sono diventati molto attenti nel valutare la coerenza tra gli impegni presi dalla banca e i progetti che finanzia.
Le normative a cui le banche sono soggette hanno lo scopo di ridurre il rischio di greenwashing e aumentare la fiducia degli investitori. Tuttavia queste norme non bastano, se la banca non si è dotata di solidi processi che garantiscano una scrupolosa e sostanziale valutazione dei progetti. Queste attività hanno richiesto un notevole sforzo per far crescere la sensibilità alle tematiche di sostenibilità e per acquisire competenze specifiche dall’esterno.
Come UniCredit, quali soluzioni offrite per accompagnare le aziende nei loro piani di transizione?
La banca si è data degli obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione del portafoglio. Per raggiungere questi obiettivi, sono stati sviluppati dei modelli di valutazione dei rischi climatici e ambientali, che vengono considerati nei processi di credito e in determinate circostanze potrebbero portare a una limitata operatività su posizioni particolarmente esposte a rischi climatici.
In parallelo, la banca ha creato un team di advisory in grado di supportare i clienti su tematiche di sostenibilità e transizione che disegna interventi personalizzati in base alle caratteristiche del cliente e le sue esigenze finanziarie; a partire da un semplice finanziamento, fino ad arrivare a progetti di quotazione, senza ovviamente dimenticare i programmi di emissioni obbligazionarie.
Supportando i nostri clienti nei loro percorsi di transizione, abbiamo un punto di vista privilegiato sull’evoluzione della finanza sostenibile. Con il passare del tempo, notiamo che l’interesse degli investitori e delle banche è sempre più focalizzato nella valutazione della strategia di sostenibilità del cliente, che deve andare oltre a considerazioni sul singolo strumento di finanziamento.
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