Esportazioni extra UE: esenzione Iva anche per esportazioni indirette – Sistema Ratio


Con la sentenza 1.08.2025, causa C-602/24, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affrontato un’importante questione interpretativa relativa all’art. 146, par. 1, lett. b), della Direttiva 2006/112/CE in materia di Iva, stabilendo che l’esenzione da Iva è applicabile anche a quelle operazioni che, pur essendo inizialmente qualificate come cessioni intracomunitarie, si concretizzano successivamente in esportazioni verso Paesi terzi da parte dell’acquirente, senza la preventiva conoscenza o partecipazione del cedente.

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Nel caso analizzato una società fornitrice aveva emesso fattura in regime di non imponibilità per una cessione intracomunitaria, sulla base delle dichiarazioni dell’acquirente, residente in altro Stato membro. Soltanto in una fase successiva era emerso che i beni oggetto della transazione erano stati esportati al di fuori del territorio doganale dell’Unione Europea. Il fornitore non era stato informato dell’intenzione dell’acquirente di riesportare i beni né aveva partecipato attivamente all’esportazione. Le autorità fiscali, pur avendo accertato documentalmente l’effettiva uscita dei beni dal territorio doganale UE, avevano contestato l’applicazione dell’esenzione Iva in quanto, a loro avviso, mancava il requisito soggettivo e formale della consapevolezza del fornitore circa la destinazione extracomunitaria della merce.

La Corte, nel pronunciarsi, ha ribadito principi già consolidati nella giurisprudenza unionale, ma ha anche introdotto ulteriori elementi: in primis è stato chiarito che l’esenzione Iva prevista per le operazioni di esportazione non è subordinata alla sussistenza di un accordo espresso tra le parti circa la destinazione extracomunitaria, né alla previa conoscenza, da parte del fornitore, della successiva riesportazione a cura dell’acquirente. Infatti, ai fini del riconoscimento del trattamento di non imponibilità Iva, è sufficiente che siano rispettati i requisiti sostanziali dell’operazione, ovvero che i beni abbiano lasciato fisicamente il territorio dell’Unione e che ciò risulti provato da documentazione oggettiva, quale ad esempio la dichiarazione doganale di esportazione, anche se presentata dall’acquirente e non dal cedente. In secondo luogo, la Corte ha affermato con forza il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, chiarendo che l’inosservanza di requisiti formali (come la classificazione iniziale dell’operazione o la mancanza di partecipazione diretta del fornitore all’esportazione) non può giustificare il diniego dell’esenzione quando i requisiti sostanziali sono comunque soddisfatti.

Particolarmente rilevante è l’enfasi posta dalla Corte sulla tutela del legittimo affidamento e della buona fede del fornitore: l’esenzione non può essere negata in assenza di elementi oggettivi che facciano presumere un comportamento fraudolento o abusivo da parte sua. Infatti, anche se non è conoscenza dell’esportazione, il fornitore non può essere penalizzato se la merce è effettivamente uscita dal territorio dell’Unione e se ciò può essere dimostrato in modo oggettivo e verificabile.

La sentenza C-602/24 conferma l’obbligo per gli Stati membri di non subordinare il riconoscimento dell’esenzione a condizioni formali il cui mancato rispetto non incide sulla sostanza dell’operazione. Pertanto, eventuali difformità o omissioni formali non sono di per sé sufficienti a negare l’esenzione, purché l’amministrazione tributaria possa verificare l’effettiva esistenza e realizzazione dell’esportazione.

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Sul piano operativo, ciò comporta una responsabilità probatoria in capo al fornitore che, anche in assenza di comunicazioni da parte dell’acquirente, può avvalersi della documentazione doganale o di altri elementi oggettivi per dimostrare che la merce è uscita dall’Unione.



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