Il presidente e ad del gruppo di tlc: troppe reti frammentate. Servono regole per favorire fusioni e investimenti, come indica il Rapporto Draghi
In Europa ci sono quasi cento operatori mobili. Negli Stati Uniti, che hanno un mercato comparabile per popolazione, soltanto tre. È questa la sproporzione che, secondo Federico Protto, presidente e amministratore delegato di Cellnex Italia e Svizzera, fotografa meglio il problema: troppi investimenti duplicati, che disperdono risorse e rallentano la competitività. «Non esiste una ricetta perfetta – spiega Protto al Forum di Cernobbio – ma l’Europa deve capire che la forza viene dalla condivisione delle infrastrutture e da regole che facilitino le aggregazioni».
Il rapporto Draghi
Le infrastrutture strategiche – reti fisse, mobili, data center – sono oggi frammentate. «In Italia – ricorda Protto – abbiamo quattro operatori, ciascuno con la propria rete. Se moltiplichiamo per tutti i Paesi dell’Unione arriviamo a circa cento operatori. Non è sostenibile». È lo stesso punto sollevato dal Rapporto Draghi sulla competitività europea, che indica la necessità di coordinare gli investimenti: l’Europa spende quanto gli Usa, ma lo fa in modo ripetitivo e poco efficace.
Le regole
La strada passa per due elementi: «Un contesto regolatorio che tuteli la concorrenza, certo, ma che favorisca anche le aggregazioni», sottolinea Protto. In Italia un esempio è l’operazione Vodafone-Fastweb, «coerente sul piano industriale perché unisce punti di forza complementari», ma il vero banco di prova saranno le fusioni tra operatori che, altrimenti, rischierebbero di replicare le stesse reti.
Dall’estero
Dall’estero arrivano segnali incoraggianti. Nel Regno Unito, la fusione tra Vodafone e 3 è stata approvata: da quattro operatori si è passati a tre, senza l’imposizione di un nuovo quarto player. «Il regolatore ha chiesto che le sinergie della fusione venissero reinvestite per migliorare qualità e copertura, più che per abbassare i prezzi. È questa la logica giusta», osserva Protto. Anche in Germania sono arrivati esempi di pragmatismo: il rinnovo delle frequenze è stato concesso agli stessi operatori a costi ridotti, per garantire continuità agli investimenti sul 5G.
Il 5g
Il nodo del 5G è cruciale. «Oggi non è ancora un vero cambio di paradigma, ma un adattamento del 4G. Il salto arriverà con il 5G stand alone», spiega Protto. Ma i casi d’uso – dalla telemedicina alle auto autonome – non hanno ancora modelli economici sostenibili. «È come con l’Autostrada del Sole: all’inizio nessuno era sicuro che funzionasse, ma intanto venne costruita. La differenza è che allora si usavano soldi pubblici, oggi parliamo di capitali privati. Se ogni operatore deve investire da solo, senza ritorni rapidi, i progetti si rallentano».
Il nodo Fibercop
E in Italia? «Sul mobile siamo ancora molto frammentati. Sulle reti fisse resta aperto il nodo FiberCop-Open Fiber, con ritardi nell’attuazione dei bandi Pnrr», ammette Protto. La spesa dei fondi europei, aggiunge, procede «con difficoltà», e i target non sono ancora stati centrati.
Le torri
Cellnex, intanto, continua a crescere. In Italia gestisce 22 mila torri, il secondo mercato per dimensioni dopo la Spagna, ma il primo per generazione di cassa. «Il gruppo ha un fatturato di circa 4 miliardi – conclude Protto – e l’Italia pesa per circa un quarto. È un mercato maturo e cruciale, ma la nostra crescita dipende strettamente dalla capacità degli operatori di continuare a investire».
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